Di solito quando per un debutto cinematografico si osservano delle regole ufficiose, ma piuttosto precise, pena il rischio di imbarcarsi per viaggio troppo complicato da gestire per essere una prima corsa. Ecco, a quanto pare Denti da squalo costituisce la classica eccezione che conferma la regola: “Quando si inizia a fare cinema si dice sempre: niente acqua, niente bestie e niente bambini. Noi avevamo tutti tre.“.
Sarà per i nomi coinvolti, in primis quello di Gabriele Mainetti, che ha fatto della crociata contro i “film camera e cucina” un leitmotiv, e la sua Goon Films, all’esordio anche lei, ma anche Lucky Red, Rai Cinema e Prime Video. Sarà perché parliamo di una sceneggiatura ambiziosa, vincitrice del Premio Solinas e che da 9 anni aspettava di essere messa in scena, sarà perché parliamo di un film per il quale è stato realizzato il primo animatronic italiano con le sembianze da squalo. Sarà perché alle redini del progetto c’era un regista pronto a rischiare tutto pur di mettersi in gioco. Tale regista si chiama Davide Gentile, ed è proprio lui che abbiamo avuto la fortuna di intervistare per farci raccontare il suo film.
Tutto nasce nel 2014, quando Valerio Cilio e Gianluca Leoncini hanno scritto soggetto e sceneggiatura di Denti da squalo. Quest’ultima in appena un mese per rimanere nei tempi previsti dalla deadline del Solinas.
Nei successivi nove anni la sceneggiatura è stata sempre nelle mani di Gabriele Mainetti, che l’ha messa in un cassetto, come spesso accade, sotto un solo veto: visto che lui non voleva essere il regista, allora questa figura doveva essere scelta di comune accordo con i due autori.
Arrivati al 2020 sono stati proprio loro a dire a Gabriele che era il momento giusto per compiere il passo e si sono dunque ritrovati a discutere di vari nomi e, per qualche incredibile ragione, è stato il mio a convincere tutti.
“Quando si inizia a fare cinema si dice sempre: niente acqua, niente bestie e niente bambini. Noi avevamo tutti tre.“
Una scelta che sembrava all’apparenza piuttosto azzardata, dato che non solo Davide non aveva mai girato un lungometraggio (ha comunque una grande esperienza nel mondo della pubblicità e dei cortometraggi), ma anche perché non aveva mai diretto un singolo lavoro in lingua italiana, figurarsi in dialetto romano.
Gabriele voleva essere sicuro che io fossi il regista giusto perché si trattava pur sempre del suo primo film da produttore. Lui conosceva e apprezzava i miei lavori, che però non erano esattamente in linea con ciò che sulla carta era necessario avessi nelle corde per Denti di squalo. Parlo di stile, tono, ma anche l’uso della lingua italiana e del dialetto. Io non avevo mai diretto qualcosa parlato in italiano in vita mia. C’era una certa dose di rischio, che Gabriele voleva comprensibilmente rosicchiare.
Dopo 3 mesi abbiamo deciso di fare il film insieme e mi ha presentato a Lucky Red.
Un milanese che vive all’estero gira un film ambientato ad Ostia
Non è sempre un malus quello di avere un vissuto lontano dalla pellicola che si deve realizzare ( “non ho problemi paterni, né lutti in famiglia. Non sono di periferia a non sono neanche nato a Roma.“), anche se bisogna capire la giusta prospettiva per rielaborare un rapporto che sarebbe stato più naturale nel caso ci fossero delle affinità tangibili, in modo da rendere queste distanze utili al racconto che si deve realizzare.
Il risultato di un corretto ragionamento in questo senso potrebbe voler dire essere il regista adatto per un film, ancora di più di qualcuno che si rivede esattamente nella storia che è chiamato a raccontare.
Non venendo da Roma e non conoscendo bene Ostia o quelle zone, ho guardato a quel mondo un occhio fresco.
Ho cercato in primis di allontanarmi da quello che è stato fatto a livello cinematografico a proposito della criminalità del litorale romano, perché il film non è su quello secondo me.
C’è il simbolo del male, ma non ci sono reali cattivi. L’unico nemico è la sofferenza di cui è preda Walter a causa della perdita del padre e tutto quello che attraversa nel percorso fa parte della scoperta che lo porta ad accettare la sua morte e poi ad andare avanti. Anche il Corsaro alla fine è solo lo zio cattivo, quello che picchia con lo zoccolo come fanno i genitori del Sud Italia, ma non ha quella connotazione da vero cattivo.
Ci tenevo a mantenere questa sobrietà. Un po’ perché mi ha stancato quel tipo di cattiveria e un po’ perché non la sento dentro di me.
“non ho problemi paterni, né lutti in famiglia. Non sono di periferia a non sono neanche nato a Roma.
All’improvviso, poi, si potrebbe magari realizzare che zone che fino a quel momento erano completamente sconosciute, al punto che nella vita neanche avresti mai pensato di averci a che fare, diventino improvvisamente territori affascinanti. Così affascinanti da poterli adoperare al meglio per una visione più personale.
La cosa che mi affascinava molto di quella zona d’Italia è innanzitutto l’architettura razionalista e fascista con i suoi colori a pastello. Trovo che il litorale romano sia molto cinematografico e che siamo riusciti a rendergli giustizia con la fotografia e le scelte delle location.
Lo richiamiamo senza dare per forza una connotazione precisa, anche per rendere tutto un pochino più internazionale e meno autoreferenziale.
A volte magari può servire un alleato che faccia da punto di contatto tra te e quel mondo, qualcuno in grado di prenderti per mano, istruirti e accompagnarti, pur nelle sue comprensibili insicurezze, dato che le prime volte ci sono per tutti. Nel caso di Denti da squalo e Davide Gentile parliamo di Virginia Raffaele.
Virginia invece è stata una scoperta incredibile.
Io vivo all’estero e non guardo la televisione, quindi non avevo quella suggestione o quel filtro su di lei, arrivano un po’ vergine. L’intuizione è stata di Gabriele, che me l’ha suggerita.
Alla prima call ero un po’ di titubante, sia perché è una comica, sia perché ha una presenza scenica importante, ma dopo aver fatto il casting si siamo legati moltissimo.
Lei ci tiene particolarmente a questo ruolo perché le permette di uscire dai canoni in cui ha recitato per 41 anni e voleva quindi azzeccare tuto. Mi ha anche aiutato molto sulle sfumature del romano e sulla costruzione del suo personaggio, aspetto in cui è stata eccezionale perché era costretta a riprendere a diverso tempo tra una sessione all’altra.
Lavorare con lei è stato estremamente stimolante sia a livello umano che professionale.
Il punto di contatto
Quella scritta da Cilio e Leoncini è una sceneggiatura complessa (non complicata). Lo è perché è stratificata e ha la volontà di toccare tanti generi diversi: “dramma, commedia, avventura, l’elemento fantastico che è lo squalo, la villa che diventa una sorta di metafora delle stanze della mente di Walter.“, oltre ad avere “tanti toni da mettere insieme“.
La cosa più importante per il regista è stata dunque quella di trovare una propria chiave di volta per poter far girare il film in una direzione coerente, in modo che tutta l’impalcatura potesse seguirlo alla perfezione, anche se questo significava “cambiare anche delle cosette in sceneggiatura.”
Anche in questo caso la spinta è arrivata grazie all’incontro con uno degli attori, nello specifico il protagonista Tiziano Menichelli, dalla cui conoscenza Davide Gentile ha trovato la motivazione definitiva per “spostare il peso della narrazione più sull’elaborazione del lutto e sul rapporto con la madre e con il padre, togliendo la fascinazione verso il mondo criminale, che c’è comunque, ma non è più predominante. Sono contento che alla fine il film mantenga un suo equilibrio e una sua armonia che rimanda ad un’atmosfera precisa, cosa per cui è stato fondamentale anche il sonoro.”
Quella scritta da Cilio e Leoncini è una sceneggiatura complessa (non complicata).
Il personaggio del piccolo, ma risoluto Walter è stato fondamentale in questo. Nel suo sguardo e nella sua sofferenza Gentile ha trovato il modo di capire Denti da squalo. Lo testimonia anche il percorso del casting, in cui il regista si è speso in prima persona, correndo dei rischi enormi, che rischiavano anche di far saltare il film.
Walter era il punto nevralgico del film e a 5 settimane dallo shooting, dopo ver visto più o meno 600 bambini, non avevamo l’attore. Per tanti motivi nessuno ci ha convinto, per aspetti fisici o piscologici. Aleggiava anche l’idea di rimandare lo shooting o far saltare il film.
Non volevamo l’attore già formato, perché erano troppo razionali e consapevoli. Io nello specifico volevo proprio un bambino che non avesse fatto nulla nel mondo del cinema e un giorno, camminando per Ostia, vedo Tiziano che giocava a basket con amici. Ho pensato subito: “è lui”.
La mia scelta non convinceva all’inizio perché da un personaggio principale ci si aspetta un carisma e una presenza trainante e quindi anche durante le riprese, quando i produttori vedevano i giornalieri, i produttori avevano dei dubbi. La soddisfazione più grande è stata quando mi ha chiamato Gabriele dopo il primo cut e mi ha detto “È fantastico”.
Con lui mi sono sforzato di tornare ad essere un ragazzino per alleggerirlo della pressione di un’operazione invece importante da tutti i punti di vista.
Lo squalo
Lo squalo rappresentava un altro personaggio fondamentale e un’altra criticità da trasformare in opportunità per crescere e per migliorare la pellicola.
Innanzitutto allora era il caso di trovare il modo di portarlo sullo schermo sia in modo credibile sia in piena coerenza con un tono della pellicola trovato con tanta applicazione e passione.
L’intenzione era che lo squalo avesse un suo arco narrativo, anche se non è facile perché non ha espressioni. Dunque volevo che il rapporto fra lui e Walter iniziasse con la paura e quindi raccontare lo squalo in modo predatorio per poi fare evolvere questo rapporto dalla curiosità fino ad accudimento e infine interesse nel liberarlo.
Se si leggesse il mio trattamento o le note di regia uno degli obiettivi era quello di lasciare un po’ aperta la questione dello squalo agli occhi dello spettatore. Ognuno deve vedervi quello che più appartiene a lui.
È importante ciò che rappresenta per Walter. Cos’è ‘sto squalo? Il padre? La criminalità? Il lutto da cui liberarsi?
Ti posso anche dire che all’inizio non volevo mostrarlo troppo perché l’acqua era ancora torbida, che era un altro elemento importante, perché la piscina viene pulita da Walter perché anche lui si ripulisce, un’altra metafora della sua autoscoperta.
Lavorare su un personaggio del genere in modo funzionale avrebbe dato la possibilità di sintonizzare la pellicola secondo dei modelli di cinema contemporanei quando si parla di storie di formazione. Un nome su tutti che viene in mente come reference in questo campo è quello della cineasta francese Celine Sciamma, che con il suo ultimo film, Petite maman, è riuscita ad adoperare il realismo magico per parlare di coming of age.
Qualcosa che nel film di Gentile si può rintracciare anche se “più in che Petite Maman, che ho visto dopo aver letto Denti da Squalo, e non mi ha fatto impazzire, trovo delle analogie in Tomboy. Chiaramente non per la tematica, ma per la dolcezza e l’essere sognante e malinconico del bambino protagonista, ma anche per la fotografia, i toni di colore e gli elementi pastello dell’atmosfera. Un altro film che ho trovato molto in linea è Honey Boy di Alma Har’el, ma anche Florida Project.“.
“Cos’è ‘sto squalo? Il padre? La criminalità? Il lutto da cui liberarsi?“
Le criticità di cui abbiamo parlato poco sopra non sono solamente da ricercare nelle modalità con cui rappresentare lo squalo a livello narrativo, ma anche relative al come inquadrarlo a livello pratico.
L’animatronic è il primo di questa tipologia realizzato nel nostro Paese.
Lo ha realizzato Maurizio Corridori, mente Blackstone che ha curato la sua versione in 3D e posso dire che la contaminazione di questi due elementi è stata la sfida più grande.
Non potevamo sbagliare lo squalo, ma non avevamo le risorse per andare a prendere animatronic già costruiti e funzionanti all’estero, quindi ne abbiamo realizzato uno noi, con tutte le difficoltà del caso. Io l’ho trovato per la prima volta sul set, dove abbiamo dovuto gestirlo e regolarci in base a lui, anche lavorandoci in postproduzione.
Il nostro team degli effetti speciali è stato straordinario.
La magia del cinema
Tra le iniziative più importanti che Davide Gentile ha fortemente voluto per il suo Denti da squalo c’è la bellissima sequenza iniziale.
Per i primi minuti, “10 per la precisione“, non ci sono dialoghi, parlano solamente le immagini, una precisa volontà del regista, che ha deciso di imporsi con la produzione anche a costo di prendere in contropiede lo spettatore.
Volevo posticipare il più possibile i dialoghi e renderli più asciutti.
La prima battura di Walter è “papà”, pronunciata da un bambino che si sfoca con il mare, e la seconda è “come stai”, pronunciata dalla madre che non sa come gestire il suo dolore e quello del figlio.
Lucky Red voleva un inizio più chiaro e più frizzante, invece io ho insistito per questi minuti dilatati, perché penso corrisponda a quello che si sente quando si perde qualcuno: ci si sente sospesi, non si hanno elementi a cui appoggiarsi, da qui si parte, specialmente quando si è un bambino. Da quando Walter incontra Carlo allora si alza il ritmo e i dialoghi prendono più corpo e senso.
Nel cinema si devono le cose più con le immagini che con le parole. È la sua magia.
Tra le iniziative più importanti che Davide Gentile ha fortemente voluto per il suo Denti da squalo c’è la bellissima sequenza iniziale.
Un debutto del genere vuol dire una grande possibilità da cogliere. Vuol dire grande coraggio, grande personalità e grande soddisfazione nel caso, come questo, che il risultato sia un buon risultato, almeno in termini realizzativi. Però può voler dire anche necessità di distaccarsi, perché come tutti i progetti che danno tanto allo stesso modo esigono tanto.
Magari dopo un progetto come Denti da squalo si può anche avere voglia di fare completamente altro.
Sono nel mondo della pubblicità da anni e come hai detto te ho fatto molto corti, ma solo ora mi sembra di avere iniziato a fare il regista.
La prossima volta farò una cosa più vicina a me. Una roba completamente diversa, in cui visivamente voglio togliere un po’ di strutture che ho acquisito dal mio percorso, meno razionalità e più istintività. Sperimentare il più possibile.
Vorrei fare un cortometraggio dopo l’estate, che può sembrare strano, perché voglio rivedermi e buttarmi nel fuoco con un attore o un’attrice senza le aspettative e le pressioni del lungometraggio. Una cosa libera e subito.
Devo dire che mi è tornata veramente la voglia di girare, anche se non ho idea di che regista sono.
Denti da squalo è al cinema dall’8 giugno con Lucky Red.