Si è finalmente sciolto un nodo spinoso riguardo a uno degli affari più grandi della storia dei videogiochi, ovvero l’eventuale fusione tra Microsoft e Activision Blizzard tramite acquisizione di quest’ultima da parte della prima, più volte questionata da vari organi antimonopolistici dei territori coinvolti con le zone di operazione principali delle due compagnie. Oggi, infine, dopo una lunga consulta e la proposta inderogabile di alcune condizioni specifiche, la Commissione dell’Unione Europea in materia di antitrust ha dato l’assenso all’accordo tra le due compagnie.
Si tratta di un ottimo risultato: la commissione ha giudicato che il “pericolo” dell’eventuale assenza o ritiro del grande catalogo Activision Blizzard dalla scena Sony PlayStation e Nintendo in seguito alla fusione non è probabile poiché l’esclusività alle macchine Microsoft sarebbe, se non controproducente per Microsoft stessa, non vantaggioso, o comunque non produrrebbe un effetto monopolio.
Giungono tuttavia degli accorgimenti richiesti, tra cui spicca la condizione che, in caso di fusione, sarà possibile utilizzare i giochi Activision Blizzard “su qualsiasi servizio di streaming di giochi cloud” per evitare un effettivo monopolio del sistema (ancora poco sfruttato, ma che potrebbe rappresentare il futuro prossimo del settore) del Cloud Gaming. Cloud Gaming che, di fatto, è uno degli scogli su cui si era arenata la discussione con la CMA, la commissione antitrust britannica.
Bobby Kotick, CEO di AB, ha espresso soddisfazione con un messaggio ufficiale, di cui vi riportiamo qualche stralcio:
Regolatori attenti in diversi altri paesi hanno già dato il loro beneplacito alla fusione. Unendosi a loro, la Commissione Europea ha dimostrato ancora una volta il loro approccio rigoroso, giusto e sensibile alla creazione di un’appropriata regolatoria che assicuri la competizione all’interno delle importanti crescite industriali.
Tuttavia questo non basta per procedere, dato che il consenso deve esserci da parte di tutti i regolatori dei mercati in cui si opera, e il gia citato CMA e l’FTC, il corrispondente statunitense, sono ancora contrari e non è detto che si sblocchino sulle loro posizioni, prima o poi.
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