Decreto Lavoro: le novità che riguardano la pensione

Il nuovo decreto Lavoro prevede importanti novità in tema di pensioni, che potrebbero interessare molti lavoratori. In particolare, due sono le novità principali contenute nella bozza del decreto. La prima riguarda la proroga del contratto di espansione, che viene esteso fino al 2025, sempre nel rispetto del limite minimo di 50 unità lavorative in organico. Inoltre, le imprese che aderiscono a questo tipo di contratto potranno pianificare le uscite dei lavoratori più anziani in un arco temporale più ampio.

La seconda novità riguarda l’Ape sociale e l’uscita per i lavoratori precoci. Il decreto prevede che ci siano tre identici termini di presentazione delle domande per il riconoscimento delle condizioni per l’accesso all’Ape sociale e per il pensionamento anticipato con requisito contributivo ridotto per i lavoratori precoci. I termini di presentazione delle domande sono unificati al 31 marzo, 15 luglio e, comunque, non oltre il 30 novembre di ciascun anno.

Il decreto prevede anche una modifica in tema di ricongiunzioni. Viene sostituito il rendimento previsto in favore della gestione verso cui opera la ricongiunzione, attualmente pari al 4,5% annuo, con un rendimento in linea con quello offerto dal sistema contributivo, ovvero la media quinquennale del tasso di crescita del Pil. Inoltre, il decreto modifica la disciplina delle sanzioni amministrative in caso di omesso versamento delle ritenute previdenziali, con l’obiettivo di mitigare la sanzione amministrativa in caso di omesso versamento delle ritenute previdenziali di importo fino a 10 mila euro annui.

Infine, il decreto prevede anche un’importante novità in tema di spese deducibili. Viene innalzato a 3.000 euro il limite delle spese deducibili dei contributi previdenziali versati per gli addetti ai servizi domestici e all’assistenza personale o familiare.

Nonostante queste novità, nella bozza del decreto non si fa alcun riferimento alla cosiddetta Opzione donna. I requisiti per accedere a questa forma di pensionamento rimangono quindi 60 anni d’età (riducibile di un anno per ogni figlio e nel limite massimo di due anni) e 35 anni di contributi, che si trovano in una delle seguenti condizioni: assistono, al momento della richiesta e da almeno sei mesi, il coniuge o un parente di primo grado convivente con handicap in situazione di gravità; hanno una riduzione della capacità lavorativa, accertata dalle competenti commissioni per il riconoscimento dell’invalidità civile, superiore o uguale al 74%; sono lavoratrici licenziate o dipendenti da imprese per le quali è attivo un tavolo di confronto per la gestione della crisi aziendale.

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