Frictional Games è tornata con una nuova iterazione di quello che è il piatto forte della casa: dopo SOMA e dopo Penumbra è arrivato il momento di concentrarsi in maniera attiva sulla serie Amnesia, che di recente ci ha condotto dapprima in un castello (Amnesia The Dark Descent) e poi nel suo diretto sequel, pubblicato dieci anni dopo, a ridosso del nostro lockdown, Amnesia: Rebirth. A intervallarvi c’è stato Amnesia: A Machine for Pigs, mentre adesso, mettendosi alle spalle quelle architetture barocche dei Brennenburg e l’Africa coloniale, è arrivato il momento di esplorare le trincee e il primo conflitto globale, tra atmosfere che si confermano anguste per aggiungere quella dose di ansia che rappresenta la firma di Frictional.

Dalla trincea alla brace

Prima Guerra Mondiale, nei panni di Henri Clement. Nel pieno della fuga da una trincea, veniamo catapultati all’interno di un profondo bunker, nel quale veniamo abbandonati a noi stessi e ben presto scopriremo che è a governare su di esso c’è una creatura che emerge dalle pareti e ci divora senza lasciarci scampo. Un’atmosfera, nonché una prospettiva, dal sapore squisitamente horror, che non permette riflessioni, né spazio per supposizioni. Ogni movimento sarà ansiogeno e destinato a scatenare in noi un’interrogazione costante su quella che sarà la nostra prossima mossa. Prigionieri di una struttura che si lascia accompagnare da rumori sinistri e si arricchisce di momenti bui, ci ritroveremo più volte a domandarci, come è classico della serie, se ci ritroviamo in qualcosa di reale o se durante la fuga dalla trincea abbiamo subito un trauma che ci sta alterando la realtà. Con una storia che si lascia vivere attraverso quelle che sono le lettere lasciate dai soldati, per lo più morti dilaniati dalla belva che domina il bunker, Henri sarà chiamato a trovare una soluzione per evadere dalla sua prigionia, con pochi proiettili, una torcia meccanica e il proprio ingegno.

È chiaro che la costruzione dell’intreccio narrativo rappresenta, per Frictional Games, uno degli aspetti pregnanti di questa produzione. Nel non-detto, nel sottotesto di Amnesia c’è tanto da andare a scoprire, per sapere cosa si cela dietro la condizione di Henri e come possiamo emergere da quel bunker: sì, trovando i candelotti di dinamite, ma basterà? Sorgeranno numerose domande andando a scoprire quel dedalo che è stato costruito per imprigionarvi, perché finirete per voler sapere cos’è la belva che vi insegue e come ha fatto a trovarsi lì. Tutta l’ambientazione, figlia di un’ispirazione molto affascinante e contestualizzata nel periodo della Guerra, risulta ben realizzata e claustrofobica quanto basta per trasmetterci l’oppressione ansiogena che, siamo sicuri, gli sviluppatori volevano lasciarci.

Torce a dinamo ed esplosivi artigianali

Rispetto ad Amnesia: Rebirth, che resta il nostro inevitabile punto di riferimento, possiamo riscontrare alcune meccaniche che spingono la serie a fare un flebile passo in avanti, fornendoci nuove soluzioni per portare avanti la nostra storia. Alcuni di questi saranno anche fisiologici all’ambientazione nella quale ci troviamo, come ad esempio la già nominata torcia: essendo alimentata a dinamo, dovremo costantemente ricaricarla, ma dovremo anche tener conto che più rumore faremo più sarà facile attirare la belva. A volte dovremo essere bravi a dosare il suo utilizzo, scegliendo se affrontare il buio o se provare ad attirare il nostro avversario alle nostre caviglie, rimettendoci la pelle. Non solo, perché la belva percepisce qualsiasi tipo di rumore, pertanto ogni azione che deciderete di compiere finirà per mettere ulteriormente a repentaglio la vostra situazione.

Provare a sfondare una porta di legno lanciandovi un mattone contro, far esplodere un barile di polvere da sparo, attivare il generatore e decidere di accendere tutte le luci sprecando tutto il carburante trovato in cammino non saranno altro che azioni da dosare, a meno che non vogliate perseguire la strada del suicidio assistito dalla belva.

Va da sé che non tarderete a riscontrare una buona dose di frustrazione in tali aspetti: il nostro avversario, infatti, si palesa emergendo dai buchi lasciati nelle pareti e non avrete quasi mai la possibilità di giovare di una zona franca, salvo in quelle stanze dove finirete per salvare la partita, depositare oggetti nella vostra cassa e aggiornare la mappa. Tenersi distanti dalle pareti è praticamente impossibile, soprattutto quando sarete in angusti corridoi, così come non potrete mai realmente rendervi conto di essere inseguiti. In questo il sistema di persecuzione ci è sembrato troppo approssimativo e destinato a regalare più frustrazione che divertimento.

Il tutto viene condito da un gameplay che punta forte sulla componente survival. Raramente siamo riusciti a inserire nella nostra Revolver – fatto salvo nel prologo della vicenda – più di 4 proiettili per volta: questo significa che il conflitto a fuoco non è consigliato e che le armi vanno usate solo per attivare eventuali esplosioni o per aprire porte chiuse con delle serrature. Non solo, perché la mappa non viene fornita in un ipotetico menù di pausa, che ci fa accedere solo a un risicato inventario: ad aiutarci, nel bunker, avremo della segnaletica verticale e la zona franca nominata poc’anzi all’interno della quale potremo valutare la struttura dell’ambiente nel quale ci troviamo.

Inoltre, il generatore che potrete andare ad attivare con il carburante recuperato nel bunker non sarà infinito, ma avrà una durata specifica: dovrete tenerne conto agevolandovi con un orologio da taschino che sbloccherete nelle prime fasi di gioco e che scandirà il tempo rimastovi per avere a disposizione la luce senza adoperarvi con la torcia. Come insegna il più noto pirata di sempre, un ticchettio nelle orecchie non è amico di chi combatte l’ansia dell’inerpicarsi in cunicoli stretti e angusti.

Come negli anni Venti

Ciò che Amnesia: The Bunker vuole dal giocatore è creare un ambiente che può essere modellato a seconda delle esigenze e della creatività di chi muove Henri. Vi abbiamo già detto di porte che possono essere sfondate, così come di barili che possono essere fatti esplodere, fino anche alle serrature che possono essere distrutte da un proiettile e non necessariamente da una chiave; continuiamo la nostra lista della spesa segnalando che la benzina può sì attivare il generatore, ma può anche essere infilato in una bottiglia di vetro vuota, così come degli stracci saranno utili per creare delle bende. Non sempre questa creatività è coerente, però, e se pensate di poter risolvere tutto allo stesso modo vi sbagliate, perché sparare a una catena non risolverà il vostro problema, sperare che una porta di legno si possa bruciare per lasciarvi passare non funzionerà se dall’altro lato c’è un chiavistello a tenerla chiusa.

Questi aspetti insieme a quella che è la realizzazione tecnica rappresentano un po’ le spine nel fianco di Amnesia. I modelli poligonali dei personaggi, soprattutto dei comprimari, sembrano appartenere a una generazione fa, così come anche il protagonista e tutti gli oggetti che recupera di volta in volta. Sebbene, quindi, ci pensi per lo più l’oscurità a tenere la situazione nascosta e non visibile ai nostri occhi, finiremo per notare come le sbavature sono all’ordine del giorno e non sempre l’ambiente che ci circonda sarà di gradevole visione. Di rimando il lavoro svolto sul sonoro è d’impatto e ci permette di calarci in un contesto molto reale e immersivo, soprattutto quando i rumori finiscono per infastidire la belva e metterci nelle condizioni di dover decidere in maniera tempestiva quale sarà il nostro prossimo passo.

Ciò che abbiamo apprezzato, invece, per rimanere sempre nell’ambito dei tecnicismi e delle realizzazioni visive, è il modo in cui viene gestita l’interfaccia: al di là del sangue che andrà ad abbellire la cornice della vostra visuale, fare un check delle nostre condizioni passerà da un comando specifico che andrà a valutare quanto sangue stiamo perdendo, col rischio di lasciare anche una traccia alle nostre spalle. Intervenire con un kit medico ci porterà via una buona dose di tempo, ma renderà il tutto molto reale e credibile, trasmettendoci quel senso di realismo che in un titolo del genere fa la buona differenza. E che abbiamo apprezzato, dovendo dosare, anche in questo caso, tutte le azioni compiute e le naturali conseguenze.

80
Amnesia: The Bunker
Recensione di Mario Petillo

Amnesia: The Bunker offre un'esperienza horror avvincente, con una buona dose di componente survival che va ad accentuare l'elemento ansiogeno. Ci sono degli elementi del gameplay che potevano essere trascurati e altri che, invece, potevano essere sfruttati meglio, a partire da quella creatività prima venduta come universale e infine rivelatasi molto limitante, ma l'ambientazione funziona e l'ansia permane per le circa 5 ore necessarie per terminare l'avventura. Con una resa tecnica più decisa e maggiormente affascinante ci saremmo trovati dinanzi a qualcosa di molto più gradevole da giocare, anche a fronte di quelle migliorie apportate rispetto a Rebirth, a distanza di tre anni.

ME GUSTA
  • Setting ben realizzato e funzionale
  • Un approccio sempre creativo alle situazioni
  • Riesce a tenere l'ansia sempre alta
FAIL
  • Tecnicamente sembra di una generazione fa
  • Troppi limiti là dove non erano previsti