La mirabolante ascesa della carne coltivata

foto credit: GILLIE HOUSTON

Dopo aver analizzato, con due articoli dedicati, l’argomento della biologia sintetica e i Novel Food, questo approfondimento abbraccia entrambi i temi e si concentra su uno dei prodotti più discussi in questo ambito: la carne coltivata. Da sottolineare che la dicitura giusta è “coltivata” e non sintetica poiché è una carne generata da cellule staminali animali che vengono coltivate in vitro, mentre invece per “sintetico” si intende tutto ciò che non proviene da cellule animali o vegetali. Come vedremo, non è un’opzione alimentare ideata ultimamente, le radici di questa idea sono ben più radicate nel passato anche se l’attenzione dei media è diventata travolgente quando è stato presentato il primo hamburger cresciuto in laboratorio nel 2013, in una conferenza stampa a Londra.

I progressi della tecnologia agricola e l’intensificazione dell’agricoltura animale aumentano i costi e il volume di produzione della carne. Nei Paesi sviluppati, quindi, la carne è relativamente poco costosa e accessibile. Sebbene sia vantaggiosa per soddisfare una parte dei consumatori, la produzione intensiva di carne comporta esternalità negative per la salute pubblica, l’ambiente e il benessere degli animali. In risposta, gruppi del mondo accademico e dell’industria stanno lavorando per migliorare le caratteristiche sensoriali della carne di origine vegetale e perseguono approcci nascenti attraverso la metodologia dell’agricoltura cellulare (cioè la carne basata sulle cellule, chiamata volgarmente carne sintetica). In questo articolo illustriamo la storia, i vantaggi e le sfide delle alternative di carne a base cellulare.

 

La domanda insostenibile

La produzione e il consumo di carne a livello mondiale continuano ad aumentare, poiché la domanda è spinta dalla crescita demografica, dal guadagno economico individuale e dall’urbanizzazione. Nel 2012, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO) ha previsto che la domanda mondiale di carne raggiungerà 455 milioni di tonnellate entro il 2050 (con un incremento del 76% rispetto al 2005). Allo stesso modo, si prevede che la domanda globale di pesce raggiungerà 140 milioni di tonnellate entro il 2050. La maggior parte di questa tendenza è attribuita ai Paesi a medio reddito (ad esempio, la Cina), poiché il consumo nei Paesi a più alto reddito è relativamente stagnante o marginalmente in calo (ad esempio, il Regno Unito) e nei Paesi a basso reddito il tasso di consumo è abbastanza costante (ad esempio, l’India). Questo schema è coerente con la teoria secondo cui la relazione tra consumo di carne e reddito segue un andamento a “U rovesciata“; il consumo inizialmente aumenta con l’aumento del reddito, ma alla fine raggiunge un punto di svolta in cui il consumo ristagna o diminuisce.

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Questo aumento della domanda è problematico, poiché gli attuali metodi di allevamento su larga scala sono legati a complicazioni per la salute pubblica, al degrado ambientale e al benessere degli animali. Per quanto riguarda la salute umana, l’industria dell’agricoltura animale è interconnessa con le malattie di origine alimentare, le patologie legate alla dieta, la resistenza agli antibiotici e le malattie infettive. In particolare, le malattie zoonotiche (quelle che dagli animali vengono trasmesse all’uomo, ad esempio il virus Nipah o l’influenzavirus A) sono legate all’intensificazione dell’agricoltura e gli impianti di produzione della carne; infatti, sono stati spesso hotspot per i focolai di COVID-19. L’allevamento animale contribuisce anche a problemi ambientali, tra cui le emissioni di gas serra, l’uso del suolo e dell’acqua. Il Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite ha pubblicato un rapporto del 2018 in cui afferma che le emissioni di gas serra devono essere ridotte del 45% entro il 2030 per evitare che le temperature globali aumentino di 1,5 °C; un obiettivo che potrebbe mitigare le catastrofi associate a un aumento di 2,0 °C. Le tecniche di mitigazione convenzionali includono miglioramenti nella riforestazione, nella conservazione del suolo, nella gestione dei rifiuti, nonché politiche fiscali, sussidi e regolamenti urbanistici. Sebbene queste strategie rimangano importanti, l’urgenza del cambiamento climatico potrebbe richiedere approcci più trasformativi. Infine, per quanto riguarda il benessere degli animali, ogni anno miliardi di animali vengono uccisi o soffrono direttamente (ad esempio, macellazione di animali da allevamento, pesca di frutti di mare) o indirettamente (ad esempio, catture accessorie, declino della fauna selvatica a causa della distruzione dell’habitat) in relazione ai sistemi alimentari umani. La maggior parte dei problemi citati può essere attribuita al fatto che la materia prima (cioè gli animali) per la produzione di carne convenzionale è intrinsecamente insalubre, inefficiente ma senziente. Eliminando gli animali dal processo di produzione, si possono alleviare diverse esternalità. Gli approcci alla carne a base vegetale (PBM) e alla carne a base cellulare (CBM) offrono la possibilità di generare alimenti da fonti in cui la carne è ottenuta da cellule muscolari o di grasso piuttosto che da carcasse di vacche, vitelli, agnelli, pecore, cavalli, maiali o polli interi. Sebbene esistano prove a sostegno di alcuni benefici di questi approcci rispetto alla carne di origine animale (ABM), è importante valutare in modo più completo gli impatti sulla salute umana e sull’ambiente man mano che i sistemi di produzione si evolvono. Inoltre,molti sostngono che l’adozione diffusa di questi prodotti richiederà benefici più diretti per il consumatore, come il gusto, il costo e la convenienza.

Come si è arrivati a coltivare la carne? Le tappe storiche

La CBM, detta anche carne in vitro, carne cresciuta in laboratorio o carne coltivata, è una carne prodotta coltivando cellule anziché allevando animali. La tecnologia CBM si basa sui progressi della biologia delle cellule staminali (ad esempio, cellule staminali pluripotenti indotte) e dell’ingegneria dei tessuti (ad esempio, innesti di muscolo scheletrico in vitro), originariamente destinati ad applicazioni mediche. Rimanendo sul pratico, la produzione di CBM coinvolge quattro componenti centrali:

  1. Isolamento e coltura di cellule muscolari e grasse,
  2. Formulazione di terreni di coltura privi di xeno,
  3. Sviluppo di scaffold (tradotto letteralmente in italiano: impalcatura) rappresentano la principale risorsa dell’ingegneria tissutale, la quale si occupa di ripristinare le funzionalità di tessuti e organi danneggiati. Si tratta di strutture artificiali con caratteristiche morfologiche nanometriche ingegnerizzate che emulano la matrice extracellulare (ECM) al fine di ospitare e sostenere le coltivazioni cellulari e favorirne la crescita fino all’ottenimento della rigenerazione del tessuto danneggiato.
  4.  Progettazione di bioreattori.

È interessante notare che invece, a livello meramente concettuale, la prima teorizzazione di carne coltivata può essere fatta risalire già al 1930, quando Frederick Smith, segretario britannico per l’India, immaginò la genesi di “bistecche che si riproducono da sole” reperibile in un estratto della sua raccolta di saggi The World in 2030 AD, che recita: “Non sarà più necessario fare lo stravagante sforzo di allevare un toro per poterne mangiare la bistecca. Da un unico vapore “genitore” di ottima tenerezza, sarà possibile far crescere una bistecca tanto grande e succosa quanto si possa desiderare”.

E poi, l’anno successivo, fu Sir. Wiston Churchill, che nel saggio del 1931 Fifty Years Hence, scrisse:

“Sfuggiremo all’assurdità di far crescere un pollo intero per mangiare il petto o l’ala, coltivando queste parti separatamente in un ambiente adatto”.

Negli ultimi decenni sono stati compiuti notevoli progressi che hanno interessato pensatori, accademici e imprenditori da ogni parte del mondo. Tra le pietre miliari più importanti vi sono il primo brevetto CBM depositato da Willem van Eelen nel 1999, la prima ricerca peer-reviewed sul pesce coltivato finanziata dalla NASA nel 2002 e il primo hamburger di manzo coltivato presentato dall’Università di Maastricht nel 2013. Oggi ci sono decine di start-up in tutto il mondo che lavorano per portare i prodotti CBM sul mercato.

Analizziamo alcuni di questi momenti:

Negli anni ’50 lo scienziato olandese Willem van Eelen ebbe l’idea: dopo la guerra, Van Eelen studiò psicologia all’Università di Amsterdam e, dopo aver assistito a una conferenza sulla conservazione della carne, gli venne in mente di coltivare la carne fuori dal corpo dell’animale, in laboratorio. Van Eelen non era vegetariano, ma si preoccupava molto del modo in cui gli animali venivano trattati e sentiva che “produrre carne senza infliggere dolore sembrava una soluzione naturale”. Dopo il diploma, frequentò la facoltà di medicina, dove entrò in contatto con ricercatori e biologi nella speranza di trasformare la sua idea in realtà. Abbandona la scuola dopo che uno dei suoi tutor gli disse che, se avesse preso sul serio la sua idea, avrebbe dovuto raccogliere fondi per finanziare la ricerca. Non si diede per vinto e, insieme alla moglie, gestì una serie di ristoranti e gallerie d’arte e risparmiò i soldi che gli avanzavano per destinarli allo sviluppo del suo progetto. Negli anni ’90, con l’aiuto di diversi investitori che credevano in lui, Van Eelen raccolse 750.000 dollari e depositò il suo brevetto nel 1999.
Un’altra circostanza storica sul tema è quella che interessa il patologo Russel Ross il quale, nel 1971, il quale si dedicò alla coltivazione in vitro delle fibre muscolari dell’aorta di un maialino d’India. E ancora, nel 1998 Jon F. Vein richiese e ottenne un brevetto negli Stati Uniti (US 6,835,390 B1) per la produzione di tessuti di carne artificiale per il consumo umano, dove cellule di muscoli e di grasso sarebbero state fatte crescere in un sistema di produzione integrato per creare prodotti alimentari come bistecche, polpette e pesce.

Nel 2001 il dermatologo Wiete Westerhof dell’Università di Amsterdam, il già citato Dott. Willem van Eelen, e l‘imprenditore Willem van Koten annunciarono di aver presentato la richiesta per un brevetto internazionale per un processo di produzione di carne coltivata. Nel processo, in una matrice di collagene vennero innestate cellule muscolari, messe a bagno in una soluzione nutritiva e indotte a dividersi. I ricercatori di Amsterdam si occuparono di studiare il mezzo di coltura, mentre all’Università di Utrecht si dedicarono alla proliferazione delle cellule muscolari e all’Università della Tecnologia di Eindhoven vennero cercati i bioreattori. Nel 2005 i quattro hanno pubblicato il primo articolo peer-reviewed sull’argomento, apparso nel numero di “Tissue Engineering”. Nello stesso anno, la NASA produsse carne coltivata da cellule di tacchino con lo scopo di consentir alimentazione carnivora ai suoi astronauti. Comunque, il primo esempio commestibile è stato prodotto dallo NSR/Tuoro Applied BioScience Research Consortium nel 2002: cellule di pesce rosso fatte crescere fino a formare filetti.

Nel 2003 Oron Catts e Ionat Zurr, del Tissue Culture and Art Project e l’Harvard Medical School, hanno esibito a Nantes una “bistecca”, larga qualche centimetro, prodotta attraverso cellule staminali della rana, che è stata cucinata e mangiata. L’obiettivo era quello di avviare una conversazione sull’etica circa la CBM: “è mai stata viva?”, “è mai stata uccisa?”, “è in qualche modo irrispettoso nei confronti di un animale gettarla via?
All’inizio degli anni 2000, lo studente americano di salute pubblica Jason Matheny si recò in India e visitò un allevamento di polli di allevamento intensivo. Rimase sconvolto dalle pratiche in quel sistema. In seguito, collaborò con tre scienziati coinvolti negli sforzi della NASA. Nel 2004, Matheny ha fondato New Harvest per incoraggiare lo sviluppo di CBM finanziando la ricerca. New Harwest vanta ad oggi più di 10 milioni dollari raccolti ($10.433.854, per la precisione) e 1106 donatori.

Nel 2008 la PETA (People for the Ethical Treatment of Animals) ha offerto un premio di 1 milione di dollari per la prima azienda che avesse fornito ai consumatori- entro il 2012 – carne di pollo coltivata.  Il concorrente doveva completare due compiti per ottenere il premio:

– produrre un prodotto a base di carne di pollo coltivata che fosse indistinguibile dal pollo reale;
– produrre il prodotto in quantità sufficienti per essere venduto in modo competitivo in almeno 10 Stati.

Il concorso è stato successivamente prorogato fino al 4 marzo 2014. Alla fine, il termine è scaduto senza un vincitore.

In Vitro Meat Consortium, un gruppo formato da ricercatori internazionali interessati alla tecnologia, ha tenuto la prima conferenza internazionale sulla produzione di carne in vitro, ospitata al “Food Research Institute” della Norvegia nell’aprile 2008, per discutere le possibilità commerciali. La rivista Time ha dichiarato che la produzione di carne coltivata sarebbe stata una delle 50 idee rivoluzionarie del 2009. A novembre 2009, ricercatori olandesi hanno annunciato di essere riusciti a far crescere carne in laboratorio utilizzando cellule di un maiale vivo. Nel 2012, 30 laboratori in tutto il mondo annunciavano che stavano lavorando sulla carne coltivata.

Il 27 aprile 2022 la Commissione Europea ha approvato la richiesta di raccolta firme per l’iniziativa dei cittadini europei End The Slaughter Age (Tradotto letteralmente: Porre fine all’era della macellazione) per spostare i sussidi dalla zootecnia all’agricoltura cellulare e riconvertire allevamenti e macelli. «Eliminare le gabbie negli allevamenti era il punto di partenza di una riflessione più ampia. Adesso chiediamo di abolire l’allevamento e la macellazione animale grazie ad alternative etiche ed ecologiche come la carne coltivata. Il tentativo del Governo italiano di limitare le nuove tecnologie non fa l’interesse di cittadine ma dei gruppi di potere. Sembra che lo slogan sia cambiato: non è più prima gli italiani, ma prima la lobby». Così Filippo Borsellino ha commentato a Kodami il progetto End The Slaughter Age mentre in Italia il governo, con il contenuto del Disegno di Legge approvato in Consiglio dei ministri sul divieto di produzione e di immissione sul mercato di alimenti e mangimi sintetici, inserisce multe fino a 60 mila euro per fermare la produzione e la commercializzazione di carne sintetica. End The Slaughter Age ha ricevuto già 300mila firme e raggiunto il quorum in Danimarca, Germania, Finlandia e Francia. “In Italia il quorum è 55 mila firme” aggiunge Borsellino – E siamo a buon punto, ma adesso arriva il momento più difficile, dato che il termine per firmare sarà il 5 giugno (data che coincide con il National Animal Rights Day). L’Italia è il quinto paese in proporzione, e il terzo per numero di firme assolute. Il quorum si può raggiungere se ognuno fa la sua parte“. I banchetti per la raccolta firme saranno presenti nelle principali piazze italiane, ma gli organizzatori invitano a firmare online sul sito di End The Slaughter Age.

Il Professore di hamburger

Come accennato nelle tappe storiche che hanno portato alla realizzazione pratica di questo alimento rivoluzionario, uno dei personaggi principali della fiaba è sicuramente Marcus Johannes “Mark” Post, farmacologo olandese che è stato professore di fisiologia vascolare presso l’Università di Maastricht e (fino al 2010) e professore di angiogenesi in ingegneria tissutale presso l’Università di Tecnologia di Eindhoven. Il 5 agosto 2013 è stato il primo al mondo a presentare una prova di concetto per la carne coltivata. Nel 2020, è stato elencato da Prospect come il nono più grande pensatore per l’era COVID-19. Il prof. Post è ancora un professore all’UM in cui dà lezioni di fisiologia ai suoi studenti, anche se l’80% del suo tempo è dedicato a rispondere alla domanda: “Come possiamo produrre hamburger su larga scala in un ambiente industriale, senza dover macellare animali?” o “Come garantire che in futuro ci sia cibo sufficiente e prodotto in modo responsabile per la crescente popolazione mondiale, senza danneggiare l’ambiente?”.  È con queste domande che nel 2013 ha sconvolto tutta l’opinione pubblica quando ha presentato il primo hamburger “cresciuto in laboratorio” in una conferenza stampa a Londra. Post non è certamente il fondatore o l’ideatore della carne coltivata, ma uno dei suoi meriti è stato quello di trovare un’ottima formula di comunicazione, quasi una campagna di marketing, ed è stata questo che ha veramente interessato e attratto tutta l’opinione pubblica. Al tutto si aggiunge l’ambizione e gli sforzi per portare avanti il suo progetto, cercando di migliorare continuamente la formula di produzione della CBM con un unico grande obiettivo: renderla disponibile commercialmente su larga scala. In realtà, per il professore non mai stato tutto semplice.

Nel 2006 Post e il tecnico alimentare Peter Verstrate si sono incontrati per la prima volta, grazie a un programma finanziato dal governo che esplorava le opportunità della carne coltivata. Dopo la conclusione del programma, i due hanno continuato a cercare di trasformare gli hamburger “sostenibili” in realtà. Nel 2009 lui e un altro gruppo di ricercatori olandesi dichiararono pubblicamente di essere riusciti a far crescere carne in laboratorio utilizzando cellule prelevate da un maiale vivo. La reazione del governo olandese fu quella di tagliare le sovvenzioni per lo sviluppo della carne coltivata nelle università di Utrecht, Amsterdam ed Eindhoven, mettendo a rischio il ruolo di leader internazionale in materia di CBM che i Paesi Bassi si erano guadagnati fino a quel momento. Questo però non è servito a fermare l’ambizione di Post e del suo gruppo; infatti, l’Università di Maastricht riuscì ad attirare un investitore straniero anonimo (che nel 2013 si è rivelato essere il cofondatore di Google Sergey Brin) e a riprendere la ricerca. Nel dicembre 2011, Post e il suo team annunciarono di voler condurre un esperimento pratico sulla produzione di carne coltivata in laboratorio. Il costo del primo hamburger in vitro al mondo, da loro prodotto, è stato di 250.000 euro. Alla fine, come già accennato, è stato presentato al pubblico, cucinato e mangiato il 5 agosto 2013 in una conferenza stampa a Londra. Lo scienziato nutrizionista austriaco Hanni Rützler ha giudicato l’hamburger simile alla carne, anche se non così succoso.

Nel giugno 2013 e nell’ottobre 2015, Post ha affermato che in futuro sarebbe stato possibile per i cittadini stessi coltivare la propria carne a casa in un periodo di 7-9 settimane. Sempre nell’ottobre 2015, Post e il tecnologo alimentare Verstrate hanno annunciato il lancio della loro nuova società Mosa Meat, che aveva come obiettivo quello di portare la carne coltivata sul mercato nel 2020. A partire dall’aprile 2017, il team di Post ha sperimentato vasche da 25.000 litri in cui far crescere la carne. Gli scienziati stavano cercando un’alternativa al siero di vitello fetale (un sottoprodotto dell’agricoltura animale) in cui far crescere le cellule per poter operare indipendentemente dalla normale industria della carne. Ci sono, ovviamente, diversi aspetti in quello che può essere definito il lavoro della sua vita. Che si tratti del benessere degli animali, dell’ambiente o dell’alimentazione: tutto è racchiuso nell’hamburger di carne in vitro, per questo si è guadagnato il soprannome di “Professore di Hamburger” rimanendo sempre un accademico e il Chief Scientific Officer dell’azienda leader nella produzione di CBM da lui co-fondata.

Dalla produzione su piccola scala a un “birrificio” di carne su larga scala
Nel 2016 sono state raggiunte tappe tecniche cruciali, come l’aggiunta di grassi, l’eliminazione di componenti animali (il siero bovino) dal processo produttivo e la riduzione dei costi. Nel 2018 diverse aziende hanno deciso di investire – per un totale di 7,5 milioni di euro– in Mosa Meat. Da allora sono stati assunti quattordici nuovi dipendenti, soprattutto scienziati, come bioingegneri e biologi cellulari. Insieme a Post, hanno lavorato in team per scalare la tecnologia di produzione. A Maastricht è stato affittato un edificio in cui è possibile allestire una “birreria” di carne su larga scala. Nel 2019, Post si poneva l’obiettivo di passare da 5-10 chili a settimana di carne prodotta entro la fine dell’anno, a 50 chili a settimana in un anno e mezzo o due. “Stimo che in due anni e mezzo potremo produrre a un prezzo tale da renderlo interessante per i ristoranti più esclusivi“, diceva Post.

Da 200.000 a 9 euro per hamburger
Il primo hamburger di manzo coltivato costava 250.000 dollari nel 2013; nel 2019, il prezzo era di circa nove euro per hamburger. “È ancora molto più costoso di un normale hamburger al supermercato e il nostro obiettivo è quello di portarlo al di sotto di quel prezzo“. Non oso dire con certezza in quanto tempo ciò avverrà e quindi sarà disponibile per il consumatore sul mercato. Cinque anni fa avevo detto 10-15 anni, ma ora che anche tante altre aziende ci stanno lavorando, anche questo può influire sull’andamento dei prezzi“.

Nessuna concorrenza in un mercato globale

Anche l’animalista americano Paul Shapiro, che descrive ampiamente la storia di Post nel suo libro Clean Meat, afferma che è difficile fare previsioni. In una recente intervista ha parlato di una gara tra America e Cina per chi arriva prima al supermercato con la carne coltivata. “Non sento questa lotta”, afferma ancora Post in modo pragmatico. “Il mercato per questo prodotto è enorme. E allo stesso tempo, i produttori di carne bovina come i nostri sono ancora una minoranza“.

Dopo l’hamburger: le costine coltivate
Il fatto che Post abbia iniziato con la coltivazione di hamburger è dovuto, come dicevamo, al primo investitore in questo progetto, il capo di Google Sergey Brin. Egli vedeva più potenziale negli hamburger che nelle salsicce di maiale (preferite da Post). La leggenda narra che gli scienziati stavano già sognando una conferenza stampa con salsicce da far assaggiare ai giornalisti cresciute dalle cellule di un maiale che volevano far partecipare alla conferenza, facendolo pascolare beatamente tra i partecipanti. Ma non è andata esattamente così.

Fake meat grown in labs is heralded as the eco-friendly future of food | Daily Mail Online

Una caratteristica del professore degli hamburger è sicuramente l’ambizione e il volersi migliorare costantemente. Parlando delle migliorie che si sarebbero dovute apportare alla sua carne coltivata, dichiarò:
Mi piace inventare cose nuove veramente utili e non il colore che deve avere la confezione per il nostro prodotto. Continuerò a lavorare per migliorare il processo“. L’intenzione primaria era quella di far crescere la prossima versione degli hamburger in un liquido non animale. Da quando, 130 anni fa, è stata avviata la coltivazione di cellule esterne al corpo, è stato utilizzato il siero proveniente dalle vacche. Per ottenere questo siero è necessario macellare il bovino. “Per questo motivo non è ancora rispettoso degli animali. Ci sono alternative e sappiamo già come farlo, ma il processo non è ancora ottimale“. Spoiler: nel 2019 la Mosa Meat è riuscita a definire un terreno di coltura senza siero derivante da animali, definito “animal friendly serum”. Il siero fetale bovino (FBS) veniva utilizzato nel settore come integratore per l’alimentazione delle cellule (noto anche come terreno di coltura cellulare) grazie alla sua ricchezza di nutrienti e fattori di crescita. “Tuttavia, non è etico né sostenibile utilizzare questo componente animale e i nostri fondatori si sono impegnati a eliminare l’FBS dal nostro processo nel 2016”, dichiara Post. “Nel 2022 i nostri ricercatori di Mosa Meat hanno condiviso un articolo, sottoposto a revisione paritaria, sulla differenziazione muscolare in terreni privi di siero. Ora siamo lieti di condividere anche il documento complementare sulla coltivazione del grasso senza FBS. In questo documento, condividiamo la ricetta per coltivare il grasso di manzo completamente maturo senza FBS con un protocollo semplice e in un’unica fase che utilizziamo dal 2020. Il metodo è dimostrato per le cellule di bovino, ma può essere applicato anche ad altre specie, tra cui pecore e maiali.”

Mark Post è un uomo in missione che va al lavoro in bici e rimane attaccato alle sue radici
Post lavora ogni giorno su questi punti di svolta, insieme a tutti gli altri problemi che comporta una start-up. Il fatto che operi separatamente dai suoi colleghi accademici o che la scienza applicata che sta utilizzando sia meno apprezzata da alcuni, rispetto alla scienza fondamentale “pura” non lo preoccupa. “Questo progetto è decollato con me. Ho lasciato che ciò accadesse consapevolmente e sono in pace con questo. Ho un obiettivo e lo perseguo: fare hamburger per un obiettivo di sostenibilità ha lo stesso valore che fare vasi sanguigni per le persone“. Oggi Post non è solo uno scienziato ma anche il direttore di Mosa Meat. E no, non è vegetariano. Davanti all’ingresso della sua start-up, in un parco commerciale di Maastricht, i dipendenti (la maggior parte dei quali sono giovani accademici con un master o un dottorato), pranzano insieme. Il personale è composto da 65 persone e le altre 35 posizioni riguardano lo sviluppo, gli acquisti e le risorse umane.
Oltre a essere una grande organizzazione, Mosa Meat è ora anche una realtà commerciale internazionale, con 23 nazionalità rappresentate in azienda. “Non abbiamo problemi a trovare persone. A qualcuno di Madrid non importa se hai sede a Maastricht, Eindhoven o Amsterdam. Per me Maastricht è comoda perché mi piace andare al lavoro in bicicletta e non voglio spostarmi. Anche se tutto è iniziato qui all’università e al Brightlands Maastricht Health Campus, la vicinanza dell’istituzione diventa meno importante man mano che l’azienda cresce e sviluppa la propria capacità di ricerca. Ad esempio, ora abbiamo un nostro laboratorio. Questa azienda potrebbe esistere ovunque, ma vorremmo che rimanesse qui a Brightlands“.

Economia

Purtroppo, non è tutto oro quello che luccica e Post lo sa molto bene. L’impatto economico di questo prodotto è la sua più grande sfida, perché l’obiettivo è rivoluzionare l’alimentazione a livello mondiale e sa bene che deve puntare molto sul prezzo poiché la domanda di carne è in crescita anche in paesi con un reddito molto basso. Insomma, la fattibilità economica è un ostacolo significativo alla commercializzazione della CBM. L’hamburger di manzo coltivato dall’Università di Maastricht nel 2013 sarebbe costato tra i 250.00 e i 280.400 dollari (2.470.000 dollari/kg). Il processo di produzione ha coinvolto tre ricercatori che hanno utilizzato tecniche su scala industriale per coltivare 20.000 fibre muscolari nell’arco di tre mesi ed è servito come proof-of-concept piuttosto che come tentativo di produzione su scala.

Nel 2008, The In Vitro Meat Consortium stimava che, modellando i costi del capitale e del mezzo di crescita sulla base dei dati relativi alla produzione di proteine monocellulari, la CBM potrebbe costare circa il doppio del pollo. Nel 2014, uno studio che ipotizzava i fattori tecnici, sociali ed economici della produzione di CBM su piccola scala ha calcolato un intervallo di costi compreso tra 11 e 520 dollari/kg, a seconda del prezzo del terreno di coltura. La coltura cellulare di invertebrati (ad esempio, insetti e crostacei) potrebbe rappresentare una piattaforma più efficiente in termini di costi per la produzione di CBM, grazie alle proprietà uniche delle cellule di insetto (ad esempio, terreno di crescita privo di xeno, coltura in sospensione ad alta densità). Alcune aziende stanno puntando su prodotti di alto valore (ad esempio, foie gras, tonno rosso, carne di canguro) per abbassare la soglia della parità di prezzo. È interessante notare che un recente studio sull’accettazione da parte dei consumatori, condotto nei Paesi Bassi, ha riportato che il 58% dei partecipanti era disposto a pagare un sovrapprezzo del 37% per la carne bovina basata su cellule rispetto alla carne animale convenzionale.

L’opinione della FAO e l’accordo con Nutreco per scalare la produzione

Appena la carne coltivata si è trasformata in una realtà commercializzabile su larga scala, alcuni enti regolatori si sono accorciati le maniche per fare le loro valutazioni in merito. La supervisione della CBM comporta la regolamentazione e il monitoraggio della produzione, del confezionamento, dell’etichettatura e della commercializzazione. Negli Stati Uniti, è regolamentata congiuntamente dalla FDA e dal Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti (USDA), in base a una decisione annunciata dai dipartimenti nel 2019. La FDA regolerà l’isolamento, lo stoccaggio, la crescita e la maturazione delle cellule. Dopo il prelievo di cellule e tessuti, controllerà i prodotti durante il resto del processo di commercializzazione e supervisionerà l’etichettatura. I materiali di supporto rientrano nelle disposizioni della FDA sugli additivi alimentari e tali sono considerati, il che vuol dire che sono sottoposte alla regolamentazione per gli additivi. Anche se i  i sistemi attuali sono meglio di niente, sarà comunque necessario implementare nuove procedure di regolamentazione, dato che la tecnologia continua a progredire. Una seconda preoccupazione in merito ai regolamenti riguarda l’accuratezza dell’etichettatura. Analogamente al dibattito sull’etichettatura delle Plant Based Meat (gli hamburger di soia o tofu, per intenderci), si sta cercando di impedire che i prodotti a base di cellule siano etichettati come “carne “. Sulla base del Federal Meat Inspection Act (Legge federale sull’ispezione delle carni), che si riferisce alla carne come a “qualsiasi prodotto… costituito in tutto o in parte da carne o da una parte della carcassa“, potrebbe essere giustificato che la CBM mantenga la sua dicitura. Infatti, il North American Meat Institute afferma che i prodotti a base di cellule possono rientrare nella definizione di “carne” o “sottoprodotto di carne ” per altri assolutamente no perchè è considerata una “replica” di laboratorio di parti di animali. Per quanto riguarda l’Europa, la regolamentazione della carne in vitro segue il percorso del regolamento dell’Unione Europea sui nuovi alimenti, i famosi Novel Food che hanno impaurito tutti con l’introduzione nella lista di alimenti costituiti da parti di farine macinate di insetti.

Il Programma di consulenza scientifica FAO/OMS ha recentemente lanciato una nuova pubblicazione intitolata “Aspetti di sicurezza alimentare degli alimenti basati su cellule”. Il documento comprende una sintesi della letteratura sulle questioni terminologiche rilevanti, sui principi dei processi di produzione di alimenti a base cellulare e sul panorama globale dei quadri normativi per la produzione di alimenti a base cellulare. Sono stati inclusi casi di studio di Israele, Qatar e Singapore, per evidenziare i diversi ambiti, strutture e contesti dei rispettivi quadri normativi per questo tipo di alimenti.  Il rapporto offre informazioni accurate e conoscenze scientifiche sulla produzione di alimenti a base cellulare alle autorità dei Paesi a basso e medio reddito, per consentire loro di adottare le necessarie misure normative.

Post ha commentato il documento con un post Instagram dal canale della sua Azienda: “Questo rapporto FAO rappresenta un passo avanti verso gli standard internazionali che avevamo previsto quando, nel 2013, abbiamo fatto conoscere al mondo la carne coltivata. Il gruppo tecnico della FAO ha identificato le aree credibili in cui i rischi per la sicurezza possono essere valutati e affrontati nella produzione di alimenti coltivati. Hanno valutato gli scenari non scientifici diffusi tra i detrattori dell’agricoltura cellulare e li hanno ritenuti talmente improbabili da non meritare ulteriori discussioni. In breve, i rischi per la sicurezza alimentare della carne coltivata sono simili a quelli della carne convenzionale e possono essere contenuti attraverso una corretta manipolazione e analisi come per la carne convenzionale”.

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Quel passo in più verso la commercializzazione

Il 2 Marzo 2023 la Mosa meet ha annunciato di aver firmato un accordo con il loro partner e investitore Nutreco per collaborare alla creazione di una catena di approvvigionamento di mangimi cellulari.
L’ottimizzazione dei costi e dei componenti dei mangimi per le cellule è stata ampiamente considerata una sfida fondamentale da superare affinché la nascente industria della carne coltivata possa raggiungere la fase di commercializzazione. Gli scienziati coinvolti hanno confermato che un terreno di coltura di base (mangime cellulare) formulato con ingredienti di grado alimentare – anziché farmaceutico- ha le stesse prestazioni a un costo sostanzialmente inferiore, un passo fondamentale per sviluppare ulteriormente la catena di approvvigionamento dell’agricoltura cellulare. I componenti chiave del mangime cellulare sono aminoacidi, minerali, vitamine e glucosio. In recenti esperimenti, le cellule di manzo a maturazione completa alimentate con questi sostituti di grado alimentare hanno mostrato una densità cellulare simile a quella delle cellule alimentate con materiale di grado farmaceutico.

La nostra partnership con Nutreco rappresenta il nostro impegno a sviluppare ulteriormente la filiera dell’agricoltura cellulare e a ridurre i costi“, ha dichiarato Maarten Bosch, CEO di Mosa Meat. “I nostri risultati scientifici sono una novità assoluta per il settore, in quanto dimostrano che gli ingredienti di grado alimentare sono equivalenti a quelli di grado farmaceutico nei mangimi cellulari. Questo rappresenterà un significativo risparmio sui costi quando scaleremo la produzione“.

Lo sviluppo industriale su scala mondiale

Tra il 2011 e il 2017 sono state lanciate molte startup di carne coltivata.  UPSIDE foods, una startup della Silicon Valley fondata da un cardiologo, ha lanciato un video nel febbraio 2016 che mostrava la sua polpetta di manzo coltivata. Nel marzo 2017 ha presentato le sue creazioni culinarie di pollo e l’anatra all’arancia, il primo pollame coltivato mostrato al pubblico. UPSIDE foods è stata in seguito oggetto del documentario Meat the Future del 2020. Nel marzo 2018 Eat Just (fondata nel 2011 come Hampton Creek a San Francisco, in seguito nota come Just, Inc.) ha affermato di essere in grado di offrire un prodotto di consumo a base di carne coltivata. Nel 2021 ha annunciato di aver aperto una fabbrica di CBM nel Qatar.

The clean meat industry is racing to ditch its reliance on foetal blood | WIRED UK

Nel 2019 Aleph farm ha collaborato con 3D Bioprinting Solutions per coltivare la carne sulla Stazione Spaziale Internazionale. Ciò è stato fatto estrudendo cellule di carne su uno scaffold utilizzando una stampante 3D.  Nell’agosto 2019, cinque startup americane hanno annunciato la formazione dell’Alliance for Meat, Poultry & Seafood Innovation (AMPS Innovation), una coalizione che cerca di lavorare con le autorità di regolamentazione per creare un percorso di commercializzazione per la carne e i frutti di mare coltivati. Tra i membri fondatori figurano le già citate Just inc., UPSIDE food e  Finless Foods, BlueNalu (che fa anche il sushi) e Fork & Goode. Analogamente, nel dicembre 2021, un gruppo di 13 aziende europee e israeliane (Aleph Farms, Bluu Biosciences, Cubiq Foods, Future Meat, Gourmey, Higher Steaks, Ivy Farm, Meatable, Mirai Foods, Mosa Meat, Peace of Meat, SuperMeat e Vital Meat) ha fondato Cellular Agriculture Europe, un’associazione con sede in Belgio che ha cercato di “trovare un terreno comune e parlare con una voce condivisa per il bene dell’industria, dei consumatori e delle autorità di regolamentazione“.

Anche se Mosa Meat è leader nel settore, non è l’unica che innova: la startup olandese Meatable, ha riferito nel settembre 2018 di essere riuscita a coltivare carne utilizzando cellule staminali pluripotenti provenienti da cordoni ombelicali animali. Sebbene tali cellule siano difficili da lavorare, Meatable ha affermato di essere in grado di indirizzarle a comportarsi in modo da diventare cellule muscolari o grasse a seconda delle necessità. Il vantaggio principale è che, anche questa carne viene prodotta con una tecnica che evita il siero fetale bovino.

 

La Tecnica di coltivazione della carne ingegnerizzata

Schematic of cultured meat production | Download Scientific Diagram

Ma come è possibile che da una singola biopsia fatta a un animale si riescano a produrre kg di hamburger? L’agricoltura cellulare innanzitutto è un processo che richiede linee cellulari, generalmente cellule staminali. Le cellule staminali sono cellule indifferenziate che hanno il potenziale per diventare molti o tutti i tipi di cellule specializzate richieste. Le cellule staminali, dette totipotenti, hanno la capacità di differenziarsi in tutti i diversi tipi di cellule presenti nell’organismo, tranne quelle della placenta. Una volta stabilite le linee cellulari, queste vengono isolate dal tessuto animale prelevato tramite biopsia, immerse in un terreno di coltura per indurle a proliferare. I terreni di coltura sono in genere formulati a partire da terreni di base che forniscono alle cellule i carboidrati, i grassi, le proteine e i sali necessari. Una volta che una cellula ne consuma una quantità sufficiente, si divide e la popolazione aumenta esponenzialmente. I terreni di coltura possono essere integrati con additivi, ad esempio i sieri (il famoso siero bovino sopracitato, che però sta cadendo in disuso), che forniscono ulteriori fattori di crescita. I fattori di crescita possono essere proteine secrete o steroidi, fondamentali per la regolazione dei processi cellulari. Una volta iniziata la differenziazione, le fibre muscolari iniziano a contrarsi e a generare acido lattico. La capacità delle cellule di assorbire i nutrienti e di proliferare dipende in parte dal pH del loro ambiente. Quando l’acido lattico si accumula nei terreni di coltura, l’ambiente diventa progressivamente più acido e scende al di sotto del pH ottimale. Di conseguenza, i terreni di coltura devono essere rinfrescati frequentemente. Questo aiuta a migliorare la concentrazione di nutrienti dal terreno di coltura di base. Il tessuto muscolare viene sviluppato nel terreno di coltura e viene spinto a crescere assumendo una certa forma, su strutture tridimensionali, praticamente delle impalcature di bio materiale, ultimamente stampate con stampanti 3D. Nel caso di prodotti strutturati a base di carne – prodotti che sono caratterizzati dalla loro configurazione complessiva e dal tipo di cellule – le cellule devono essere seminate sugli scaffold. Gli scaffold sono essenzialmente stampi che riflettono e incoraggiano le cellule a organizzarsi in una struttura più grande.

For Cultured Meat, Scaffolding is the Next Big Hurdle. Could LEGOs Hold the Answer?

Quando le cellule si sviluppano in vivo, sono influenzate dalle loro interazioni con la matrice extracellulare (ECM). La ECM è la rete tridimensionale di glicoproteine, collagene ed enzimi responsabili della trasmissione di segnali meccanici e biochimici alla cellula. Gli scaffold devono simulare le caratteristiche della matrice extracellulare, ovvero:

  1. La porosità: i pori sono minuscole aperture sulla superficie dello scaffold. Possono essere creati sulla superficie del biomateriale per rilasciare componenti cellulari che potrebbero interferire con lo sviluppo del tessuto. Inoltre, favoriscono la diffusione di gas e sostanze nutritive verso gli strati più interni delle cellule aderenti, impedendo la formazione di un “centro necrotico”. Il centro necrotico è un fenomeno in cui le cellule che non sono a diretto contatto con il terreno di coltura muoiono per mancanza di nutrienti.
  2. La Vascolarizzazione e le proprietà biochimiche: Il tessuto vascolare forma topografie naturali che forniscono un modo a basso costo per promuovere l’allineamento delle cellule, replicando lo stato fisiologico naturale dei mioblasti (cellula muscolare embrionale da cui deriva la fibra muscolare). Può anche contribuire allo scambio di gas e nutrienti.
  3. La Cristallinità e Degradazione: Il grado di cristallinità di un materiale determina qualità come la rigidità. Un’elevata cristallinità può essere attribuita al legame idrogeno, che a sua volta aumenta la stabilità termica, la resistenza alla trazione (importante per mantenere la forma dell’impalcatura), la ritenzione idrica (importante per l’idratazione delle cellule). Alcuni materiali si degradano in composti benefici per le cellule, anche se la degradazione può essere irrilevante o dannosa. La degradazione consente di rimuovere facilmente l’impalcatura dal prodotto finito, lasciando solo il tessuto animale, aumentando così la somiglianza con la carne in vivo. Questa degradazione può essere indotta dall’esposizione a determinati enzimi che non hanno alcun impatto sul tessuto muscolare.
  4. La Commestibilità: se le impalcature non possono essere rimosse dal tessuto animale, devono essere commestibili per garantire la sicurezza dei consumatori. Sarebbe vantaggioso se fossero realizzati con ingredienti nutrienti, infatti già dal 2010 sono nati gruppi di ricerca accademici e aziende per identificare materie prime che abbiano le caratteristiche di scaffold adatti.
  5. Il collagene: il collagene è una famiglia di proteine che costituisce la struttura primaria del tessuto connettivo umano. È tipicamente derivato da fonti bovine, suine e murine. L’agricoltura cellulare supera questa dipendenza grazie all’uso di organismi transgenici in grado di produrre le ripetizioni aminoacidiche che compongono il collagene. Il collagene esiste naturalmente come collagene di tipo I. È stato prodotto in forma di idrogel poroso, compositi e substrati con caratteristiche topografiche e proprietà biochimiche. Sono stati prodotti tipi sintetici di collagene attraverso la produzione di proteine ricombinanti: collagene di tipo II e III, tropoelastina e fibronectina. Una sfida con queste proteine è che non possono essere modificate dopo la traduzione. Tuttavia, nei microbi è stata isolata una proteina fibrillare alternativa che non possiede le caratteristiche biochimiche del collagene, ma ha una sua personalizzazione genica. Uno dei punti focali della produzione di collagene ricombinante è l’ottimizzazione della resa, ovvero la possibilità di produrlo nel modo più efficace. Le piante, in particolare il tabacco, sembrano l’opzione migliore, ma anche i batteri e il lievito sono alternative valide.
  6. I Nanomateriali: I nanomateriali presentano proprietà uniche su scala nanometrica. La Biomimetic Solutions di Londra sta sfruttando i nanomateriali per creare impalcature. Cass Materials di Perth, Australia, sta utilizzando una fibra alimentare chiamata Nata de Coco (derivata dalle noci di cocco) per creare spugne di nanocellulosa per la sua impalcatura. Il Nata de Coco è biocompatibile, ha un’elevata porosità, facilita l’adesione delle cellule ed è biodegradabile.
  7. Fabbricazione additiva: un altro modo proposto per strutturare il tessuto muscolare è la fabbricazione additiva. Questa tecnica è stata perfezionata per applicazioni industriali nella produzione di oggetti in plastica, nylon, metallo, vetro e altri materiali sintetici. La variante più comune del processo prevede il deposito incrementale di un filamento a strati su un letto fino al completamento dell’oggetto. Questo metodo si presta molto probabilmente meglio all’applicazione di carne coltivata rispetto ad altri tipi come il binder jetting, il material jetting o la stereolitografia che richiedono un tipo specifico di resina o polvere. Un filamento di cellule muscolari può essere stampato in una struttura destinata ad assomigliare a un prodotto finito a base di carne, che può poi essere ulteriormente elaborato per la maturazione cellulare. Questa tecnica è stata dimostrata in una collaborazione tra le soluzioni di bioprinting 3D e Aleph Farms che ha utilizzato la produzione additiva per strutturare le cellule di tacchino sulla Stazione Spaziale Internazionale. Il bioprinting 3D è stato utilizzato per produrre carne coltivata simile a una bistecca, composta da tre tipi di fibre cellulari bovine e con una struttura di fibre cellulari assemblate simile alla carne originale.

Bioreattori

Future Meat Technologies Bioreactor to Produce Substitutes for American Diners - Bloomberg

Gli stampi sono collocati all’interno di bioreattori per consentire la crescita e la specializzazione delle cellule. I bioreattori sono grandi macchine simili a serbatoi di birra che espongono le cellule a una grande varietà di fattori ambientali necessari per promuovere la proliferazione o la differenziazione. La temperatura del bioreattore deve replicare le condizioni in vivo. Nel caso delle cellule di mammifero, ciò richiede un riscaldamento a 37 °C. In alternativa, le cellule di insetto possono essere coltivate a temperatura ambiente. La maggior parte dei bioreattori viene mantenuta al 5% di anidride carbonica. Le cellule possono essere coltivate in sistemi continui o in fed-batch. Il primo comporta l’inoculazione e la raccolta di cellule in un processo costante, in modo che ci siano sempre cellule presenti nel bioreattore. I sistemi fed-batch prevedono, invece, l’inoculo delle cellule, la loro coltura e la loro raccolta in un unico periodo. Esistono diversi tipi di bioreattori e la ricerca si sta concentrando sempre di più sullo studio di questo elemento chiave per la buona riuscita di un prodotto CBM. Tra i bioreattori più utilizzati industrialmente, esistono:

  • i bioreattori a serbatoio agitato, che rappresentano la configurazione più utilizzata. Sono caratterizzati da strisce di fibre impacchettate insieme per formare un letto, una rete, in cui le cellule possono attaccarsi. Il terreno di coltura aerato viene fatto circolare attraverso questa rete.
  • i bioreattori a sollevamento d’aria, nei quali il terreno di coltura viene aerato in forma gassosa utilizzando bolle d’aria che vengono poi sparse e disperse tra le cellule.
  • I bioreattori a perfusione sono configurazioni comuni per la coltivazione continua. Drenano continuamente il terreno di coltura saturo di acido lattico e privo di sostanze nutritive e lo riempiono con terreno di coltura rinnovato.

Caratteristiche organolettiche e nutritive

Cultured Meats: Who, How and When? - Midan

Per aumentare le probabilità di adozione da parte dei consumatori mainstream, le carni coltivate devono essere equivalenti o superiori alle carni normali dal punto di vista sensoriale. L’hamburger di manzo coltivato del 2013 (che conteneva tessuto muscolare scheletrico coltivato ma non tessuto adiposo ed era aromatizzato con succo di barbabietola, mollica di pane, caramello, polvere d’uovo, sale e zafferano) è stato descritto da un panelist come “simile a un vero hamburger” e da un altro come “vicino alla carne, ma non così succoso “. Per affrontare questa mancanza aromatica, gli sforzi si sono concentrati sulla generazione di tessuto adiposo (cioè grasso) a base di cellule, dato il suo contributo significativo al gusto e alla consistenza. Oltre al muscolo scheletrico e al tessuto adiposo, la bistecca che siamo abituati a mangiare (ABM, carne Animal Base) contiene anche tessuto connettivo, reti di vascolarizzazione e tipi di cellule di supporto (ad esempio, fibroblasti). Le differenze in termini di complessità possono portare a diverse sfumature di sapore tra ABM e CBM. Gli esperti di CBM indicano che i profili di sapore possono essere ottenuti mediante co-culture, integrazione del terreno di coltura e/o modifica genetica. Ad esempio, i ricercatori hanno esplorato gli effetti dell’integrazione della CBM con proteine eme extracellulari (ad esempio, la mioglobina). La mioglobina è associata al sapore “sanguinolento” della carne e si è osservato che l’integrazione migliora il colore dei prodotti di carne coltivata senza ostacolare i tassi di crescita delle cellule muscolari. I primi prototipi basati su cellule emulano la carne lavorata (ad esempio, hamburger, salsicce, nuggets), poiché è più difficile emulare l’aspetto e la consistenza dei tagli di carne interi (ad esempio, bistecca). I ricercatori del settore hanno un bel lavoro da fare per rendere tutto perfettamente commerciabile: devono concentrarsi su alcune proprietà che richiederanno sforzi significativi per valutare una miriade di fattori (ad esempio, il rapporto tra cellule e scaffold, l’impatto della cottura, dell’imballaggio, dello stoccaggio e della spedizione) sulla struttura del tessuto. La struttura della CBM può essere influenzata sia dalle cellule coltivate sia dai materiali di supporto dell’impalcatura. Il tessuto muscolare scheletrico in vitro può essere ingegnerizzato per emulare la struttura della carne impiegando strategie di differenziazione e allineamento cellulare. Uno studio recente si è concentrato su CBM composti da cellule bovine accoppiate a un’impalcatura di proteine di soia testurizzate; è emerso che alcuni dei campioni presentavano proprietà di consistenza (cioè di resistenza alla trazione finale) simili a quelle del muscolo bovino nativo. Inoltre, un panel sensoriale ha assaggiato i campioni di CBM e ha descritto “un piacevole sapore di carne” e “un morso e una consistenza tipici della carne “, quindi pare che la strada intrapresa per mangiare carne coltivata che non faccia rimpiangere quella a cui siamo abituati va nella giusta direzione.

Nutrizione

Non sono disponibili pubblicamente molti dati nutrizionali completi e di base per la CBM. Utilizzando campioni di piccole dimensioni, è possibile quantificare il contenuto di nutrienti delle colture cellulari mediante test di laboratorio. I diversi tipi di cellule contribuiscono con diverse serie di nutrienti; le cellule muscolari differenziate saranno probabilmente la fonte primaria di proteine e gli adipociti maturi possono contribuire al profilo degli acidi grassi. Alcuni composti forniti dalla carne derivante da animale macellato non sono presenti nelle cellule in coltura. Ad esempio, la vitamina B12 è sintetizzata solo dai batteri e deve essere integrata. Come per l’aroma, i sostenitori della CBM spesso affermano che il suo profilo nutrizionale sarà paragonabile o superiore a quello della carne  animal based e che i nutrienti possono essere regolati attraverso le co-colture, l’integrazione dei mezzi di coltura e la modifica genetica. La formulazione dei terreni di coltura avrà un grande impatto sulla vitalità e sull’efficienza delle cellule coltivate, sul profilo nutrizionale e forse anche sul sapore e sul gusto. La modificazione genetica per il miglioramento nutrizionale è un altro approccio che potrebbe essere più efficiente a lungo termine, anche se potrebbero porre problemi di strategia normativa e di accettazione da parte dei consumatori. Ma è bene ricordare che l’ingegneria genetica è già stata applicata al bestiame per migliorare vari aspetti della produzione di carne. Nel 2004 sono stati generati suini transgenici per esprimere un gene proveniente dagli spinaci con l’obiettivo di migliorare il profilo degli acidi grassi della carne di maiale. Questa e altre modifiche potrebbero essere implementate a livello cellulare per influenzare le proprietà della CBM. Dati nutrizionali completi per il CBM dovrebbero essere disponibili con il lancio dei primi prodotti, l’aumento di scala e un ulteriore interesse da parte della comunità scientifica.

Accettazione da parte dei consumatori

Would you eat 'meat' from a lab? Consumers aren't necessarily sold on 'cultured meat'

Un consenso generale nel settore è che la CBM è rivolta solamente ai consumatori che attualmente mangiano carne, in quanto le diete a base vegetale sono considerate salutari e sostenibili per gli individui di orientamento vegetariano (alcuni dei quali ritengono le CBM rimanga comunque un prodotto di origine animale e quindi contro le loro scelte alimentari). È interessante notare che negli Stati Uniti i vegetariani e i vegani sono più propensi a condividere i potenziali benefici della CBM, ma meno disposti a provarla rispetto agli onnivori. Secondo un articolo pubblicato sulla rivista scientifica Nature, una revisione sistematica degli studi sull’accettazione della carne coltivata da parte dei consumatori ha rilevato che le preoccupazioni più comunemente segnalate erano associate a: innaturalità, sicurezza, salubrità, gusto, consistenza e prezzo. Uno studio europeo del 2017 sui consumatori, ha rilevato che la mancanza di naturalità riduce l’accettazione della carne di origine vegetale, anche se si è consapevoli dei potenziali benefici per l’ambiente e il benessere degli animali. Parallelamente a questo risultato, una ricerca che ha esaminato i commenti su Internet agli articoli di cronaca statunitensi sullo sviluppo delle carni coltivate ha rilevato un numero maggiore di critiche rispetto alle risposte di approvazione, e una critica frequente è stata quella secondo cui la CBM sarebbe “innaturale” e “poco attraente “. Uno studio svizzero, del 2018, ha concluso che informare i consumatori sul processo di produzione non ha aumentato l’accettazione e che le comunicazioni che enfatizzano il prodotto finale, piuttosto che i processi tecnici, sarebbero una strategia di maggior successo. Analogamente, uno studio condotto nei Paesi Bassi nel 2020 ha riferito che informare i consumatori sui benefici personali e sociali ha avuto un impatto positivo sull’accettazione da parte dei consumatori. Anche la nomenclatura della carne ottenuta da colture cellulari può avere un effetto sulla prospettiva dei consumatori. Confrontando gli effetti di terminologia come “pulita, coltivata” e “coltivata in laboratorio” su un gruppo di partecipanti, “pulita” ha suscitato atteggiamenti più positivi rispetto a “coltivata in laboratorio “.

Salute pubblica

La carne è un’importante fonte di nutrimento, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo che soffrono di carenze nutrizionali. Tuttavia, il consumo eccessivo di carne è stato collegato a una serie di problemi di salute. Più di 1,8 milioni di persone muoiono ogni anno per malattie ischemiche del cuore, un quarto delle quali è legato al consumo eccessivo di alcuni prodotti a base di carne. Gli agenti patogeni di origine alimentare presenti nella carne, come Escherichia coli, Salmonella e Campylobacter, sono all’origine di milioni di malattie ogni anno. La commercializzazione della CBM potrebbe avere un impatto su numerosi aspetti della salute pubblica, tra cui le malattie di origine alimentare, le carenze nutrizionali, le malattie legate alla dieta (ad esempio, il cancro del colon-retto, le malattie cardiovascolari) e le malattie infettive. Il rischio di malattie di origine alimentare derivante dalla CBM potrebbe essere teoricamente inesistente, poiché le condizioni sterili richieste per la proliferazione cellulare impediranno la contaminazione con agenti patogeni che causano malattie, a condizione che le procedure di post-elaborazione e confezionamento siano altrettanto sterili.  Gli agenti antimicrobici naturali per uso alimentare possono essere una strategia promettente per ridurre il rischio di contaminazione pur rimanendo economicamente vantaggiosi. Analogamente, la minaccia di trasmissione di malattie zoonotiche potrebbe essere ridotta direttamente diminuendo il contatto umano con gli animali infetti e indirettamente riducendo la distruzione dell’habitat. Le carenze nutrizionali e le malattie legate alla dieta potrebbero essere affrontate con la selezione delle cellule, la modifica genetica e le strategie di formulazione del prodotto per regolare la presenza di composti salutari e non. Per contro, i consumatori esprimono preoccupazioni in merito alla sicurezza e alla salubrità della CBM, citando timori di innaturalità e inadeguatezza della regolamentazione. Finora, le affermazioni sulla salute pubblica da entrambe le parti sono del tutto speculative, poiché le ricerche in materia non sono ancora state pubblicate.

Ambiente

The New Food Revolution: Lab-Made Meat Angles / 2020

Si prevede che la produzione di CBM, una volta ottimizzata, richiederà meno risorse ed emetterà meno rifiuti rispetto alla carne normale. Le riduzioni previste si basano su ipotesi di: (1) coltivazione mirata dei tessuti (cioè riduzione dei sottoprodotti e dei tessuti non carnei); (2) tassi di produzione più elevati e (3) sistemi di produzione verticali. Una delle poche analisi rilevanti in materia, pubblicata nel 2011, ha stimato che la CBM comporterebbe un minor consumo di energia (7-45%), emissioni di gas serra (78-96%), utilizzo del suolo (99%) e dell’acqua (82-96%) rispetto alla produzione di carne derivata dall’allevamento e dalla macellazione di carcasse animali. Di contro, un altro report del 2015 sulla carne coltivata ha riportato riduzioni meno drastiche dell’impronta e ha stabilito che gli impatti del consumo energetico, del potenziale di acidificazione e del potenziale di riduzione dell’ozono delle CBM potrebbero essere più dannosi, soprattutto se confrontati con la produzione di pollame. Si stima che la CBM abbia un’efficienza di conversione energetica del 47% e un’efficienza di conversione proteica del 72%, valori inferiori alla carne vegetale e alla carne a base di insetti, ma superiori comunque alla carne normale.

Benessere Animale

I prodotti di carne vegetali sono generalmente privi di sottoprodotti di origine animale e quindi non hanno un impatto negativo diretto sul benessere degli animali. Tuttavia, un sottoinsieme di prodotti contiene additivi a base di latte o uova e quindi sono vegetariani ma non vegani. Analogamente all’industria della carne, i metodi di produzione delle uova e dei prodotti lattiero-caseari sono le principali fonti di preoccupazione per il benessere degli animali. Nell’industria delle uova, ogni anno vengono uccisi milioni di pulcini maschi che non sono adatti alla produzione di uova o di carne e i becchi delle femmine vengono tagliati per evitare che si becchino. Nell’industria lattiero-casearia, le mucche da latte vengono ripetutamente ingravidate per ottenere una produzione continua di latte e vengono sistematicamente separate dai loro vitelli, che vengono trasportati in altri allevamenti per la produzione di carne di vitello, causando un’estrema sofferenza emotiva. Anche la carne a base di piante vegana può avere effetti indiretti sul benessere degli animali selvatici sotto forma di distruzione dell’habitat. Per soddisfare la domanda di cibo, la vegetazione naturale viene disboscata con monoculture che hanno un impatto sulla biodiversità. Nel 1994, la coltivazione di olio di palma in Malesia è stata ritenuta responsabile della diminuzione della popolazione di mammiferi da 75 a 10 specie per ettaro. Sebbene tutte le attività agroalimentari abbiano un impatto sul benessere degli animali degno di preoccupazione, la sostituzione di carne derivante da animali macellati con la plant based meat rappresenta comunque un miglioramento sostanziale per il benessere degli animali, in quanto evita il trattamento spesso non etico degli animali durante l’allevamento, il trasporto e la macellazione.

animal-welfare – Coop Academy

Per quanto riguarda la carne coltivata, uno dei principali vantaggi proposti è il miglioramento del benessere degli animali da allevamento attraverso la sostituzione dell’agricoltura intensiva. I donatori animali sono utilizzati per fornire fonti iniziali di cellule che vengono successivamente espanse in vitro, senza bisogno di ulteriori risorse da parte dell’animale. Gli animali donatori, solitamente più giovani e con un maggior numero di cellule proliferative, vengono anestetizzati da un veterinario e viene prelevata una piccola biopsia di tessuto (<1 g). Le cellule potrebbero essere geneticamente immortalizzate (metodo utilizzato per ottenere una coltura di cellule con vita indefinita e considerata immortale) per proliferare indefinitamente, eliminando la necessità di donatori animali. Tuttavia, nella pratica, si farà probabilmente affidamento sui donatori animali per mantenere la diversità genetica e per fornire opzioni non geneticamente modificate. Oltre all’approvvigionamento di cellule, un aspetto fondamentale della produzione di carne in vitro legato agli animali è l’integrazione del siero. Il siero fetale bovino è un additivo comune ai terreni di coltura cellulare e fornisce fattori di crescita essenziali per la coltura delle cellule di mammifero. Nel 2003, è stato stimato che il sangue di 1.000.000 di feti bovini è stato raccolto per generare la produzione annuale di 500.000 litri di siero fetale bovino. Le alternative prive di siero includono approcci di co-coltura o l’integrazione con fattori di crescita ricombinanti.

Guardare avanti

La produzione di carne animale si è evoluta nel corso di migliaia di anni per soddisfare la domanda di cibo appetibile e a prezzi accessibili. Purtroppo, questa impresa è accompagnata da conseguenze indesiderate per la salute umana, le risorse naturali e gli animali coinvolti. Spinti dall’aumento della domanda globale di carne e dalla crescente preoccupazione per le esternalità negative sopra menzionate, ricercatori e imprenditori stanno rivolgendo la loro attenzione verso approcci alla produzione di carne priva di animali. L’opportunità economica delle alternative alla carne è ampia e non è necessario incoronare un’unica tecnologia all’avanguardia per monopolizzare il mercato. È invece importante perseguire simultaneamente più soluzioni per fornire una gamma di prodotti in grado di soddisfare segmenti diversi del mercato dei consumatori. Le tecnologie per la carne a base vegetale e cellulare hanno compiuto progressi significativi da quando sono state concepite. Le carni vegetali si sono evolute partendo come un’alternativa alla carne poco convincente, che la sostituisce dal punto di vista nutrizionale ma non sensoriale, a un nuovo analogo quasi indistinguibile dalla carne di origine animale che cerca di emulare. Allo stesso modo, la carne coltivata è passata dall’essere un’idea di fantascienza a un prototipo tangibile.

I prodotti plant based si collocano su uno spettro in cui un’estremità ospita proteine più “naturali”, meno lavorate, che sono in linea con i punti di vista “clean-label”, ma che non rispecchiano bene l’esperienza del consumo di carne, mentre l’altra contiene equivalenti sensoriali che richiedono la trasformazione completa delle proteine di partenza, e quindi sono considerati altamente lavorati, e che possono avere un costo per alcuni fattori nutrizionali. La carne coltivata, invece, è ostacolata dagli alti costi di produzione, dagli ostacoli alla scalabilità e dalle lacune nelle conoscenze fondamentali su come impiegare le colture cellulari per le applicazioni alimentari. In particolare, non esistono molte serie di dati completi e sottoposti a revisione paritaria che descrivano in dettaglio il costo, le proprietà sensoriali o il valore nutrizionale dei tessuti coltivati con le cellule. Sebbene esistano valutazioni pubblicate delle proiezioni di impatto ambientale, esse si basano su processi teorici su larga scala che devono ancora essere convalidati dall’industria. Come riporta un articolo che tratta il tema pubblicato su Nature, prima di poter analizzare in modo affidabile i costi, l’impatto e la sicurezza alimentare, sarà necessario accertare i dettagli, come i parametri degli input di materiale (ad esempio, il tempo di raddoppio, la densità massima delle cellule, la composizione del terreno di coltura) e gli schemi di produzione su scala industriale (ad esempio, il design del bioreattore). A tal fine, è importante ampliare gli obiettivi di ricerca per rispondere alle domande fondamentali relative ai profili di costo, sensoriali e nutrizionali per informare ulteriormente le parti interessate sulle migliori aree di applicazione dela carne coltivata.  Avendo raccontato un po’ la storia dell’origine della CBM, come viene prodotta, quali sono i possibili rischi e benefici, rimane abbastanza lampante il fatto che la narrazione che gira intorno al tema è influenzata dai termini scelti, pensiamo per esempio alla dicitura “sintetica” (termine non corretto) che rimanda a scenari di paura nei quali tutto è artificiale e in cui non esiste più nulla di naturale. Bisogna ricordarsi, però, che molti degli alimenti di cui ci nutriamo sono “artificiali”, perché artificiale è tutto ciò che esiste grazie all’intervento umano. Non bisogna andare tanto lontano con la mente. Prendiamo l’esempio del pollo: il 98% dei polli di allevamento usati per il consumo alimentare (i broiler) sono animali che sono stati selezionati artificialmente negli anni ’50, incrociando varie razze, in modo da avere esemplari che crescessero molto rapidamente, in circa 40 giorni, per essere pronti alla macellazione, cosa impossibile in natura. Come non citare lo yogurt: alimento derivato dal latte che, grazie all‘inoculazione di fermenti lattici specifici ed alla loro proliferazione, subisce un processo di fermentazione durante il quale un glucide, tipicamente il lattosio (ma non solo), è trasformato in acido lattico. Le fasi della lavorazione comprendono la selezione degli ingredienti, la miscelazione, l’omogeneizzazione, il trattamento termico, l’inoculazione della coltura, la fermentazione. Quindi, appare chiaro come ci sia assolutamente poco di naturale nello yogurt, è un alimento del tutto artificiale, dall’inizio alla fine del processo di produzione.

Yogurt Fermentation Process Control Detectors - Photon Systems

Comunque, a supporto delle carne o gli alimenti coltivati, ci sono diversi sostenitori che scelgono di argomentare trattando i temi della riduzione di emissioni, del risparmio di acqua, della fine degli allevamenti intensivi per incentivare il benessere animale. Effettivamente, siamo abituati a pensare che gli animali debbano morire per darci da mangiare. Eticamente questo potrebbe essere un discorso che disturba anche i non vegetariani e fa nascere una riflessione: è giusto nel 2023 allevare animali (spesso in condizioni discutibili) per soddisfare il nostro fabbisogno? È strettamente necessario, con tutte le alternative a nostra disposizione? Purtroppo o per fortuna (dipende dai punti di vista) abbiamo ancora tempo per porci delle domande e riflettere sull’argomento, perché nei supermercati europei, e quindi anche quelli italiani, la carne coltivata non è ancora distribuita, perché non è stata ancora passata al vaglio dell’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) che  sicuramente terrà conto delle valutazioni fatte da altri enti quali FAO e OMS circa i rischi (non di più rispetto a quelli che si incorrono da alimentazione con carne normale) del consumo delle fibre di carne coltivate, per buona pace del nostro Ministro Lollobrigida. Quella presente in commercio al momento è carne plant based; quindi, non deriva da proteine di origine animale e quindi non è carne coltivata. Il DDL del governo, di cui Lollobrigida è porta bandiera, non vale molto perché ancora non c’è la commercializzazione e perché, anche quando ci saranno i prodotti, non si può bloccare l’importazione. Inoltre, il DDL vieta le “colture cellulari” (quindi anche lo yogurt o il lievito di birra) o i “tessuti di vertebrati” dicitura nella quale rientrerebbero anche le bistecche. Detto questo, possiamo guardarci intorno e considerare le scelte green di alcuni paesi: la cittadina olandese di Haarlem, a pochi chilometri da Amsterdam, ha deciso di vietare, a partire dal 2024, di pubblicizzare prodotti a base di carne su cartelloni, pensiline, affissioni e mezzi pubblici. Come dichiarato dalla consigliera del partito dei Verdi, Ziggy Klazes, non è corretto dire ai cittadini che c’è una seria crisi climatica in corso e allo stesso tempo sponsorizzare prodotti che rappresentano una delle principali cause della crisi stessa. Tale divieto sarà esteso anche a pubblicità di compagnie petrolifere e aeree, con annesse agevolazioni per chi non utilizza auto e acquista sostenibile.

 

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