Un nuovo processo di frantumazione delle rocce, utilizzate nell’edilizia e nell’industria mineraria, potrebbe catturare lo 0,5% delle emissioni globali di anidride carbonica (CO2) -che equivarrebbe a piantare una foresta di alberi grande quanto la Germania- senza l’aggiunta di energia. La ricerca dell’Università di Strathclyde (Scozia) dimostra come sia possibile intrappolare una maggiore percentuale di anidride carbonica in una forma stabile e insolubile in rocce composte da diversi minerali macinandola in gas CO2. Le polveri di roccia così ottenute possono essere immagazzinate e utilizzate nell’ambiente per la costruzione e per altri scopi. L’industria dei materiali e delle costruzioni è responsabile dell’11% delle emissioni globali di carbonio, e ogni anno, in tutto il mondo, vengono frantumate più di 50 miliardi di tonnellate di roccia. L’attuale processo di frantumazione non cattura la CO2, ma questa nuova tecnologia potrebbe potenzialmente catturare 175 milioni di tonnellate di anidride carbonica all’anno se fosse adottata a livello mondiale nella produzione di aggregati. La professoressa Rebecca Lunn, ricercatrice principale del Dipartimento di Ingegneria civile e ambientale, ha dichiarato: “La speranza è che il settore possa ridurre le emissioni adattando gli attuali impianti per intrappolare il carbonio dai flussi di gas inquinanti, come quelli provenienti dalla produzione di cemento o dalle centrali elettriche a gas”. L’applicazione di questo processo potrebbe ridurre l’impronta di CO2 associata alla costruzione di case e infrastrutture pubbliche, contribuendo a raggiungere gli obiettivi globali di lotta al cambiamento climatico dell’Accordo di Parigi.