Esseri umani: mammiferi speciali, ma non così unici come siamo abituati a pensare

Reproductive inequality mammals and humans

La società umana spesso si vanta della sua eccezionalità rispetto agli altri mammiferi, ma uno studio dell’Università della California, Davis, sta mettendo in discussione questo punto di vista. Secondo i ricercatori, il comportamento quotidiano e le abitudini di allevamento dei figli degli esseri umani non sono così diversi da quelli degli altri mammalia. Esaminiamo da vicino questa interessante ricerca che svela alcune evidenze sulla nostra specie.

Un’illusione di eccezionalità

Per lungo tempo, si è ritenuto che gli esseri umani fossero una specie eccezionale ed egualitaria rispetto agli altri mammiferi. Nella società moderna, molte persone si impegnano attivamente nel prendersi cura dei propri figli in modo condiviso. Ad esempio, un genitore potrebbe accompagnare la figlia alle sue attività pomeridiane e poi preparare la cena, mentre l’altro va in palestra prima di prendere l’altro figlio dall’allenamento. Questo comportamento può far pensare che stiano cooperando nella loro relazione monogama e nella co-genitorialità, dimostrando un forte impegno. Potrebbe sembrare che queste persone facciano parte di una società evoluta e diversa dagli altri mammiferi che vivono sulla Terra.

Tuttavia, i ricercatori suggeriscono che il loro comportamento quotidiano e le loro abitudini nell’allevamento dei figli non siano così diversi da quelli degli altri mammiferi. Infatti, molti animali cacciano per procurarsi il cibo, si prendono cura dei loro piccoli e li istruiscono. Anche se i dettagli possono essere diversi, l’obiettivo fondamentale di garantire la sopravvivenza e la crescita dei propri figli è comune a molte specie, compresa la nostra. Quindi, mentre potremmo considerarci diversi e più evoluti, il modo in cui ci prendiamo cura dei nostri figli ha radici profonde nell’evoluzione. Siamo influenzati dalle nostre istintive tendenze biologiche a garantire la sopravvivenza della nostra progenie.

Infatti, secondo Monique Borgerhoff Mulder, professoressa emerita di antropologia presso l’UC Davis, la visione di “eccezionalità” con cui ci auto-descriviamo potrebbe essere esagerata. “Gli esseri umani sembrano assomigliare ai mammiferi che vivono in coppie monogame e, in una certa misura, a quelli classificati come allevatori cooperativi“, afferma Borgerhoff Mulder. Infatti, rivelando le sfumature dell’aspetto riproduttivo dell’homo sapiens, lo studio ha sfatato le affermazioni sull’eccezionalismo umano.

Umani, animali e la disuguaglianza riproduttiva

Gli antropologi hanno esaminato il modo in cui gli esseri umani si collocano nella scala della disuguaglianza riproduttiva rispetto agli altri mammiferi. Ebbene, una posizione interessante: in confronto ad altri mammiferi, gli esseri umani presentano una minore differenza nel numero di figli che sopravvivono (sia per quanto riguarda la prole maschile che quella femminile). Questo significa che, rispetto ad altri animali, non c’è una grande disparità nel numero di figli che maschi e femmine riescono a generare e far crescere e sopravvivere con successo. Quindi, in generale, ci troviamo in una posizione intermedia rispetto agli altri mammiferi quando si tratta di disuguaglianza riproduttiva. Non siamo completamente uguali, ma le differenze sono meno marcate rispetto ad altre specie animali.

Uno studio senza precedenti: 100 ricercatori 90 popolazioni umane e 45 di mammiferi per scoprire che non siamo poi così speciali

Queste evidenze risultano, dunque, dal nuovo studio condotto dall’UC Davis, in collaborazione con oltre 100 ricercatori provenienti da diverse istituzioni in tutto il mondo e si propone di verificare se gli uomini sono più egualitari rispetto alle loro compagini animali, (mammiferi di sesso maschile di altre specie) concentrandosi sul numero di figli che producono (analizzando le differenze nel numero di figli che sopravvivono tra i sessi maschile e femminile).

I dati sono stati raccolti da 90 popolazioni umane antiche e contemporanee, confrontandoli con quelli di 45 diverse specie di mammiferi. I risultati dello studio smentiscono l’idea di una qualche particolarità o menzione d’onore rispetto agli animali. Gli esseri umani sono solo un’altra specie unica di mammiferi. Cody Ross, uno degli autori dello studio, afferma che “possiamo modellare con successo la disuguaglianza riproduttiva negli esseri umani e nei non umani usando gli stessi predittori“. Quindi, sembra che siamo più simili agli altri mammiferi di quanto avremmo mai immaginato.

Il ruolo delle femmine e dell’egualitarismo nella poligamia

poligamy

Un po’ inaspettatamente, concentrandosi specificamente sulle donne, i ricercatori hanno riscontrato un maggiore egualitarismo riproduttivo nelle società che consentono il matrimonio poliginico rispetto a quelle in cui prevale il matrimonio monogamico. Nei sistemi poliginici, in cui gli uomini prendono più mogli contemporaneamente, le donne tendono ad avere un accesso più equo alle risorse, come la terra, il cibo e l’alloggio, e all’aiuto alla genitorialità. Questo perché le donne, o i loro genitori per loro conto, favoriscono i matrimoni poligini con uomini ricchi che hanno più risorse da condividere. Infatti, la maggior parte dei mammiferi, per natura, pratica la poligamia o la promiscuità.

Molti maschi, infatti, si accoppiano con il più alto numero di femmine possibile durante un determinato periodo dell’anno; altri invece preferiscono crearsi un vero e proprio harem. Questo perché, al bisogno delle femmine in un certo periodo di tempo di gestazione, si accosta la necessità dei maschi di portare avanti la propria specie con quanta più progenie possibile. I ricercatori hanno osservato qualcos’altro nel loro lavoro. “È emerso che l’accoppiamento monogamico (e il matrimonio) può determinare significative disuguaglianze tra le donne“, ha detto Borgerhoff Mulder.

I ricercatori hanno scoperto che la monogamia, soprattutto quella praticata nelle economie agricole e di mercato, può portare a grandi differenze nel numero di figli che le coppie producono, e ciò deriva dalle grandi disparità di ricchezza in questi contesti. Questo è anche parte del motivo per cui non siamo poi tanto meglio quando si parla di successo riproduttivo rispetto ad altri mammiferi. Perché l’uomo, il maschio, e il suo ruolo di leader in un modello di società patriarcale, fa troppa differenza. I bambini dipendono fortemente dalle cure e dalle risorse fornite sia dalla madre che dal padre – un fattore insolito, ma non del tutto assente, in altri mammiferi, hanno detto i ricercatori.

Nelle specie in cui il modello sociale non è quello del maschio alfa al vertice (esempio: lupi), ma in cui padre e madre si occupano entrambi della prole e formano coppie stabili, sia il genitore 1 che il genitore 2 si dedicano alla prole. Seriamente e in modo equo tra partners. L’importanza cruciale della natura complementare di queste cure – cioè il modello in cui ogni genitore fornisce risorse e cure diverse e spesso non sostituibili per tutta la lunga infanzia umana – è il motivo per cui, quando manca, non mostriamo l’enorme variabilità riproduttiva vista in alcune grandi scimmie che invece la mostrano seriamente, ha detto il ricercatore Paul Hooper, dell’Università del New Mexico.

Lo skew riproduttivo

Lo skew riproduttivo è un termine che indica la disuguaglianza nel numero di figli che sopravvivono tra gli individui di una popolazione. Dallo studio emerge che gli esseri umani hanno comunque meno disuguaglianza di skew rispetto alla maggior parte degli altri mammiferi. Questo modello di disuguaglianza riproduttiva può essere attribuito alle donne che hanno accesso a più risorse e che quindi possono avere più figli che sopravvivono. La cooperazione tra i maschi e le istituzioni sociali e legali che impongono alcune norme contribuisce anche a ridurre la disuguaglianza riproduttiva negli esseri umani.

Sebbene lo studio fornisca una visione nuova e interessante sull’eguaglianza riproduttiva degli esseri umani rispetto agli altri mammiferi, gli antropologi sono consapevoli della necessità di ulteriori dati empirici per confermare queste deduzioni. La nostra specie è unica, ma allo stesso tempo condivide molte caratteristiche con gli altri mammiferi. Sembra che l’eccezionalismo umano sia stato messo in discussione, aprendo la strada a una comprensione più completa della nostra posizione nel regno animale.

Ricordiamoci che, nonostante le nostre complessità e peculiarità, siamo ancora esseri viventi che condividono la Terra con altre creature. Questo studio ci ricorda che c’è molto da imparare osservando il comportamento degli altri mammiferi e che non dovremmo dare per scontata la nostra eccezionalità. In un certo senso, potremmo dire che siamo “unici nella nostra normalità”.

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