Stiamo vivendo in un’epoca cinematografica in cui l’industria nordamericana è in continua fibrillazione. James Cameron ha confermato di essere al di là dei giochi che valgono per tutti gli altri e l’MCU sembra ormai stare andando incontro ad un declino sia artistico (ma ne possiamo parlare) e apprezzamento del pubblico dopo una decade passata ad indirizzare il movimento commerciale tutto in continuum di ritorni, rinascite, sparizioni e parentesi più o meno lunghe. A ben guardare non deve sorprendere più di tanto che uno dei cinecomics più riusciti degli ultimi anni (e in top 3 di quelli ispirati ai fumetti DC del nuovo filone filmico) sia quello nato proprio al di fuori dei tempi, massimi e non.

Nella recensione di The Flash, in uscita nelle sale italiane il 15 giugno 2023 con Warner Bros., vi parliamo infatti di un progetto che (tolto il piano concettuale di uno stand alone cinematografico su Barry Allen, per il quale si può arrivare addirittura agli anni ’80) ha subito talmente tanti ritardi, rimescolamenti in regia, ritrattamenti sul materiale fumettistico da cui attingere, dubbi sul suo protagonista, passato da idolo dello star system a persona non gradita e figura irricevibile e adesso bo, vedremo, da arrivare sugli schermi all’interno di un DCEU già morto, appena 3 giorni dopo l’annuncio della short list per il casting di Lois Lane e Clark Kent nel nuovo Superman dell’Universo di James Gunn.

C’è chi ha fatto peggio comunque ed uscirà a dicembre, magari sarà una sorpresa anche quel film là.

Stiamo vivendo in un’epoca cinematografica in cui l’industria nordamericana è in continua fibrillazione.

Oltre ciò, la nuova pellicola di Andy Muschietti è anche una delle più chiacchierate e anticipate degli ultimi tempi (anche se ormai l’hype correlato al non spoiler è diventato più l’ennesimo slogan che una variabile tangibile vera e propria) dalla presenza di Ben Affleck a quella Michael Keaton, passando per il multiverso e di altri cameo illustri per tanti motivi. Parentesi: quello di Michael Shannon è veramente uno spreco.

Eppure Ezra Miller funziona benissimo, sceneggiatura e regia sono tra le migliori del nuovo / vecchio universo DC, la parte comica e quella da fan service duro e puro sono digeribilissime nella struttura generale e, anzi, diventano quasi il cuore emotivo della pellicola, persino la pessima CGI diventa comprensibile nella piega da videogioco che prende la pellicola ad inizio secondo atto.

Poi, a castrare tutto, c’è il difetto atavico di ogni film di questo filone: l’incapacità di trovare un proprio equilibrio interno, prima editoriale e poi filmico nello specifico. Quindi l’incapacità di essere cinema commerciale fino in fondo, che ormai nasce, cresce e muore nella commistione del genere.

Assistere alla propria origin story

Barry Allen (Miller) è l’ultima ruota del carro della Justice League, impiegato più che altro come uno spazzino, che si occupa di ripulire le conseguenze degli scontri dei suoi compagnoni più importanti, soprattutto Batman (Affleck), “leader e stratega” della squadra e mentore del ragazzo. L’unica figura paterna possibile per Barry, dato che il suo padre biologico, Henry (Ron Livingston), non solo è ingiustamente in carcere per l’omicidio della moglie Nora (Maribel Verdú), ma rischia di rimanerci per sempre, dato che le nuove fornite proprio da Wayne non sembrano poter aiutare l’uomo ad essere scagionato.

Allen Jr. vive al di fuori del tempo. I suoi poteri sono il suo leitmotiv esistenziale, una delle caratteristiche fondamentali del supereroe nella sua versione cartacea e felicemente trasportata sul grande schermo, e questo consente al personaggio di trasmettere benissimo la sua difficoltà di connettersi con la sua vita (è velocissimo, ma è sempre in ritardo) e del suo avere la propria testa nel passato, anche se c’è una ragazza che potrebbe in qualche modo fargli cambiare idea.

Ezra Miller

Allen Jr. vive al di fuori del tempo.

Nel passato ha il suo affetto più grande e il suo dolore più grande, quello che lo ha trasformato in quello che è oggi nel male, ma anche nel bene. Una doppia visione che nelle storie di formazione, soprattutto quelle con un protagonista adolescenziale, è impossibile, pensate poi se è anche un supereroe. Il primo pensiero è “Posso fare tutto, posso togliere anche quel po’ di male.

Questo ad ogni modo pensa anche Allen, il quale, colto di sorpresa da una scoperta impronosticabile, decide di andare in prima persona a limare qualche dettaglio, incontrando così la sua versione di quell’epoca, prima ancora di ricevere i poteri.

Lo spunto è quello classico delle origin story: rivisitazione del trauma, elaborazione del lutto mirata ad un superamento che passa prima di tutto da un proprio confronto profondo con la parte più umana di se stessi, rielaborazione del proprio rapporto con il mentore e propria ricollocazione nel proprio tempo.

Ottimo, ma è il punto di vista la cosa peculiare sul serio e funziona molto bene.

La teoria degli spaghetti

Secondo la teoria degli spaghetti, se cambi qualcosa nel passato allora non cambi solo il futuro, ma crei una serie di alternative temporali che vanno a costituire, nel loro insieme una rete di possibilità parallele simultanee. Cioè cambi anche il passato. Ecco a voi il multiverso DCEU, reso attraverso un pensiero persino più coraggioso dei cugini cocchi della famiglia.

Michael Keaton

Una cosa del genere l’abbiamo già vista al cinema e The Flash non si nasconde assolutamente, dimostrandosi, anzi, enormemente a suo agio in questo aspetto del suo percorso, grazie ad un’ottima relazione tra i due Barry e anche una più che buona ideazione della nuova timeline, in cui la presenza di Michael Keaton (quanto funziona Batman sullo schermo!) e della Supergirl di Sasha Calle, sono un arricchimento prezioso.

Da un certo punto di vista, il fatto che la messa in scena migliore sia relegata a questa parte da fan service (c’è anche la miglior scena d’azione a paletti della pellicola) determina anche un po’ i limiti di Muschietti, che è un bravo regista nella sua accezione tecnica, ma il coraggio di emanciparsi fino in fondo ancora non ce l’ha, forse perché ancora troppo attaccato a ciò che lo ha appassionato.

Ecco a voi il multiverso DCEU, reso attraverso un pensiero persino più coraggioso dei cugini cocchi della famiglia.

Ezra Miller

Tutto funziona così bene (o forse è così sorprendente che tutto funzioni) da perdonare al film anche la poverissima resa CGI, per di più accordata con una sfumatura linguistica con la componente videogame (molto presente per larghi tratti), anche a fronte di un cuore comedy esilarante, leggero e funzionale.

Il problema vero di The Flash è l’incapacità di trovare un vero equilibrio tra i generi che contiene e le tematiche che intende affrontare. Una cosa che ha notevolmente penalizzato tutto il progetto editoriale a cui la pellicola appartiene. Sommata all’ambizione sfrenata delle pellicole e all’urgenza di “doversi mettere in paro” con chi è partito veramente troppo prima. Anche il film con Ezra Miller infatti vuole fare tutto: origine, sviluppo e conclusione, riuscendo per larghi tratti a fare tutto anche piuttosto bene, ma pagando un terzo atto veramente debole a causa, soprattutto, delle sue continue piroette. Sia emotive che narrative.

The Flash è disponibile nelle sale dal 15 giugno 2023 distribuito da Warner Bros.

60
The Flash
Recensione di Jacopo Fioretti

The Flash è il primo stand alone cinematografico dedicato al supereroe DC e nuova pellicola di Andy Muschietti, che porta finalmente sullo schermo il film con protagonista Ezra Miller nonostante le mille difficoltà del progetto, siano esse legate all'attore, alla pellicola in sé o al contesto a cui si affacciava, ormai fuori dal tempo. E proprio di essere "fuori dal tempo" il film parla, ideando una origin story originale nella sua progettazione e regalandoci un buon cinecomic, che può vantare un'ottima parte comedy, dei camei straordinari (tranne uno) e una parte da fan service gustosa. I limiti sono nell'equilibrio, nell'urgenza che ha avuto sempre questa versione del DCEU in tutti i suoi film, confluiti in un terzo atto che per i suoi toni e i suoi bisogni sembra non fuori dal tempo, ma un po' fuori dal film e in più mostra tutte le criticità di una CGI veramente insufficiente.

ME GUSTA
  • L'ideazione della origin story a spasso nel tempo.
  • I camei, soprattutto quello di Michael Keaton.
  • La componente comedy funziona molto bene, così come la parte fan service.
  • Il Flash di Ezra Miller.
FAIL
  • La parte CGI è insufficiente.
  • Il disequilibrio della pellicola, soprattutto nella commistione dei toni legati ai generi.
  • L'urgenza di dover fare tanto.