Quello di cui gli astronomi sono stati testimoni è sicuramente una scoperta scientifica molto importante, che ci aiuta a capire meglio il ciclo di vita delle stelle e il loro impatto sui sistemi planetari, compreso il nostro. Questo fenomeno potrebbe anche anticipare il destino della Terra, quando il Sole diventerà una gigante rossa, tra circa cinque miliardi di anni. Un evento spettacolare e raro: una stella simile al Sole che si espande fino a divorare uno dei suoi pianeti.
Il ciclo di vita delle stelle e il loro impatto sui pianeti
Le stelle come il Sole passano per diverse fasi nel corso della loro esistenza. Per la maggior parte della loro vita, fondono l’idrogeno in elio nel loro nucleo caldo e denso, che permette alla stella di spingere contro il peso schiacciante dei suoi strati esterni. Le stelle sono in equilibrio idrostatico, cioè la pressione esercitata dalla gravità verso il centro è bilanciata dalla pressione esercitata dalla radiazione verso l’esterno. Questa radiazione è prodotta dalla fusione nucleare dell’idrogeno in elio nel nucleo della stella, che rilascia energia. Quindi, la fusione nucleare permette alla stella di spingere contro il peso dei suoi strati esterni e di mantenere il suo volume costante. Se la fusione nucleare si interrompesse, la stella collasserebbe sotto il suo stesso peso. Quindi, quando l’idrogeno nel nucleo si esaurisce, la stella inizia a fondere l’elio in carbonio e la fusione dell’idrogeno migra verso gli strati esterni della stella, facendoli espandere e trasformando la stella in una gigante rossa. Questa trasformazione, tuttavia, è una cattiva notizia per i pianeti del sistema planetario della stella. Quando la superficie della stella si espande, l’interazione di questi elementi scatena una spettacolare esplosione di energia e materiale che la porta ad inghiottire uno dei suoi pianeti. Questo processo frenerebbe anche la velocità orbitale del pianeta inghiottito, facendolo precipitare nella stella.
La scoperta di ZTF SLRN-2020
Questa ricerca conferma che quando una stella simile al Sole si avvicina alla fine della sua vita, si espande da 100 a 1000 volte la sua dimensione originale, finendo per inghiottire i pianeti interni del sistema. Si stima che tali eventi si verifichino solo poche volte all’anno nell’intera Via Lattea. Sebbene le osservazioni passate abbiano confermato le conseguenze dei fagottamenti planetari, gli astronomi non ne hanno mai colto uno in flagrante, fino ad oggi. Graie al telescopio Gemini South in Cile, gestito dal NOIRLab della NSF, è stato possibile osservarlo per la prima volta. Il telescopio ha rilevato una breve e intensa emissione ottica da una stella nella Via Lattea a circa 13.000 anni luce dalla Terra, denominata ZTF SLRN-2020. Questa radiazione è stata accompagnata da una luminosa e duratura emissione infrarossa, che indica la presenza di polvere prodotta dall’esplosione. I primi indizi di questo evento sono stati scoperti dalle immagini ottiche della Zwicky Transient Facility, un’indagine astronomica osservativa del cielo ad ampio campo che utilizza una fotocamera avanzata collegata al telescopio Samuel Oschin situato presso l’osservatorio di Monte Palomar in California, che ha poi confermato l’evento di inghiottimento.
Le implicazioni per il futuro della Terra
Questa scoperta ci offre una nuova prospettiva sul destino della Terra e degli altri pianeti interni del Sistema Solare. Si stima che tra circa cinque miliardi di anni, il Sole diventerà una gigante rossa e ingloberà Mercurio, Venere e probabilmente anche la Terra. Questo evento potrebbe generare un’esplosione simile a quella osservata in ZTF SLRN-2020, ma molto più energetica e luminosa. Gli astronomi ritengono che eventi di questo tipo siano molto rari nella nostra galassia, ma grazie alle future indagini del cielo potranno essere individuati con maggiore frequenza e precisione.
I dettagli dell’osservazione
L’esplosione dell’inghiottimento è durata circa 100 giorni e le caratteristiche della sua curva di luce, così come il materiale espulso, hanno permesso agli astronomi di capire la massa della stella e quella del pianeta inghiottito. Il materiale espulso consisteva in circa 33 masse terrestri di idrogeno e circa 0,33 masse terrestri di polvere. “Si tratta di altro materiale di formazione stellare e planetaria che viene riciclato, o espulso, a causa alla stella che ha divorato il pianeta”, ha detto Ryan Lau, astronomo del NOIRLab e coautore dello studio. Da questa analisi, il team ha stimato che la stella progenitrice ha una massa pari a circa 0,8-1,5 volte quella del nostro Sole e che il pianeta inghiottito ha una massa pari a 1-10 volte quella di Giove.
Le prospettive future
Ora che le firme di un inghiottimento planetario sono state identificate per la prima volta, gli astronomi hanno migliorato i parametri che possono utilizzare per cercare eventi simili che si verificano altrove nel cosmo. Ciò sarà particolarmente importante quando l’Osservatorio Vera C. Rubin entrerà in funzione nel 2025. Questo osservatorio, intitolato alla nota astronoma statunitense Vera Rubin, è un progetto federale della National Science Foundation (NSF) e del Dipartimento dell’Energia (DOE) degli Stati Uniti, in collaborazione con il Cile, paese dove si trova l’osservatorio. L’osservatorio effettuerà una campagna osservativa fotografando l’intera volta celeste notturna dell’emisfero australe visibile dal settentrione del Cile nel corso di 10 anni, fornendo dettagliatissime informazioni del cielo notturno non soltanto nello spazio ma anche nel tempo. “Penso che questi risultati abbiano qualcosa di straordinario che parla della transitorietà della nostra esistenza”, dice Lau. “Dopo i miliardi di anni che caratterizzano la vita del nostro sistema solare, la nostra fase finale si concluderà probabilmente con un ultimo lampo che durerà solo pochi mesi”.