Basato sul leggendario manga originale, I Cavalieri dello Zodiaco porta la saga di Saint Seiya sul grande schermo in una inedita versione live action, per la prima volta, solo il 26, 27 e 28 giugno nei cinema italiani, grazie a Sony Pictures ed Eagle Pictures. Seiya è un testardo adolescente di strada, che trascorre il suo tempo in cerca della sorella rapita e a combattere per ottenere denaro. Quando in uno dei suoi combattimenti sprigiona involontariamente poteri mistici che non sapeva di avere, il ragazzo si ritrova coinvolto in un mondo di santi in guerra, antichi addestramenti ad un’arte di combattimento mistica e una dea reincarnata che ha bisogno della sua protezione. Per sopravvivere, dovrà abbracciare il suo destino e sacrificare tutto per conquistare il posto che gli spetta tra i Cavalieri dello Zodiaco.
I Cavalieri dello Zodiaco: dalla pagina disegnata al live action
L’idea di un live action di Saint Seiya è stata un sogno per Toei Animation fin dai primi anni ’90, quando il manga di Masami Kurumada era ancora fresco di pubblicazione. Ora, nel 2023, il sogno è divenuto realtà, ma non è stato un percorso facile, ed è stato costellato da numerose e disparate produzioni di altro tipo, mentre Toei tastava il terreno e trovava il modo giusto per rendere la saga sul grande schermo, provando vari approcci e preparando nel frattempo dozzine di diverse sceneggiature. Nel frattempo, i film sui supereroi sono diventati estremamente popolari, ma poche produzioni tratte da anime e manga sono rimaste nel cuore degli appassionati, una volta arrivate al cinema: e comunque realizzare un film a Hollywood non è uno scherzo, in generale. I produttori hanno incontrato diversi filmmaker, scoprendo che l’approccio giusto sarebbe stato fondamentale. E per assicurarsi un’opera che fosse credibile rispetto all’originale si è pensato che l’unica via percorribile fosse una produzione perlopiù interna, in grado di comprendere e rispettare il materiale originale.
Così, mentre Toei deteneva il controllo e la supervisione, Sony Pictures ha poi potuto garantire una produzione di livello internazionale, con un regista esperto in effetti speciali d’azione come Tomek Bagiński e un cast ricco di volti noti al grande pubblico mondiale, come Sean Bean, Famke Janssen, Mark Dacascos e Nick Stahl, insieme a giovani promesse particolarmente in parte come Madison Iseman e Diego Tinoco. La scelta del protagonista è stata particolarmente delicata: la produzione voleva che fosse un giovane attore nipponico, per rimanere fedeli al manga, e la scelta è ricaduta in modo naturale su Mackenyu, figlio d’arte (il padre è il leggendario Sonny Chiba) che ha già lavorato in numerose produzioni hollywoodiane, è in grado di recitare in inglese e giapponese ed è anche un marzialista, cosa che chiaramente è un punto a favore, quando si deve interpretare un guerriero come Seiya.
Il nuovo film è l’ultima incarnazione di questa mitica saga: ma scopriamo insieme anche da dove è nata e come si è evoluta.
Masami Kurumada è l’autore del manga originale, e Saint Seiya non è la sua opera di debutto, ma la più famosa, quella in cui ha riposto l’esperienza accumulata agli esordi e che ha saputo trovare la giusta chiave per distinguersi tra il pubblico, cosa non facile in un mercato competitivo come quello dei manga seriali.
Prima di Saint Seiya, Kurumada aveva già pubblicato ben sei opere, alcune delle quali hanno poi influenzato quella “principale”, in particolare Ring ni Kakero, feroce storia di pugili ricca di colpi speciali e storie drammatiche in stile shonen. Riprendendo lo stile di Kakero ma volendo fare le cose più in grande, ispirandosi ancor di più alla mitologia classica e a Karate Kid (!), Kurumada sogna di realizzare un manga in cui adepti di un’arte di karate millenaria devono indossare mistiche armature per non morire sotto i colpi avversari, troppo potenti per essere sostenuti normalmente. L’idea si evolve, ruotando sempre più attorno ad armi e armature mistiche ispirate dal miti ellenici, ma non solo, e facendosi ispirare dalle costellazioni. Le armature finirono per chiamarsi “Cloth”, anche se è un termine improprio, poiché ispirate nella loro solennità dalle tuniche delle statue greche di età antica, così come il termine “Saint” non voleva chiaramente indicare l’accezione cristiana del termine quanto quella di guerrieri dotati di poteri mistici così votati alla causa da essere pronti al martirio per essa. Il manga debutta, con grande successo, a dicembre 1985 sulla più importante rivista contenitore, Shonen Jump Weekly Magazine.
Il genere degli shonen con una squadra di eroi era già affermato da anni in Giappone, ma era più che altro declinato in ottica sentai (Power Rangers, per intenderci semplificando oltremodo) mentre la fortuna di Saint Seiya, quelche gli ha permesso di spiccare e diventare figura di riferimento da imitare, è stata rappresentata da due cose che andavano di pari passo: la mitologia greco-romana e le armature.
La prima è risultata esotica, affascinante e attrattiva per il pubblico nipponico, senza tuttavia risultare opprimente o astrusa; allo stesso tempo, è riuscita in seguito anche a catturare il pubblico occidentale, soprattutto quello mediterraneo che in questo folklore ci è cresciuto, risultando – pur con qualche fantasiosa concessione – rispettosa del mito e della sua solennità.
Per quanto riguarda le armature, hanno fatto la fortuna commerciale della serie, che naturalmente è esplosa in popolarità quando insieme all’anime sono arrivate le prime action figure e le relative armature trasformabili. Per certi versi, lo studio e la creazione delle stesse era più importante di quello relativo ai personaggi, e il design delle armature (anche a livello delle singole giunture, oltre che delle colorazioni) è stato la spina nel fianco di tutta la preproduzione della prima serie animata, che vedeva, ad esempio, Seiya con un outfit completamente bianco, a ricordare le tuniche greche ma anche il colore tradizionalmente associato al pegaso.
Il manga originale è stato serializzato per cinque anni pieni, fino al dicembre del 1990, per poi vedere un seguito diretto del suo autore, nel 2006, dopo un lungo periodo di vuoto da parte del suo autore, con Next Dimension – Myth of Hades, tutt’ora in corso. Kurumada era impegnato in altre opere, e si era convinto a lasciare le redini del franchise in mano ad altri, che nel frattempo hanno realizzato ulteriori serie animate, spin-off e reboot tra cui non è facile districarsi.
Difatti, il manga originale è stato trasposto in anime dal 1986 al 1990, con alcuni filler, per fermarsi però alla conclusione della saga di Nettuno; quella di Hades è poi arrivata in animazione solo nel 2002, quando Toei, stimolata dall’entusiasmo dimostrato dal pubblico all’annuncio di una trasposizione fan made, lavora a una versione serializzata tramite speciali in Home Video, che diverranno ben 31, tra il 2002 e il 2008. In questo modo, Toei riprende le file del franchise animato, che aveva “abbandonato” dopo Nettuno e la realizzazione di quattro film speciali che narravano storie filler.
Del 2004 è Le Porte del Paradiso, film animato idealmente ambientato dopo Hades ma poi disconosciuto dal canone. A livello di sequel, abbiamo anche Saint Seiya Ω, ambientata più di una decade dopo l’epopea di Seiya & co., con la generazione successiva di Cavalieri e andata avanti per un centinaio di episodi dal 2012 al 2014.
La forza di una saga generazionale come quella dei Cavalieri dello Zodiaco, ad ogni modo, sta anche nel fatto che le stesse armature possono essere indossate da diversi cavalieri in diversi contesti storici o narrativi. Quindi, oltre a un sequel diretto come Omega, e a uno spin-off con solo i Cavalieri d’Oro quale Soul of Gold ambientata parallelamente a quella di Hades, abbiamo anche un prequel come il manga Episode G e il singolare spin-off Saintia Sho, con un cast di Cavalieri al femminile, oltre a The Lost Canvas, ambientato a metà del XVIII° secolo.
La serie, ad ogni modo, ha cercato anche di parlare alle nuove generazioni con due singolari reboot, purtroppo non accolti bene dal pubblico: un lungometraggio animato in CG del 2014, La leggenda del Grande Tempio, che aveva il grande pregio di riuscire a condensare bene la prima saga in un unico film ma risultato inviso per lo stile grafico e alcune concessioni narrative; e un inconcludente remake seriale per Netflix di cui sono uscite due stagioni decisamente sottotono e in parte lontane dallo spirito originale. Tutt’altra storia del nuovo film in live action, che aggiorna sì trama e personaggi ma con molto più criterio. La pellicola è stata presentata, con grande successo, al recente festival Cartoons on the Bay ed è il primo adattamento in live action di Saint Seiya: la saga ideata da Masami Kurumada e che ha galvanizzato più di una generazione arriva ora nelle sale cinematografiche in una nuova versione, pensata sia per i fan di vecchia data che per i neofiti, che potranno così far “bruciare” il loro Cosmo insieme agli altri Cavalieri.