L’energia nucleare si spegne in Germania. Ha senso la scelta del governo tedesco?

Il tema delle centrali nucleari è sempre materia di controversie. Ad alimentare la discussione ci ha pensato l’invasione russa in Ucraina e le decisioni prese a livello europeo, ma anche dalla Russia, che avevano ridotto le importazioni di gas russo verso l’Europa (la Germania è ancora oggi fortemente dipendente dal gas russo). Nell’ultimo anno, la necessità di rendersi più indipendenti dalla Russia e di diversificare le proprie fonti di approvvigionamento energetico ha diviso l’Europa in due: alcuni paesi favorevoli al nucleare, come la Francia, hanno investito sulle proprie centrali ritenendole una risorsa rispetto ai problemi provocati dalla guerra. Altri paesi tradizionalmente contrari, come la Germania, hanno invece adottato politiche per liberarsi del tutto delle proprie centrali, ritenendole dannose; infatti, notizia recente è che sabato 15 aprile sono state spente anche le ultime tre centrali attive nel Paese. Nel mondo, attualmente, sono in funzione oltre 430 reattori a fissione che forniscono circa il 17% dell’energia utilizzata ogni anno. Il nucleare è l’unica tecnologia in grado di produrre elettricità su larga scala con emissioni di Co2 vicine allo zero, anche se, come accennato, ci sono paesi e anche buona parte dell’opinione pubblica che si dichiara contrario all’uso delle centrali nucleari come fonte di energia.

Visto che il tema è altisonante poiché legato a aspetti di ecosostenibilità e politici ma anche di interesse finanziario, è necessario potersi fare un’opinione sul tema e saper rispondere alla domanda “Tu cosa ne pensi del nucleare?” avendo la possibilità di considerare tutti i diversi aspetti in gioco. Per affrontare l’argomento, si potrebbe partire innanzitutto con una domanda semplice:

Cos’è e come funziona una centrale nucleare?

Le centrali nucleari sono impianti industriali complessi e in generale di grandi dimensioni, caratterizzati dalla presenza di uno o più reattori nucleari. Un reattore nucleare è essenzialmente una tecnologia ideata e sviluppata per sfruttare, a fini energetici, la reazione di fissione nucleare da parte di un combustibile in maniera controllata, garantendo cioè determinati livelli o standard di sicurezza. Quindi, una centrale nucleare è un impianto dove si produce energia elettrica usando come ‘combustibili’ non petrolio, carbone o gas naturale, ma i nuclei degli atomi per alimentare un generatore di corrente elettrica. Nel reattore nucleare avviene, per urto con un neutrone, la rottura di un nucleo atomico. La sorgente di energia del reattore è dunque il combustibile presente nel nocciolo o nucleo del reattore. Solitamente viene utilizzato il combustibile MOX che è una miscela di ossidi di uranio e plutonio, oppure uranio naturale. Per il secondo combustibile si devono operare modifiche nel reattore, mentre per l’uranio naturale si devono utilizzare reattori che utilizzano come moderatore acqua pesante o grafite. Il processo di rottura del nucleo atomico è noto come fissione, appunto, e comporta la divisione in due parti dell’atomo accompagnata dall’emissione di energia, raggi gamma e altri neutroni che, liberi di muoversi, possono innescare nuove reazioni. A differenza di quanto accade in una bomba atomica, dove questa catena diventa incontrollata fino all’esplosione distruttiva, in un reattore nucleare si adottano alcuni accorgimenti che regolano il processo garantendo un rilascio di energia costante nel tempo. Tutto intorno al nocciolo del reattore ci sono tubi dove scorre acqua. Il liquido, riscaldato dal calore prodotto durante la fissione, viene trasformato in vapore ad alta temperatura. Il vapore poi è adoperato per far ruotare le turbine del generatore di corrente della centrale.  Neutroni, uranio, e prodotti di fissione sono radioattivi e quindi potenzialmente dannosi per gli esseri viventi. Il reattore, perciò, è racchiuso in contenitori di acciaio e piombo che servono per schermare le radiazioni e poi sistemato in robuste strutture di cemento armato.

Per evitare che la reazione divenga incontrollata e l’impianto si trasformi in una vera e propria bomba esistono sistemi di regolazione che tengono sotto controllo il numero di neutroni presenti, istante per istante, nel nocciolo. A questo scopo, in genere, si usano barre di cadmio che vengono opportunamente abbassate all’interno del nocciolo; queste barre servono per assorbire i neutroni e rallentare la reazione quando ve ne è bisogno. Oltre ai PWR (Pressurized water reactors), i “reattori ad acqua in pressione”, che usano acqua per trasferire il calore generato dalla fissione, ci sono anche gli AGR (Advanced gas reactors), i “reattori avanzati raffreddati a gas”, che sfruttano invece un gas, l’anidride carbonica, per scambiare calore.

 

Il nocciolo della questione: lo smaltimento delle scorie radioattive e la sicurezza dei reattori

Le scorie nucleari sono il prodotto di scarto della fissione e possono continuare a emettere radiazioni anche per migliaia di anni. Per limitare i pericoli di contaminazione le scorie vanno prima trattate ‒ ‘vetrificate’ o stipate in opportuni contenitori ‒ per impedire la fuoriuscita di radiazioni e stoccate in speciali depositi a seconda di una caratteristica precisa: il tempo. I rifiuti prodotti dalle centrali, infatti, sono divisi in categorie, a seconda del tempo necessario al loro decadimento (livello di radioattività sotto le soglie della radioattività naturale). Quelli a bassa attività necessitano di 20/30 anni per il loro decadimento: sono circa il 90% dei rifiuti prodotti. Quelli a media attività necessitano di circa 300 anni, e sono quelli derivanti dallo smantellamento delle vecchie centrali (con il tempo, infatti, i materiali che rivestono il reattore diventano radioattivi e quindi la centrale va smantellata: una procedura che ha costi elevati). Tra le scorie della fissione dell’uranio c’è anche il plutonio, un materiale che si può utilizzare per costruire armi atomiche. Oltre alla contaminazione radioattiva, un altro aspetto importante è la sicurezza dei reattori. Le barre di cadmio che servono per assorbire neutroni hanno bisogno di energia per entrare in funzione ‒ sono cioè un sistema di sicurezza attivo ‒ e quindi potrebbero essere inefficaci in caso di guasti. Per ridurre i rischi, i moderni reattori sono progettati in modo che, accanto a questi sistemi di sicurezza attivi ci siano anche sistemi di sicurezza passivi, basati cioè sui meccanismi intrinseci di funzionamento del reattore. I sistemi passivi non hanno bisogno di energia o di supervisione esterna per entrare in azione e quindi permettono un intervento tempestivo in ogni circostanza. Un esempio sono le barre di controllo che si sganciano automaticamente, per dilatazione termica, e interrompono la reazione a catena quando il refrigerante del reattore si surriscalda.

Centrale Nucleare - listolade.it

I problemi collegati alla produzione di energia nucleare scomparirebbero se esistessero reattori funzionanti non a fissione, ma a fusione nucleare, il processo che si verifica quando due atomi leggeri si uniscono per formarne uno più pesante.

Fusione e fissione nucleare. Facciamo chiarezza - Abbanews

Le centrali nucleari a fissione seguono oggi norme di sicurezza di livello molto elevato e condensano un bagaglio tecnologico molto avanzato. Le centrali nucleari a fissione sebbene siano tra gli impianti più controllati hanno dato luogo a incidenti di varia gravità, alcuni anche famosi come, ad esempio, quello di Černobyl’, ma gli incidenti gravi hanno riguardato solo unità la cui progettazione è iniziata prima dell’incidente di Three Mile Island, ovvero impianti di prima generazione.

The day before the Chernobyl disaster - The Washington Post

A tale proposito, il terremoto del Tōhoku del 2011 è stato un non desiderato banco di prova della evoluzione tecnologica dei reattori nucleari. Infatti, sono stati coinvolti svariate centrali nucleari vicine, tra cui la Centrale nucleare di Fukushima Dai-ichi (Dai-ichi sta per N.1) e la Centrale nucleare di Fukushima Dai-ni (Dai-ni sta per N.2). Ebbene, tra i reattori funzionanti al momento del sisma, tutti quelli di prima generazione (situati a Fukushima n.1, 3 unità) sono stati danneggiati, mentre tutti quelli di seconda generazione (Fukushima n.2, 4 unità) hanno superato l’evento senza danni rilevanti e oggi potrebbero anche rientrare in servizio, e questo avendo lo stesso operatore, TEPCo. Il 24 ottobre 2007 è stato avviato un progetto internazionale di nome ITER che si prefigge la costruzione di un reattore nucleare a fusione per il 2025 e per il 2035 di sostenere la prima reazione di fusione nucleare controllata. Il progetto successore, DEMO, darà vita alla prima centrale nucleare a fusione del mondo dalla quale sarà possibile ricavare energia elettrica. La centrale nucleare a fusione sarà realisticamente pronta a partire dal 2050 in poi.

 

Il nucleare in Italia

L'Italia e il nucleare, dal primo impianto ai referendum: storia di un rapporto complicato - L'Espresso

Nel lontano 1987, attraverso un referendum abrogativo, l’Italia abbandonava l’utilizzo dell’energia nucleare dopo il disastro di Chernobyl del 1986. Rispetto al 1987 abbiamo 3 miliardi di nuovi consumatori di energia e abbiamo una consapevolezza non presente ai tempi del referendum che ha abrogato l’uso del nucleare: i rischi dell’effetto serra. Oggi utilizziamo centrali a gas e a combustibile fossile (destinato ad esaurirsi e a diventare molto costoso) come il carbone che producono notevoli quantità di Co2, devastanti per l’ambiente. Oggi utilizziamo circa 38 miliardi di metri cubi di gas per produrre energia elettrica. In verità, Italia erano presenti 4 centrali nucleari attive: Latina, Sessa Aurunca (Garigliano), Trino Vercellese e Caorso. Gli impianti di Latina, Sessa Aurunca (Garigliano) e Trino Vercellese erano centrali di prima generazione costruite nei primi anni ‘60. Queste centrali non erano pensate per durare molto a lungo, e già quando sono state chiuse, nell’87, iniziavano ad andare verso la fine della loro vita operativa: oggi sarebbero dunque impianti assolutamente inefficienti, soprattutto se raffrontati alle tecnologie nucleari moderne. Se l’Italia volesse tornare a produrre energia dall’atomo, dovrebbe farlo con reattori nuovi e avviando un programma nucleare ben strutturato

Italia, i costi nascosti del nucleare a 34 anni dal referendum: polemiche e scorie

Vale la pena ricordare che l’Italia ha solo formalmente rinunciato al nucleare perché ogni anno acquista dalla Francia energia equivalente alla produzione di otto centrali nucleari per soddisfare il fabbisogno italiano. Nel mese di marzo 2023 tredici Paesi Ue, tra i quali anche l’Italia, hanno chiesto “un quadro industriale e finanziario favorevole per i progetti nucleari“, promuovendo “la ricerca e l’innovazione, in particolare per i piccoli reattori modulari e i reattori modulari avanzati“. È il senso di una nota congiunta diffusa da Parigi, a capo dell’alleanza sul nucleare, al termine di una riunione con la Commissione europea. Il documento è stato sottoscritto da Bulgaria, Croazia, Finlandia, Francia, Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia e Slovenia. L’Italia, insieme a Belgio e Paesi Bassi, ha firmato in qualità di Paese osservatore. Nella riunione, ospitata dalla Direzione generale Energia della Commissione europea, le 13 capitali “hanno ribadito l’importanza del rispetto dei più severi standard di sicurezza nucleare e hanno concordato sulla necessità di un quadro industriale e finanziario favorevole per i progetti nucleari“. L’atomo, si legge nella nota, costituisce “una tecnologia chiave, insieme alle energie rinnovabili, per raggiungere i nostri obiettivi climatici e la neutralità del carbonio nel 2050” e “in questa prospettiva” i rappresentanti dell’alleanza ritengono “essenziali il rafforzamento della cooperazione industriale, delle catene del valore europee e l’agevolazione delle capacità finanziarie“. I 13 governi hanno evidenziato, inoltre che “i piccoli reattori modulari possono contribuire, insieme alle grandi centrali nucleari, al raggiungimento degli obiettivi climatici dell’Ue e alla sicurezza energetica, sviluppando competenze e indipendenza tecnologica“.

La scelta della Germania

Comunque, l’incidente in Giappone ha indotto un riesame della sicurezza nucleare e della politica in materia di energia nucleare in molti paesi. Per quanto riguarda le altre centrali nucleari in Europa, il Paese che ne ha di più è la Francia: 56. La Russia ne ha 37, l’Ucraina 15, il Regno Unito 9 e la Spagna 7. Seguono Svezia e Repubblica ceca (6), Finlandia, Belgio, e Slovacchia (5), Svizzera e Ungheria (4), Romania e Bulgaria (2) e Bielorussia, Olanda e Slovenia (1). Lo sfruttamento dell’energia nucleare in Germania nel 2011 generò il 17,8% dell’energia elettrica prodotta in totale nel Paese, con 8 centrali nucleari che disponevano complessivamente di 9 reattori operativi e 4 dismessi. La Germania ha approvato i piani per chiudere tutti i suoi reattori entro il 2022 e molti altri paesi hanno rivisto i loro programmi di energia nucleare. Le tre centrali tedesche che chiuderanno si trovano in Baviera, Baden-Württemberg e nella Bassa Sassonia. Le tre centrali avrebbero dovuto chiudere alla fine dello scorso anno, ma il governo aveva deciso di tenerle aperte proprio per rispondere all’emergenza energetica provocata dalla guerra in Ucraina e dal taglio delle forniture di energia da parte della Russia. Sabato 15 hanno smesso di funzionare, ma il processo di smantellamento sarà molto lungo e potrebbe durare anni, come sempre per impianti di questo tipo: tra le altre cose, il governo non ha ancora un piano preciso per lo smaltimento delle scorie nucleari.

La Germania spegne le centrali nucleari. Folle stress test della rete elettrica europea - Visione TV

La decisione del governo di chiudere le centrali nucleari è stata accolta in maniera positiva dal movimento tedesco contro il nucleare, formato da attivisti ambientalisti che da decenni chiedono l’abbandono del nucleare citando soprattutto rischi per la sicurezza e l’impatto ambientale delle scorie. Allo stesso tempo è stata contestata da politici, esperti e da una parte degli ambientalisti stessi: secondo alcuni, infatti, la fine del nucleare danneggerà la Germania sia in termini economici che ecologici. Come riporta il giornale “il Post”, nei fatti, la chiusura delle ultime centrali nucleari implica la necessità di compensare la produzione di energia elettrica in altro modo, complicando il processo di transizione energetica. Per il medio-lungo periodo la Germania ha avviato la costruzione di centrali solari ed eoliche; quindi, per produrre elettricità da fonti rinnovabili ma nel breve periodo, per colmare la parte di energia non più prodotta dagli impianti nucleari, ha dovuto fare ancora più affidamento sui combustibili fossili, andando in direzione contraria rispetto ai propri obiettivi climatici. Dopo l’inizio dell’invasione dell’Ucraina, il governo tedesco ha per esempio aumentato il ricorso alle centrali termiche che bruciano carbone, il combustibile che a parità di produzione causa le maggiori emissioni di anidride carbonica, il principale gas a cui si deve il cambiamento climatico.

Riassunto: La Germania sostituisce una centrale elettrica a carbone aprendo una delle centrali elettriche a gas più moderne d'Europa | Business Wire

È proprio per questo che la scelta di abbandonare completamente il nucleare è contestata dagli stessi ambientalisti. Nel dibattito degli ultimi mesi è intervenuta anche Greta Thunberg, la nota attivista svedese per il clima, asserendo che chiudere le centrali nucleari è «una cattiva idea» se comporta l’impiego del carbone. I critici sostengono che lo spegnimento delle centrali nucleari priva ora la Germania di una fonte di energia a basse emissioni e impone al Paese di continuare a gestire impianti a combustibili fossili che contribuiscono al cambiamento climatico. Per questo è arrivata al cancelliere anche una lettera aperta di scienziati del clima e ricercatori, che chiedono l’esatto il funzionamento continuato dei tre reattori ancora attivi: Isar 2, Emsland e Neckarwestheim 2. Quindi, questa può essere definita una decisione annunciata, ma che sorprende dato che la Germania, come molti altri Paesi, fra cui l’Italia, è alla ricerca di fonti di energia alternative al gas russo. È anche vero che il nucleare, nei primi tre mesi del 2023, ha contribuito al 4% del fabbisogno di elettricità del Paese contro il 51% delle rinnovabili – che sono in crescita – e il 28% del carbone.

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