Negli ultimi anni, molti progressi sono stati fatti nella comprensione di come l’invecchiamento influisce sulla salute e sulla durata della vita umana. Tutti questi progressi possono essere raggruppati sotto il termine ombrello “biologia della longevità”, un campo di ricerca sempre più importante in cui gli scienziati cercano di comprendere i meccanismi biologici che determinano l’invecchiamento e la longevità. Sono diversi gli elementi di studio da approfondire in questo campo di studi innovativo. Gli scienziati, infatti, hanno identificato vari fattori che contribuiscono all’invecchiamento, come il danneggiamento del DNA, l’infiammazione cronica e lo stress ossidativo. Oltre a questi fenomeni, i ricercatori si concentrano moltissimo sull’approfondimento della genetica e dei geni coinvolti nell’invecchiamento e nella longevità, cercando di identificare possibili bersagli per nuove terapie anti-invecchiamento.
Autofagia, apoptosi ed epigenetica nell’invecchiamento e nella longevità
Per saperne di più rispetto questa recente area della ricerca scientifica, è importante familiarizzare con tre meccanismi biologici che, secondo gli scienziati, sono fondamentali nella regolazione dell’invecchiamento e della longevità negli organismi animali, ovvero autofagia, l’apoptosi e l’epigenetica.
L’autofagia
Una delle principali scoperte nella biologia della longevità è stata quella dei meccanismi biologici che stanno dietro al processo di autofagia. L’autofagia è un processo biologico fondamentale, di recente scoperta, che avviene all’interno delle cellule, le quali sono in grado di digerire e riciclare le loro componenti danneggiate o vecchie. Il termine “autofagia” deriva dal greco antico e significa letteralmente “mangiare sé stesso”. L’autofagia può essere considerata come un meccanismo di “pulizia” cellulare, in quanto permette alla cellula di rimuovere eventuali accumuli di proteine non funzionanti, organelli vecchi o danneggiati e altre macromolecole che potrebbero ostacolare il funzionamento cellulare. Inoltre, l’autofagia consente alle cellule di ottenere energia e nutrienti durante periodi di carenza, come ad esempio in situazioni di digiuno. L’autofagia può essere definita come un processo di riciclaggio cellulare in cui le cellule digeriscono e riciclano, appunto, le proprie proteine danneggiate o non funzionanti. Per queste ragioni, gli scienziati hanno capito che aumentare l’attività dell’autofagia può migliorare la longevità negli organismi animali. L’autofagia è stata scoperta e descritta per la prima volta dall’autore giapponese Yoshinori Ohsumi, che per questa scoperta ha ricevuto il Premio Nobel per la Medicina nel 2016. Ohsumi ha iniziato a studiare l’autofagia negli anni ’90 del secolo scorso, utilizzando il lievito Saccharomyces cerevisiae come modello di studio. Attraverso una serie di esperimenti, Ohsumi ha dimostrato l’esistenza di un sistema di autofagia altamente regolato e ha identificato molte delle proteine coinvolte nel processo.
L’apoptosi
Oltre all’autofagia, i ricercatori si concentrano sui meccanismi già noti che regolano il metabolismo e l’invecchiamento. Tra questi l’apoptosi, la morte cellulare programmata. L’apoptosi è un processo che avviene naturalmente nel corpo umano. Questo processo è essenziale per lo sviluppo e la sopravvivenza degli organismi viventi, in quanto elimina le cellule che non sono più necessarie o che possono essere dannose per il corpo. Durante l’apoptosi, le cellule attivano una serie di segnali che portano alla riduzione delle loro dimensioni e al distacco dalla matrice extracellulare. Successivamente, il nucleo della cellula viene frammentato e la cellula stessa viene divisa in piccole parti che vengono inglobate e riutilizzate da altre cellule del corpo. L’apoptosi è un processo altamente regolato e controllato da una serie di proteine specifiche. Quando questo processo viene alterato, può causare diverse patologie, tra cui il cancro e alcune malattie neurodegenerative. Studi recenti hanno dimostrato che la riduzione dell’apoptosi può aumentare la longevità degli organismi animali.
L’epigenetica
Infine, gli scienziati stanno studiando anche il ruolo dell’epigenetica per quanto riguarda approfondimento dell’invecchiamento della longevità. L’epigenetica è lo studio delle modificazioni chimiche al DNA che influenzano l’espressione dei geni. In altre parole, l’epigenetica si occupa di come i geni vengono attivati o disattivati e di come questo può influire sulle caratteristiche fenotipiche di un organismo. Le modificazioni epigenetiche possono essere ereditate da una cellula alla sua progenie durante la divisione cellulare, ma possono anche essere influenzate da fattori ambientali come la dieta, lo stile di vita e lo stress. Ci sono diverse forme di modificazioni epigenetiche, ma le più studiate sono la metilazione del DNA e le modificazioni delle proteine istoniche. La metilazione del DNA avviene quando un gruppo metile viene aggiunto a una citosina nel DNA, e questo può portare alla repressione del gene. Le modificazioni delle proteine istoniche, invece, coinvolgono la modifica delle proteine che avvolgono il DNA nel nucleo, e possono influire sulla disposizione del DNA stesso e sulla sua capacità di essere trascritto in RNA. Per queste ragioni, l’epigenetica è stata spesso associata a diverse malattie, tra cui il cancro e le malattie neurodegenerative. Gli scienziati stanno anche cercando di capire come le modifiche epigenetiche influenzano l’invecchiamento e la longevità, provando ad identificare i possibili bersagli per nuove terapie anti-invecchiamento. La comprensione delle modificazioni epigenetiche può anche portare a nuove terapie per queste malattie, poiché le modifiche epigenetiche possono essere invertite.
L’avanzamento della ricerca sulla biologia della longevità: scoperte e prospettive future
Gli scienziati stanno facendo molti progressi nella comprensione e nello studio della biologia della longevità, cercando di identificare nuovi bersagli per nuove terapie anti-invecchiamento. Probabilmente l’approfondimento da parte della comunità scientifica di questa area è anche spinto dal crescente problema dell’invecchiamento della popolazione mondiale. Ci sono state molte scoperte interessanti sulla biologia dell’invecchiamento negli ultimi anni. Tra le più importanti e recenti, abbiamo:
- Terapia genica per invertire l’invecchiamento: nel 2020, i ricercatori hanno utilizzato la terapia genica per invertire l’invecchiamento nei topi. La terapia ha aumentato la durata della vita del 25% e ha migliorato la funzione muscolare del 50%. I ricercatori sperano di poter applicare questa tecnologia agli esseri umani in futuro.
- La metformina può prolungare la vita: la metformina è un farmaco utilizzato per il trattamento del diabete. Tuttavia, uno studio del 2021 ha dimostrato che la metformina può prolungare la vita di animali da laboratorio e ridurre il rischio di malattie legate all’età.
- Ruolo delle cellule T nella longevità: nel 2021, uno studio ha identificato un sottotipo di cellule T che sembra essere associato alla longevità. Queste cellule producono una proteina chiamata CD28, che sembra avere un effetto protettivo sul sistema immunitario e sulla salute generale.
- La restrizione calorica può aumentare la longevità: la restrizione calorica è stata a lungo associata alla longevità in molte specie animali. Uno studio del 2019 ha dimostrato che la restrizione calorica può anche rallentare il processo di invecchiamento nei primati.
- Ruolo delle cellule senescenti nell’invecchiamento: Le cellule senescenti sono cellule che hanno cessato di dividersi ma che continuano a produrre proteine infiammatorie. Nel 2021, uno studio ha dimostrato che l’eliminazione di queste cellule senescenti nei topi anziani ha migliorato la loro salute e la loro durata della vita.
Queste scoperte e molte altre stanno aprendo nuove strade nella ricerca sull’invecchiamento e potrebbero portare a nuovi trattamenti per combattere le malattie legate all’età e migliorare la salute e la longevità umana.