Ci sono prodotti mediatici che possiedono in maniera innata un valore speciale che spesso è da ricercare al di fuori del prodotto in sè, generando un hype sin dalle prime fasi del loro sviluppo che trova le sue radici più nella storia del brand e in un suo passato radioso che nel prodotto in sé. Viene da pensare alle fasi più recenti del Marvel Cinematic Universe, ad esempio, che certamente hanno raccolto più successo di quanto meritassero grazie agli exploit dei film precedenti, ma lo stesso si può dire per moltissime saghe videoludiche, una su tutte Final Fantasy. Ogni capitolo della storica serie di Square Enix riesce a catturare enormi attenzioni del pubblico ma è inevitabile ricondurre questa fiducia e questo entusiasmo all’indiscutibile successo dei primi dieci capitoli, seguiti tuttavia da un periodo tutt’altro che roseo a causa di alcuni prodotti più discutibili e una qualità non alla stessa altezza.
In questa cornice Final Fantasy VII Remake è riuscito a registrare un importante cambio di rotta ma sempre con uno sguardo rivolto al passato, per questo l’esempio più importante di ritorno ai livelli d’eccellenza che hanno reso questa serie leggendaria è rappresentato dall’enorme lavoro di Naoki Yoshida, l’uomo che concretamente e simbolicamente è riuscito a far rinascere un Final Fantasy XIV alla deriva e a renderlo un MMORPG capace di conquistare milioni di giocatori per anni.
Non è un caso dunque e nemmeno una scommessa che Square Enix abbia voluto lo stesso Yoshida come producer del nuovo capitolo che dovrà rappresentare la rinascita e la riaffermazione della serie anche in ambito single player: un uomo che ha mostrato passione e competenza, conquistando un’intera community e con una spiccata attenzione all’elemento narrativo è il principale motivo per cui tutto l’hype che si è generato attorno a Final Fantasy XVI sembra stavolta davvero giustificato, e dopo averlo provato per cinque ore e averne parlato direttamente con Yoshida possiamo finalmente spiegarvi perché.
Questa è una versione speciale creata per l’esperienza stampa/influencer e i contenuti potrebbero differire dalla versione finale
La storia di Clive
I primi dieci minuti di FFXVI rivelano una narrazione più matura e diretta di quanto si sia visto in tutta la storia di Noctis in Final Fantasy XV: il confronto non è del tutto legittimo, ma serve a spiegare il cambio di rotta drastico tanto da sorprendere il giocatore. In poche scene iniziali fanno da protagonista un conflitto tra eserciti, giochi di potere, alleanze, intrighi e morti cruente, il tutto con un ritmo incalzante e accompagnato da un registro linguistico “adulto” che abbandona gli stilemi tipici del modo di narrare giapponese e strizza l’occhio al fantasy medievale “a la Game of Thrones”.
C’è azione, c’è sangue, c’è una regia coinvolgente e un comparto estetico di altissima qualità, sia per definizione che per cura dei dettagli degli ambienti, per un’introduzione emozionante come non si era mai visto nella serie, perfetta per settare lo spunto narrativo prima di lasciare spazio a quello che è effettivamente il tutorial del gioco, ambientato nel Gran Ducato di Rosalia diversi anni prima con un Clive adolescente che si allena per essere un perfetto scudo di Joshua, suo fratello minore e Dominant (o Araldo, in italiano) della Fenice.
Dopo un inizio turbolento il gioco lascia spazio all’introduzione del mondo di Valisthea: in un continente diviso tra cinque “nazioni”, l’equilibrio viene mantenuto dall’effetto dei Cristalli Madre, enormi rocce che permettono l’uso dell’etere e della magia, e dai Dominant, esseri umani che possiedono il potere di trasformarsi in Eikon, entità soprannaturali legate agli elementi e in grado di rilasciare una forza devastante. Che siedano sul trono o vengano considerati forme di vita impure, i Dominant rappresentano l’asset militare più importante di ogni nazione e possederne uno è di vitale importanza soprattutto come deterrente contro aggressioni esterne. Allo stesso tempo, un Eikon può appartenere a un solo Dominant e, una volta morto questo, si reincarna rinascendo in un altro essere umano (apparentemente della stessa linea discendente); fino all’età adulta, però, il suo potere è limitato e la sua nazione, dunque, più vulnerabile.
In questa cornice assumono estrema importanza gli assetti geopolitici fatti di alleanze e patti di non aggressione, ma quando l’infezione della Piaga inizia a corrodere Valisthea gli equilibri tra le nazioni iniziano a sgretolarsi e la guerra diventa lo sfogo naturale delle tensioni risultanti. Inizia così la storia di Clive, con l’attacco a sorpresa al Gran Ducato di Rosalia nella notte del risveglio del secondo Eikon del Fuoco, fino ad allora mai visto, e continua con un intreccio tra passato e presente che sembra avrà un ruolo fondamentale nell’arco narrativo di Final Fantasy XVI.
Le cinque ore della nostra prova procedono costantemente ricche di nuovi dettagli, eventi, dialoghi utili a costruire la caratterizzazione dei personaggi e qualche colpo di scena riuscito, il tutto intervallato da alcune delle scene più maestose mai viste in un Final Fantasy, come la battaglia tra i due Eikon del Fuoco, uno scontro al cardiopalma visivamente spettacolare e mastodontico che da solo vale tutto l’hype di cui abbiamo parlato nell’introduzione a questo articolo. Viene voglia di non smettere mai di guardare, perchè FFXVI è intrigante, maturo e forte, ma di gioco ha veramente poco, almeno in questa fase iniziale.
Complice il voler introdurre l’apparato narrativo e i personaggi principali, le prime ore trascorrono in gran parte tra video, cutscenes e sessioni di gioco guidate da quick time events, intervallati da brevissime sezioni in cui si cammina o poco più. La prima parte di gameplay “libero” arriva davvero tardi e non si contraddistingue per lunghezza o dinamicità, fungendo ancora da tutorial: è la famosa battaglia col Molboro mostrata in molti trailer, interessante ma evidentemente pensata ad abituare il giocatore alle meccaniche di combattimento basilari. A conti fatti, in cinque ore si è giocato liberamente davvero poco e quasi sempre per brevissimi tratti tra le numerosissime cutscene (seppur di grandissimo pregio), in una ripetuta alternanza di video, movimento, breve battaglia, video, che alla lunga riesce a stancare anche il più grande fan della trama. Secondo Yoshida non abbiamo visto ancora nulla del gioco, di ciò che nasconde e dell’effettiva esperienza che rappresenterà ed è evidente che questa fase iniziale povera di gameplay sembra necessaria a introdurre gli elementi fondanti della storia, ma chiunque stia cercando un gioco ricco di azione ed esplorazione deve prepararsi quantomeno a una prima parte spiccatamente narrativa.
Tra action e GDR
Argomento estremamente delicato sin dal primo trailer mostrato rimane quello del combat system di Final Fantasy XVI, visivamente più simile a quello di un Devil May Cry che all’animo gidierristico del resto della serie. Il paragone non è casuale d’altronde, considerando che il combat director Ryota Suzuki ha firmato appunto il quinto capitolo della saga Capcom insieme ad altri titoli prettamente action, mentre Yoshida ha all’attivo Final Fantasy XIV che comunque non ha certo un battle system a turni. La deriva action di Final Fantasy, d’altronde, ha attraversato in un modo o nell’altro tutti gli ultimi capitoli della saga Square Enix e il dibattito su quello che sarà o dovrebbe essere il sistema di combattimento del prossimo capitolo è accesissimo nella community dei fan.
Seppur la nostra prova non si è concentrata su una fase avanzata del gioco, ciò che abbiamo visto in aggiunta al primo hands on di febbraio 2023 ci rivela che probabilmente la verità sta nel mezzo: i combattimenti di Final Fantasy XVI si svolgono in tempo reale, senza pause nè turni, e la rapida ed efficace combinazione dei tasti è essenziale per massimizzare la potenza delle combo e i danni inflitti; tuttavia, la sola abilità con i tasti non basta a incatenare gli attacchi più potenti, legati alla configurazione degli assetti di battaglia e al “cooldown” con relativa rotazione delle abilità che mutua da FFXIV. Bisogna quindi capire come approcciare il nemico, o su chi concentrarsi se si sta affrontando un gruppo, per poi alternare abilmente gli attacchi standard, le schivate e le abilità legate ai tasti azione per ridurre la stamina dell’avversario e mandarlo in uno stato di crisi, in cui i danni inflitti sono maggiorati e riducono sensibilmente la salute. Questo schema sembra ripetersi un po’ troppo in ogni battaglia, anche contro i nemici definiti “trash mob”, e a parte rari casi ogni combattimento richiede impegno, attenzione e una discreta quantità di tempo, forse troppo.
In questo sistema i professionisti degli action dovranno studiare le combinazioni migliori da equipaggiare negli slot disponibili, mentre i puristi del GDR dovranno diventare più veloci a trasformare in realtà le tattiche preparate prima dello scontro. Di sicuro è fondamentale abbracciare i due mondi per trarre il massimo da un battle system che parte molto in sordina e diventa sempre più articolato con l’avanzare del gioco e l’acquisizione di nuovi poteri e abilità: in questo FFXVI fa molta attenzione ad accompagnare il giocatore lungo la strada per assicurarsi che digerisca bene ogni nuovo elemento ed evitare che la confusione abbia il sopravvento, e basta vedere alcuni trailer in giro per avere un’idea della complessità che può raggiungere il controllo in battaglia di Clive nelle fasi più avanzate della storia.
Tra una sezione e l’altra (successiva rispetto alle cinque ore iniziali) si è passati da una sola abilità con il suo attacco a distanza a diverse abilità su più poteri di base, più il controllo di Torgal (come companion) e l’assistenza di un altro personaggio che combatte in maniera autonoma. Masterizzando alcune mosse è inolte possibile utilizzarle anche mentre si è equipaggiati con un altro Eikon, arrivando a incatenare combo multielementali che con il giusto tempismo è possibile eseguire quasi in loop con risultati devastanti oltre che spettacolari. Ci vuole un po’, ma l’animo action strategico di FFXVI sembra studiato minuziosamente e in grado di regalare enorme soddisfazioni se gliene si dà l’occasione, mentre Square Enix ha pensato a entrambi gli estremi introducendo gli anelli di supporto e diverse modalità di gioco. Gli anelli sono accessori equipaggiabili in grado di aumentare alcune stats o fornire vantaggi: dal banale +10 alla forza a quelli di “assistenza”, come aumentare la finestra di tempo per effettuare le schivate o renderle addirittura automatiche, l’intento è quello di mettere a disposizione degli aiuti che possano rendere più godibile l’esperienza per coloro meno interessati alla parte action e alla sfida così da potersi concentrare sulla storia, punto cardine del gioco secondo Yoshida.
Nello stesso senso va anche la scelta della modalità all’inizio, tra Storia e Action, che esegue da subito un ribilanciamento dei nemici e della loro forza in base al desiderio del giocatore.
In direzione completamente opposta, invece, non solo FFXVI permette ai più temerari di affrontare la modalità action senza aiuti, ma per ammissione di Yoshida vanterà anche una modalità aggiuntiva disponibile dopo aver completato il gioco una prima volta che renderà gli scontri ancora più duri e darà valutazioni sulla qualità del proprio stile di combattimento, con addirittura delle classifiche pubbliche che, secondo il producer, spingeranno i giocatori di tutto il mondo a confrontarsi per diventare i migliori.
Al di fuori dal battle system normale, infine, un capitolo a parte meritano le battaglie con gli Eikon e tra Eikon. Le prime, che vedono Clive in forma umana impegnato a combattere contro i Dominant in forma di Eikon, sembrano quasi un modo per mostrare più da vicino la possenza di queste entità, contro le quali nemmeno le abilità di Clive sembrano infliggere chissà quali danni. Gli scontri tra Eikon invece rappresentano una delle cose più spettacolari mai viste in un videogioco: se quelle che abbiamo provato direttamente nelle prime ore non sono supportate da un gameplay dinamico quanto i quick time events e le cutscenes che le compongono, i trailer mostrati finora ci fanno pensare che potrebbero rivelarsi uno degli elementi più forti del gameplay di questo gioco. Al di là delle opinioni personali, la maestosità e solennità di questi scontri li rende davvero spettacolari, anche e soprattutto perché non si risparmiano di colpi cruenti, mutilazioni e attacchi letali, decisamente inediti in un Final Fantasy.
Al centro di Valisthea
Messa da parte la diatriba sul battle system e avendo parlato a lungo dell’aspetto narrativo, non bisogna dimenticarsi che Final Fantasy è anche e soprattutto il proprio mondo.
La world map rappresenta da sempre un elemento distintivo e non è un segreto che i capitoli senza libera esplorazione abbiano ricevuto in passato diverse critiche al riguardo, ma Yoshida è fiducioso di riuscire a cambiare questo andamento e ha suddiviso il suo Final Fantasy XVI in “stage”, zone separate tra loro e visitabili con viaggi rapidi, strutturate in dungeon o comunque piccole mappe chiuse e legate a specifiche missioni. Ci sono anche i “Fields“, alcune aree “semi aperte”, simile a quello che era la Piana della Bonaccia in FFX, ma in generale l’esplorazione di Clive si alterna tra questi ambienti e il Covo, che funge da hub al quale ritornare ogni volta e che ragionevolmente pensiamo si svilupperà con l’avanzare della storia e la crescita di Clive, andando ad aumentare e migliorare i negozi e i potenziamenti disponibili.
La crescita del protagonista ovviamente non passa solo dalle armi e gli accessori, ma anche e soprattutto dalle abilità sbloccabili salendo di livello e spendendo gli appositi punti: ci sono le tecniche legate al combattimento, quelle relative ai poteri degli Eikon in forma umana e molto altro, e per riuscire a migliorare la propria efficacia combattiva è essenziale sbloccare quelle più adatte al proprio stile oltre ad acquisire esperienza con le missioni principali e quelle secondarie, ma sul leveling potremo esprimerci meglio una volta provato il gioco finale.
In termini di dimensioni gli ambienti si estendono in maniera soddisfacente ma in particolare hanno un aspetto che sembra immenso: l’orizzonte, le montagne in distanza, le distese di verde attorno, i laghi e le valli che è possibile ammirare a ogni scorcio di Final Fantasy XVI sono una gioia per gli occhi, sia a livello di design che di qualità estetica. Questa prova rappresenta una delle prime volte in cui non si avverte un importante downgrade tecnico tra i trailer di annuncio e il risultato finale: dalle cutscene ai combattimenti, passando per l’esplorazione, FFXVI non tentenna nemmeno per un secondo e si mantiene costantemente fluido, definito, stabile e spettacolare, dalle animazioni agli effetti elementali, dai riflessi alle transizioni cinematiche, fino ai caricamenti rapidissimi, per un comparto tecnico che si dimostra eccellente da ogni punto di vista.
Anche dal punto di vista sonoro il gioco mutua da Final Fantasy XIV uno dei suoi elementi migliori, ovvero le splendide composizioni di Masayoshi Soken che si adattano perfettamente alla maestosità dei temi, delle battaglie e delle ambientazioni di questo capitolo. Particolare attenzione viene dedicata anche alla localizzazione occidentale, in particolare al voice acting inglese che raggiunge eccellenze uniche come Ralph Ineson nei panni di Cidolfus Telamon, ma FFXVI rappresenta anche il primo capitolo della serie in assoluto a vantare il doppiaggio in Italiano, nel quale abbiamo potuto apprezzare particolarmente l’interpretazione di Alessandro Capra nei panni di Clive, ma che lascia qualche dubbio nell’ennesimo sforzo a voler tradurre ogni minimo termine snaturando un po’ la tradizione della serie e la resa di alcuni nomi (Foco al posto di Fire e Sangueferreo al posto di Ironblood ne sono alcuni esempi).
In generale però la qualità tecnica è ammirevole: resta da capire se verrà mantenuta per tutto il gioco (e quanto il gioco in sè sarà esteso o meno), ma è impossibile non ritenersi soddisfatti di quanto provato finora.
Solo un mese
Manca solo un mese ormai all’uscita del gioco e per chiudere la premessa iniziale, l’immenso hype che vi ruota attorno sembra davvero giustificato. Sarà per il contributo di Yoshida al progetto, che ovviamente porta quanto di buono fatto per FFXIV e il supporto della sua community, sarà per l’impegno e le risorse che Square Enix vi sta dedicando, simili a quanto visto per FFVII: Remake, sarà perchè effettivamente tutto sta andando al posto giusto e le tribolazioni che furono di FFXV non si stanno ripetendo, ma Final Fantasy XVI sembra possa davvero ambire a riportare la serie nell’Olimpo dei grandi giochi e a diventare la killer app di PlayStation 5.
Non è tutto oro quello che luccica, perchè il poco gameplay visto nelle prime cinque ore lascia qualche perplessità e restano da valutare tanti aspetti che possono essere determinanti in un titolo di questo genere, come la trama, la longevità e il sistema di sviluppo, ma le sensazioni positive trasmesse da Yoshida sono contagiose e la sua totale dedizione all’aspetto narrativo in aggiunta a quanto visto lascia ben sperare. Nella nostra intervista d’altronde ha ripetuto più volte come lui e il team di sviluppo avessero ben chiara la direzione da seguire, il livello qualitativo da mantenere e la cura per i dettagli necessaria a realizzare un prodotto di cui essere fieri, indipendentemente dalle voci dei fan e dalle loro richieste (sempre contrastanti); la comunicazione tra i vari team, essenziale nel periodo di pandemia, e la collaborazione anche sugli aspetti più piccoli o sulle fasi iniziali, in particolare sui concept art, hanno fatto la differenza e portato al risultato che vediamo oggi. Non solo passione dunque, ma anche organizzazione, teamwork e una guida salda e proiettata al risultato finale, tutto da mostrare ancora (“abbiamo visto complessivamente meno del 30%”, sostiene Yoshida), tutti fattori che riconosciamo essere mancati allo sviluppo del precedente main chapter (FFXV) e che hanno invece rappresentato il successo della rinascita di FFXIV con A Realm Reborn.
Nella speranza che questi punti in comune coincidano con un eguale se non maggiore successo di Final Fantasy XVI, non resta che aspettare un mese prima di scoprire se Yoshida e il suo team saranno riusciti a far rinascere, dopo quella online, anche la vena single player di una delle serie di maggiore successo e longevità della storia dei videogiochi.
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