Il sesso è una fonte di piacere, ma questa idea potrebbe non emergere se si leggessero solo gli articoli scientifici. Spesso, infatti, gli esperti si concentrano sulle spiegazioni evolutive e tralasciano gli aspetti mentali ed emotivi che rendono questa esperienza gratificante anche per gli animali. Sì, è vero che si fa sesso per garantire la sopravvivenza della nostra specie, ma questo punto di vista riduce l’esperienza ad un semplice impulso biologico.

È come ammirare un quadro senza poterne percepire appieno la ricchezza dei colori. Ma veniamo alla domanda principale: anche gli animali – non umani- provano piacere sessuale? È una questione che affascina da sempre e che, adesso, ha più fondamenti scientifici. Negli ultimi 10-15 anni, una crescente quantità di prove, ottenute attraverso osservazioni e studi genetici, suggeriscono che gli animali possano sperimentare una sensazione generale di piacere. Ma procediamo con ordine e in modo sistematico.

È “amore” nel regno animale?


In molti casi nel regno animale, il sesso viene interpretato principalmente come un atto finalizzato alla riproduzione. Nel mondo animale, l’accoppiamento è un atto fondamentale per produrre le nuove generazioni. Gli animali si trovano di fronte a una scelta cruciale: come combinare i propri geni con quelli di un altro individuo per ottenere una prole con il massimo vantaggio genetico possibile? Emerge sempre più chiaramente che il desiderio e l’affetto, quello che probabilmente noi umani definiamo “amore”, giocano un ruolo significativo in questa complessa dinamica. Per comprendere meglio il mondo del comportamento sessuale, è importante iniziare dalle basi genetiche.

Nella maggior parte delle specie animali, ci sono due tipi di gameti: i maschi producono gli spermatozoi, piccoli e mobili, mentre le femmine producono le cellule uovo, più grandi, ricche di nutrienti e relativamente meno mobili. Questi gameti si uniscono per formare uno zigote che si svilupperà in un nuovo individuo. Poiché le femmine investono maggiormente nella produzione dei gameti, sono più selettive nella scelta del partner per la fecondazione, mentre i maschi tendono a accoppiarsi in modo meno selettivo. Tuttavia, nelle specie monogame in cui i maschi si prendono cura della prole, anche gli individui di sesso maschile esercitano più selettività.

Vita coniugale e tradimenti

Esistono diversi sistemi di accoppiamento nel regno animale. Troviamo le specie monogame, in cui un singolo maschio si accoppia con una sola femmina. Le specie poligame, in cui un maschio, spesso dominante o possessore di un territorio ricco, si accoppia con molte femmine. Le specie poliandre, molto rare, come le api, in cui c’è una sola femmina che si accoppia con molti maschi. Infine, ci sono le specie poliginandrie, in cui si verificano accoppiamenti tra più maschi e più femmine.

Tuttavia, non è così semplice come potremmo pensare quando si parla di riproduzione. Ad esempio, anche nelle specie considerate socialmente monogame, la genetica rivela una realtà molto diversa. L’accoppiamento extra-coniugale è comune in queste specie, infatti nella maggior parte dei casi, il padre risulta geneticamente diverso da quello “ufficiale”. Questo perché le femmine si accoppiano con diversi maschi durante la stagione riproduttiva per aumentare la diversità genetica della prole e proteggersi nel caso avessero scelto un compagno inadatto o infertile. Allo stesso modo, i maschi si accoppiano con diverse femmine per aumentare il numero dei loro figli.

Ma come avviene la scelta del partner?

Negli animali che si riproducono sessualmente, la selezione del partner è un processo in cui gli individui cercano di massimizzare il proprio successo riproduttivo scegliendo il partner più adatto. È quindi importante che un individuo del sesso opposto segnali la propria attrattività in modo che chi effettuerà la scelta possa valutare la qualità e la compatibilità del potenziale partner. Caratteristiche e comportamenti che influenzano l’attrattività vengono definiti caratteri sessuali secondari, e vengono selezionati attraverso la riproduzione sessuale. Questi segnali possono essere odori, suoni, comportamenti, display visivi, strutture morfologiche e altro ancora.

Le femmine di gorilla scelgono maschi con il collo più grosso, le lucertole quelli con la livrea più bella…

I caratteri sessuali secondari negli animali sono le caratteristiche fisiche o comportamentali che si sviluppano durante la maturazione sessuale e che differenziano i sessi. Questi caratteri possono svolgere un ruolo importante nella selezione del partner e nel corteggiamento. Il collo dei gorilla (Gorilla Geoffroy, 1852) è un esempio di come i caratteri sessuali secondari siano adattamenti evolutivi che si sono sviluppati per scopi generativi e di competizione all’interno della specie. Questi animali sono noti per avere un collo massiccio e robusto, particolarmente sviluppato per sostenere i loro muscoli potenti e pesanti. È un adattamento che conferisce loro forza e stabilità durante i combattimenti tra maschi per il dominio sul gruppo.

Nel caso dei gorilla delle pianure occidentali (Gorilla gorilla gorilla), i maschi adulti sviluppano un “sagoma” di massa muscolare sulla parte superiore del collo. Questa massa muscolare aggiuntiva, insieme ad una sporgenza ossea, la cresta sagittale sul cranio, conferisce ai maschi di gorilla una caratteristica distintiva nell’aspetto fisico rispetto alle femmine.

Il collo robusto dei maschi di gorilla è un indicatore visivo della loro forza e del loro status sociale all’interno del gruppo. Durante i combattimenti tra maschi per l’accoppiamento o per il controllo del territorio, il collo svolge un ruolo cruciale nel mostrare la potenza e l’intimidazione. I maschi più grandi e dominanti con colli più sviluppati sono spesso in grado di sconfiggere gli avversari meno forti. Tuttavia, è importante notare che non tutti i gorilla maschi sviluppano colli massicci nello stesso modo. L’estensione e la dimensione del collo possono variare tra individui e possono dipendere da fattori come l’età, la genetica e la posizione sociale all’interno del gruppo. Sta di fatto che l’evoluzione, tramite accoppiamento, ha fatto sì che i maschi con queste caratteristiche più prorompenti, abbiano avuto più successo.

Anche il colore della livrea nelle lucertole può variare notevolmente tra le diverse specie e persino all’interno della stessa specie, a seconda di fattori come il sesso, l’età, la stagione, l’ambiente e la comunicazione sociale. Molte lucertole mostrano una varietà di colori vivaci e modelli distintivi sulla loro pelle, che servono a diversi scopi. Ad esempio, il colore può essere coinvolto nella comunicazione sessuale, nella termoregolazione, nella mimetizzazione con l’ambiente circostante o nella segnalazione di avvertimenti. Nel contesto della comunicazione sessuale, i maschi spesso sviluppano colori più brillanti e modelli più elaborati per attirare l’attenzione delle femmine durante il corteggiamento.

Possono presentare strisce, macchie o disegni sul corpo che indicano la loro disponibilità riproduttiva e/o la loro qualità genetica. Allo stesso tempo, le femmine possono mostrare colori più opachi o camuffarsi per evitare l’attenzione indesiderata dei maschi o per mimetizzarsi meglio con l’ambiente circostante durante la deposizione delle uova.

Qualche altro esempio di comunicazione sessuale

Altri esempi possono essere individuati nei leoni. I maschi di leone hanno una criniera folta e lussuosa intorno al collo, che li rende facilmente riconoscibili e conferisce loro un aspetto maestoso. La criniera può indicare la forza e la dominanza del maschio all’interno del gruppo. Oppure i Pavoni. I maschi di pavone hanno una coda straordinariamente lunga e colorata con grandi occhi. Questa caratteristica attraente viene utilizzata durante il corteggiamento, quando il pavone apre la coda a ventaglio per impressionare le femmine. In alcune specie di pappagalli, i maschi possono avere colori più vivaci e brillanti rispetto alle femmine. Ad esempio, i maschi dell‘amazzone capogiallo (Amazona ochrocephala), detta anche amazzone fronte gialla, sono generalmente più vivacemente colorati.

Gli esemplari maschi di Pesci combattente, detti anche Betta (Betta splendens) sono noti per le loro splendide pinne lunghe e colorate. Durante le interazioni sociali, estendono le loro pinne per mostrare la loro dominanza o per corteggiare una femmina. Gli uccelli del paradiso (Paradisaeidae Vigors, 1825) sono uccelli canori, esotici e famosi per i loro straordinari e complessi display di corteggiamento. I maschi sviluppano code di piume lunghe e appariscenti, che svolgono un ruolo chiave nel loro (bellissimo) rituale di accoppiamento.

Il corteggiamento animale: costi, rischi e comportamenti disonesti

C’è un elemento da considerare. Questi segnali e manifestazioni di volontà all’accoppiamento rappresentano un costo in termini energetici e possono anche attirare predatori o parassiti. Pertanto, solo gli individui in grado di sopportare tali costi saranno considerati onesti nelle loro qualità genetiche. Anche per questo, nel tempo, il fatto di accoppiarsi non è stato considerato come un fatto di piacere per gli animali. Gli animali non sprecano mai le loro energie. È un “lavoro”. Un lavoro fatto per la prosecuzione della specie. Ma vedremo che non per tutti vale lo stesso. Nel mondo animale le cose non sempre vanno come ci si potrebbe aspettare. Infatti, a causa del rischio che i maschi non abbiano la possibilità di riprodursi, o delle femmine di aver scelto un partner inadatto, si verificano comportamenti “disonesti”.

Ad esempio, un maschio potrebbe falsificare le proprie qualità o il reale possesso di risorse, mentre una femmina potrebbe accoppiarsi con altri maschi per proteggere il proprio nido da un maschio “tradito” per evitare l’infanticidio, un comportamento in cui i maschi uccidono i piccoli se sono incerti sulla loro paternità (i leoni lo fanno spesso). Lo scambio di segnali e informazioni tra maschi e femmine nel corteggiamento animale è un processo complesso che coinvolge una moltitudine di rituali specifici per ogni specie.

Tutte le specie praticano il sesso con piacere?

L’accoppiamento di per sé è un atto semplice che ha come scopo il più importante risultato possibile: produrre le nuove generazioni. Se questa è una verità inconfutabile, bisogna anche saper considerare alcune sfumature. Dire che si pratica il sesso perché aiuta a preservare il patrimonio genetico sarebbe del tutto accurato, ma mancherebbero gli aspetti più fugaci, esperienziali e piacevoli del più elementare degli impulsi sociali. Per decenni, scienziati nel campo delle neuroscienze e della filosofia hanno cercato di comprendere se gli animali possano provare piacere durante l’atto sessuale. Finalmente, oggi sappiamo che molti animali, oltre agli esseri umani, possono sperimentare sensazioni di piacere in queste situazioni. Ciò che accomuna queste specie è lo sviluppo avanzato della neocorteccia, una regione del cervello presente negli animali più evoluti che costituisce il 90% dell’intero organo nei nostri simili.

La neocorteccia è l’ultima evoluzione della corteccia cerebrale ed è una caratteristica distintiva dei mammiferi. La troviamo in tutte le specie di mammiferi, ma non in altri gruppi di animali. Nel 2001, gli psicologi Jeffrey Burgdorf e Jaak Panskepp hanno fatto una scoperta sorprendente. Durante un esperimento con topi da laboratorio, hanno notato che questi animali sembravano divertirsi quando venivano solleticati, emettendo una sorta di risatina ad alta frequenza, impercettibile all’orecchio umano. Ancora più incredibile è che i topi cercavano attivamente questa sensazione piacevole, come se fossero attratti da essa.

Il piacere sessuale tra animali: non solo riproduzione

Ma non sono solo i topi a provare piacere sessuale. Anche altri animali, come i primati, manifestano segni di piacere durante l’accoppiamento. Ad esempio, alcuni scienziati hanno osservato che le femmine di bonobo (Pan Paniscus), una specie di scimmie, emettono vocalizzazioni di gioia durante l’atto sessuale. Questi suoni esprimono il loro piacere e coinvolgimento nell’interazione sessuale. Inoltre, alcune specie di delfini si impegnano in comportamenti sessuali che sembrano andare al di là della mera riproduzione.

I delfini possono partecipare ad atti sessuali tra individui dello stesso sesso o persino interagire sessualmente con altre specie, come le tartarughe marine. Queste interazioni non servono unicamente a scopi riproduttivi, ma sembrano soddisfare anche un bisogno di piacere e intimità. Negli uccelli, esistono cellule nervose simili alla neocorteccia dei mammiferi che potrebbero svolgere un ruolo simile.

Il piacere sessuale tra neurotrasmettitori e neocorteccia

Il sesso provoca sensazioni euforiche legate al rilascio di neurotrasmettitori nel cervello. Questi neurotrasmettitori hanno il compito di provocare una sensazione di benessere e rilassamento. Tutti gli animali che hanno dimostrato comportamenti di piacere sessuale sono mammiferi dotati di una neocorteccia sviluppata, che è collegata ai livelli più elevati di coscienza e spinge gli individui ad agire per il puro piacere. Tutte queste evidenze suggeriscono che il piacere sessuale non è un’esclusiva umana, ma una caratteristica che può essere riscontrata anche in altre specie animali. Mentre le ragioni biologiche e riproduttive rimangono importanti, l’aspetto esperienziale e piacevole dell’atto sessuale non può essere ignorato.

Ma questo include anche il piacere carnale?

Un modo che gli scienziati hanno usato per rispondere a questa domanda è stato studiare i casi di sesso che non possono portare alla procreazione: per esempio, tra due o più maschi o femmine, quando uno o più individui sono sessualmente immaturi o il sesso avviene al di fuori della stagione riproduttiva. Sempre i bonobo, le cosiddette – a ragione- “scimmie hippie”, sono note per le interazioni tra individui dello stesso sesso e tra individui maturi e subadulti o giovani. Ma non c’è bisogno di essere un bonobo per godere del sesso “non concettivo”: lo fanno anche le scimmie cappuccine dalla faccia bianca (genere Cebus). In entrambe le specie, i primatologi Joseph Manson, Susan Perry e Amy Parish hanno scoperto che l’adescamento dei maschi da parte delle femmine era disaccoppiato dalla loro fertilità. In altre parole, le femmine facevano sesso in abbondanza anche quando la gravidanza era impossibile, ad esempio quando erano già incinte o durante l’allattamento subito dopo il parto.

Inoltre, le interazioni tra individui maturi e immaturi erano altrettanto comuni di quelle tra due adulti, per entrambe le specie. Se gli animali facessero più sesso di quanto sia strettamente necessario per il concepimento, anche questo potrebbe far pensare a una motivazione di “soddisfazione personale”. Una femmina di leone può accoppiarsi 100 volte al giorno per un periodo di circa una settimana, e con più partner, ogni volta che ovula. Basta un solo spermatozoo buono per iniziare il percorso dal concepimento alla nascita, ma la leonessa non sembra preoccuparsene. Forse le piace? Anche tra i puma e i leopardi sono stati osservati tassi di incontro altrettanto elevati.

La componente sociale e non fisiologica

Un altro modo per sapere se gli animali non umani traggono piacere, secondo gli scienziati, è scoprire hanno orgasmi. Questo vale soprattutto per le femmine, dato che il concepimento non dipende dalla loro capacità di provarne uno. I ricercatori italiani Alfonso Troisi e Monica Carosi, rispettivamente della Cattedra di Psichiatria, Università di Roma Tor Vergata e del Dipartimento di Genetica e Biologia Molecolare dell’Università di Roma La Sapienza, hanno trascorso 238 ore a osservare i macachi giapponesi e hanno assistito a 240 copulazioni individuali tra maschi e femmine. In un terzo di queste copulazioni, hanno osservato quelle che hanno definito risposte orgasmiche femminili: “la femmina gira la testa per guardare il partner, allunga una mano e afferra il maschio“.

Sebbene sia impossibile interrogare una femmina di macaco circa i suoi sentimenti, è ragionevole dedurre che questo comportamento sia simile a quello sperimentato dagli umani, almeno per certi versi. È interessante notare che le femmine di macaco avevano maggiori probabilità di sperimentare una risposta quando copulavano con un maschio che viveva più in alto nella gerarchia di dominanza delle scimmie, il che suggerisce che c’è una componente sociale, non solo fisiologica, in questo comportamento, e non semplicemente una risposta riflessiva alla stimolazione sessuale.

I rituali di corteggiamento vanno oltre l’atto riproduttivo

Anche il sesso orale si verifica con una certa frequenza in tutto il regno animale. È stato osservato nei primati, nelle iene maculate, nelle capre e nelle pecore. Le femmine di ghepardo e leone leccano e strofinano i genitali dei maschi come parte del loro rituale di corteggiamento. Il sesso orale è noto anche tra i pipistrelli della frutta (Cynopterus sphinx), per i quali si pensa che prolunghi la copula, aumentando così le probabilità di fecondazione. L’esempio più emblematico può venire da uno studio su due orsi bruni maschi in cattività, pubblicato sulla rivista Zoo Biology. Nel corso di sei anni, i ricercatori hanno accumulato 116 ore di osservazioni comportamentali, tra cui 28 atti di sesso orale tra i due orsi, che vivevano insieme in un recinto di un santuario in Croazia.

I ricercatori, guidati da Agnieszka Sergiel del Dipartimento di conservazione della fauna selvatica dell’Accademia polacca delle scienze, sospettano che il comportamento sia iniziato come risultato di una precoce privazione dell’allattamento, poiché entrambi gli orsi sono stati portati al santuario come orfani, prima di essere completamente svezzati dalle loro madri assenti. Il comportamento si è protratto per anni, anche dopo che gli orsi hanno superato l’età da cuccioli, forse perché è rimasto piacevole e soddisfacente.

Comportamento animale: tra evoluzione e antropomorfizzazione

Nella maggior parte dei casi, i ricercatori si affidano a meccanismi evolutivi per spiegare questi comportamenti animali, per resistere all’attrazione dell’antropomorfizzazione (cioè l’attribuzione di caratteristiche e qualità umane ad esseri animati o inanimati o a fenomeni naturali o soprannaturali, in particolare divinità). Come scrive l’etologo Jonathan Balcombe in Applied Animal Behaviour Science: “La sgradevolezza del dolore aiuta ad allontanare l’animale da comportamenti ‘cattivi’ che rischiano il disastro evolutivo maggiore della morte. Allo stesso modo, il piacere incoraggia gli animali a comportarsi in modi ‘buoni’, come nutrirsi, accoppiarsi e… stare al caldo o al fresco“. Tuttavia, Balcombe propone che gli scienziati non dovrebbero considerare il comportamento solo attraverso la lente dell’evoluzione. Spiega poi che i ratti preferiscono cibi sconosciuti dopo tre giorni in cui è stato dato loro un solo tipo di cibo da mangiare.

Le spiegazioni più semplici per questo schema suggeriscono che il comportamento dei ratti è adattivo perché una diversità di alimenti permette loro di ingerire una gamma più ampia di nutrienti, o forse perché consente loro di evitare l’eccessiva dipendenza da una fonte di cibo probabilmente limitata. Ma è una visione troppo ristretta se si pesa che potrebbe essere altrettanto plausibile che i topi si siano semplicemente annoiati del loro cibo e abbiano voluto provare qualcosa di nuovo. Entrambe le spiegazioni sono probabilmente vere, a seconda che si assuma una prospettiva più ampia e aperta o una prospettiva più immediata e ristretta.

Tra piacere ed evoluzione

Allo stesso modo, il comportamento sessuale può essere del tutto piacevole, ma anche nascere da un’origine evolutiva o di sviluppo più profonda. È proprio perché la riproduzione è così importante per la sopravvivenza di una specie che l’evoluzione l’ha resa così piacevole che gli animali – umani e non – sono motivati a cercarla anche quando il concepimento è indesiderabile o impossibile. L’impulso a cercare questo tipo di piacere, scrive Balcombe, “è una combinazione di istinto da un lato e di un potente desiderio di ottenere una ricompensa dall’altro“. Se è così, è chiaro perché queste sensazioni di piacere non sono limitate solo a noi esseri umani.