L’agricoltura ha bisogno di un nuovo approccio per affrontare la resistenza degli insetti ai biopesticidi, secondo una nuova analisi condotta da scienziati dell’Università di Stirling (Scozia), in collaborazione con i colleghi dell’Università di Göteborg e dell’Università Statale di San Paolo. La ricerca dimostra che gli insetti che attaccano le colture hanno una straordinaria capacità di sviluppare resistenza ai pesticidi più ecologici. Questa resistenza rappresenta un problema crescente per l’agricoltura, poiché il settore cerca di adottare un approccio più sostenibile nel controllo dei parassiti, passando a biopesticidi derivati da organismi naturali. Per oltre 70 anni, la risposta dell’agricoltura alla resistenza ai pesticidi è stata la ricerca di nuovi pesticidi in una corsa senza fine per tenere il passo con l’evoluzione dei parassiti. Tuttavia, i ricercatori propongono ora un nuovo modo per uscire da questo gap. La resistenza ai biopesticidi, cruciale per lo sviluppo di una protezione sostenibile delle colture, ha enormi implicazioni per la sicurezza alimentare a livello mondiale con l’aumento della popolazione globale. Per affrontare questa sfida emergente, i ricercatori hanno applicato i principi della scienza ecologica evolutiva e proposto un quadro pratico per gestire i rischi dell’evoluzione della resistenza ai biopesticidi. Gli agricoltori possono contribuire a gestire i rischi di resistenza piantando una maggiore diversità di colture e utilizzando più biopesticidi. Lo studio è stato finanziato da un partenariato internazionale congiunto del Fondo Newton tra il Biotechnology and Biological Sciences Research Council (BBSRC) nel Regno Unito e la Fondazione per la ricerca di San Paolo (FAPESP) in Brasile, insieme al Consiglio svedese per la ricerca (Vetenskapsrådet).

Secondo il dottor Matthew Tinsley, docente di Scienze biologiche e ambientali presso l’Università di Stirling, “Le persone pensano che, essendo i biopesticidi derivati da fonti naturali, sarà più difficile per i parassiti sviluppare una resistenza, ma dobbiamo comunque preoccuparci della resistenza dei parassiti a questi nuovi agenti. Il tempo di sviluppo dei biopesticidi è di cinque-dieci anni, quindi se aspettiamo ad agire, perderemo questi nuovi agenti perché i parassiti si saranno già evoluti”. La dottoressa Rosie Mangan, ricercatrice post-dottorato presso l’Università di Stirling, ha aggiunto: “Sono necessari nuovi approcci alla gestione della resistenza per questi prodotti fitosanitari, per evitare lo stesso buco di invenzioni e aumento di perdite che si è verificato per i pesticidi chimici. La nostra prospettiva sostiene che gli agricoltori possono contribuire a gestire i rischi di resistenza piantando una maggiore diversità di colture e utilizzando più biopesticidi. Questo ridurrà la diffusione della resistenza e contribuirà a mantenere l’efficacia dei biopesticidi nel lungo periodo”.