Super Mario Bros. Il Film continua a raccogliere consensi tra il pubblico, mentre la critica resta un po’ più tiepida, soprattutto quella americana. Noi di LegaNerd ci siamo espressi premiando il lavoro svolto, pur evidenziando alcune riserve, che non vanno in alcun modo a minare, però, il lavoro complessivo del film di Illumination, in grado di darci una degna declinazione del medium videoludico sul grande schermo. Tra gli aspetti che più ci hanno convinto della lavorazione c’è sicuramente il doppiaggio, che ha visto Claudio Santamaria vestire i panni di Super Mario, seguito da Emiliano Coltorti come Luigi, Valentina Favazza come Peach e Fabrizio Vidale come Bowser. Un cast d’eccellenza, capitanato da Carlo Cosolo, direttore del doppiaggio col quale ci siamo soffermati a fare un’analisi della lavorazione del film, per scoprire anche i retroscena di alcune scelte compiute. Cosolo rappresenta un’autorità nel mondo dell’entertainment avendo, negli anni, ha diretto i doppiaggi di film come Billy Elliott, Mulholland Drive, Zoolander, Costantine, Sin City, la saga dei Pirati dei Caraibi, Warcraft, la saga di Star Wars dal 2015 a oggi, nonché quella di Animali Fantastici e più di recente Dune, Top Gun: Maverick e Matrix Resurrections. Oltre, ovviamente, a tanti altri.
Una lavorazione del genere richiede maggior accortezza, soprattutto per riuscire a soddisfare tutti i clienti coinvolti, ma anche i fan, sempre i primi critici nonché i più attenti ai dettagli. Da qui passano le prime scelte, gli studi di quelli che sono gli anelli e così via: “Non c’è stato molto da studiare perché abbiamo ricevuto tutto dalla produzione, direttamente da Illumination. Loro hanno mantenuto un contatto diretto anche come Nintendo, che ha tenuto una supervisione costante e continua. Personalmente non sono un fan sfegatato di Super Mario, ma ci ho giocato tanto sulle prime console, anni fa, quindi avevo ben presente il prodotto di cui stavamo parlando: quando ho visto il film completo ero molto contento, perché è stato in grado di rievocare in me molti di quei ricordi. La reazione di tutti gli spettatori è più o meno la stessa mia, anche perché l’animazione è molto bella. Per quanto riguarda quelle che sono state le mie scelte sicuramente ho deciso di mantenere sia il “mamma mia” che il “it’s a me, Mario”. Non le avrei mai tradotte, nessuna delle due. Non so che reazione avrebbe avuto Nintendo se avessi proposto loro di tradurre le frasi, ma non avendolo nemmeno proposto direi che il problema non si pone. Sono dei claim talmente precisi che andavano tenuti così come è successo alla fine. Il lavoro di adattamento è stato molto curato, del resto seguo da tantissimi anni prodotti che sono prima di tutto dei fan-service che dei film, l’esperienza c’è”.
La scelta di Santamaria e il ruolo di Mario
Nel cast risalta il ruolo di Santamaria, irriconoscibile e in grado di modulare la propria voce per incollarsi nel miglior modo possibile a Mario: “Sono sempre molto soddisfatto quando sento dire che un attore è irriconoscibile, perché significa che ho contributo a far sì che questo accadesse. Ci basiamo molto sull’originale cercando di far sì che l’attore possa replicarlo, è un modus operandi che adotto praticamente sempre. Chiaro, lo puoi fare bene quando sei con degli attori, meno quando hai del talent da gestire, con i quali si cerca di ottenere il massimo possibile: faccio un inciso su questo, però, perché allo stato attuale delle cose preferisco sempre lavorare con attori, piuttosto che con i talent. Più o meno bravi, non importa, ma devono essere degli attori, perché altrimenti c’è il rischio che non sappiano nemmeno da dove iniziare”.
“Sì, ho lavorato con Marco Mengoni in passato, ma nel caso dei cantanti è diverso: lui ha lavorato bene e il risultato è stato ottimo, perché si lavora tanto sulla musicalità delle parole, quindi se il cantante segue le indicazioni il risultato si ottiene. Con Marco poi ho lavorato su un prodotto diverso, un film d’animazione, Klaus di Netflix, quindi era diverso. Diciamo che spesso dipende un po’ dalla tipologia di prodotto dinanzi al quale ti trovi. Tornando a Claudio, siamo dinanzi a un grande attore, anche generoso: se deve sforzare la voce lo fa, le note così alte le raggiunge. A me non sembravano nemmeno così alte alla fine. Parliamo di doppiaggio, che è recitazione: se sei un attore bravo e hai qualcuno che ti guida, raggiungi qualsiasi nota devi raggiungere. C’è poco da stupirsi in queste situazioni, perché sono bravi in questo, sono dei grandi professionisti. Claudio ha una voce pazzesca: l’ho sentito anche in Christian, in cui è davvero impressionante, molto bravo”.
“Quando si sceglie un talent è molto un’operazione di marketing e la produzione guarda spesso anche i social media per capire che seguito ha la persona scelta: in questo Universal è molto attenta anche alla scelta di attori che recitano, quindi va dato atto questo aspetto. Lo attesta perché io vengo consultato prima per capire se mi va bene o meno quella scelta compiuta, così da fare un provino a un determinato attore, perché in America dovrà poi essere approvato da chi ascolta. Quando siamo a quella fase siamo già moderatamente certi del risultato essendoci un vaglio preventivo. Con Santamaria c’è solo da levarsi il cappello, perché parliamo di uno dei migliori attori italiani e tra l’altro non so gli altri talent, avendoci lavorato poco, ma lui ha un entusiasmo nel fare questo lavoro che è incredibile: non si presenta da te come l’attore da set importante che ti viene a fare il favore, ma come l’attore sì da set importante ma che fa il suo lavoro, lo fa bene e che viene a doppiare. Questo è un concetto che si è un po’ perso nel tempo. Il doppiaggio resta un lavoro per attori: ora ci sono troppe persone che dicono che vorrebbero fare doppiaggio senza avere le basi, mentre un tempo ti telefonavano solo attori che volevano provare a fare anche altro”.
Una Peach più matura e un Bowser che si conferma
Tra i personaggi che il film di Super Mario ha riscritto c’è sicuramente Peach, che si presenta più indipendente e meno damigella da salvare. A doppiarla c’è Valentina Favazza, che nel mondo del gaming si è fatta riconoscere per il ruolo di Mama Malingen in Death Stranding, ma che nell’animazione e nelle serie televisive ha dato voce a personaggi di grande spessore caratteriale come Miriam Maisel ne La fantastica signora Maisel e Sasha ne L’Attacco dei Giganti: “Una Peach molto più matura fa sorridere, è stagione! Non so dirti molto sulla genesi del personaggio in sé perché bisognerebbe chiedere a chi ha scritto il film, ma sì: adesso è più regina che principessa, forte, decisa e determinata. Abbiamo fatto dei provini e ha vinto Valentina Favazza: ha inquadrato benissimo il personaggio, ha la voce giusta, lei stessa ha una grande voce, molto matura. Si è incollata bene perché c’è stato un lavoro corale fatto altrettanto bene: un adattamento corretto, le battute giuste, un’attrice molto brava e un sync altrettanto corretto”.
Discorso diverso per Fabrizio Vidale, invece, perché lui ha sempre doppiato Jack Black e anche in questo caso lo ha sostituito sul personaggio di Bowser: “Sono stato io il primo a farglielo doppiare in School of Rock, a suo tempo, e da lì in poi siamo andati avanti così. Vocalmente è giusto, ma anche come temperamento nella recitazione e sinceramente ci tenevo che fosse lui, anche se nelle animazioni non c’è una continuità, perché si dà la voce a un disegno, che sia l’attore originale o che sia il doppiatore. Le animazioni sono molto libere in questo senso, perché sono disegni, quindi ho un po’ più di libertà nella scelta, ma mi fa piacere che si sia data continuità perché penso che Fabrizio se lo meriti, al di là del fatto che abbia doppiato Jack Black in altre occasioni. Un bravissimo attore e ottimo professionista. È chiaro che in questi casi, quando devo scegliere un cast, mi baso molto sul suono della voce, ma nell’animazione i criteri sono diversi rispetto a un live-action, nel quale mi baso molto anche sul temperamento dell’attore che va doppiato, o sul tipo di recitazione, se non ci sono già voci assegnate. Se non hai un po’ di istinto in questo lavoro non vai molto lontano: devi essere ragioniere, ma anche un po’ mago”.
“Poi io sono il primo a rendermi conto dei limiti del doppiaggio: d’altronde parliamo di un lavoro improbabile, col quale fai parlare un attore con la voce di qualcun altro. Non c’è più da stupirsi, però, perché anche Terence Hill e Bud Spencer parlavano con altre voci. Il problema penso sia più nel fatto che se ne parli troppo del doppiaggio, troppe persone, con odio, pensano di saperne abbastanza da poter dire la loro, soprattutto in questo periodo storico. Vedi, a me farebbe piacere poter invitare quante più persone possibili in sala almeno una volta per far vedere loro in che modo si lavora al doppiaggio, come nasce l’enorme lavoro che facciamo per arrivare a un prodotto finale. Il problema è che spesso c’è un bias culturale che non so bene a chi appartiene tra i boomer e i millennial, ma si finisce per parlare di cose che non si conoscono. Ci sono tante difficoltà nel doppiaggio, quelle che si possono avere per arrivare a realizzare un prodotto che possa piacere. In questo Nintendo è stata di grande aiuto nella nostra lavorazione: grande attenzione ai termini, supporto costante. Tra loro e Universal c’è stata grande presenza e mi hanno permesso di avere quanti più elementi possibili per avere le informazioni necessarie alla realizzazione del prodotto finale”.