Con grande disappunto degli ambientalisti, il Giappone intende scaricare lentamente, nell’Oceano Pacifico, una quantità di acqua contaminata pari a 500 piscine olimpioniche nei prossimi 30-40 anni. L’acqua radioattiva è stata trattata e decontaminata dopo il disastro di Fukushima Daiichi del 2011 e l’Agenzia internazionale per l’energia atomica delle Nazioni Unite ha dichiarato che l’impatto sull’ambiente sarebbe trascurabile. Il disastro di Fukushima Daiichi è avvenuto l’11 marzo 2011 ed è stato classificato come incidente nucleare di livello sette sulla scala internazionale degli eventi nucleari (INES), una classificazione che condivide con il disastro di Chernobyl del 1986. L’incidente è stato causato dal terremoto e dallo tsunami del Tōhoku, che hanno portato alla perdita di raffreddamento del nocciolo del reattore, a tre fusioni nucleari, a tre esplosioni di idrogeno e al rilascio di contaminazione radioattiva nelle aree circostanti l’incidente. Inoltre, l’acqua radioattiva è stata inavvertitamente rilasciata nell’oceano durante e dopo l’incidente, prima che fosse possibile contenerla adeguatamente. A distanza di 12 anni, gran parte dell’acqua contaminata, che è stata contenuta e immagazzinata dopo l’incidente, è stata filtrata e trattata nel tentativo di rimuovere gli elementi più radioattivi. I funzionari giapponesi hanno dichiarato che c’è ancora una presenza di trizio, un isotopo dell’idrogeno, ma sono in corso sforzi continui per assicurarsi di diluire ulteriormente l’acqua e portarla al di sotto dei livelli di contaminazione, approvati a livello internazionale, prima di procedere con il loro piano.
Altre nazioni reagiscono al rapporto ONU
In altre parole, l’acqua radioattiva potrebbe non avere un impatto diretto sull’uomo, ma il suo impatto sulla vita marina è ancora messo in discussione perché potrebbe alterare la catena alimentare, che comprende piante, animali e batteri.
La Commissione canadese per la sicurezza nucleare ha affermato che gli attuali livelli di trizio sono troppo deboli per penetrare nella pelle, ma l’esposizione prolungata e il consumo di quantità estremamente elevate comportano comunque rischi di cancro (si sa che è la dose che fa il veleno). Sulla scia di questa affermazione, la Commissione di regolamentazione nucleare degli Stati Uniti è intervenuta dichiarando che l’esposizione al trizio è più comune di quanto si pensi, ma ha riconosciuto che qualsiasi esposizione alle radiazioni può comportare un rischio effettivo per la salute. Anche il Ministero degli Esteri cinese ritiene che questa sia una pessima idea e ha suggerito che il rapporto delle Nazioni Unite sia stato affrettato e fuorviante per il pubblico. Senza giri di parole, il ministero ha dichiarato che se il Giappone decide di intraprendere questa strada, deve “sopportare tutte le conseguenze”.