Secondo un recente studio pubblicato su PLOS ONE dai ricercatori del gruppo Culture, Archaeology and Socio-Ecological Dynamics (CaSEs) del Dipartimento di Scienze Umanistiche dell’Università catalana Pompeu Fabra, la coltivazione di miglio e sorgo potrebbe fornire una risposta all’aumento dei livelli di aridità legati ai cambiamenti climatici. Lo studio combina dati etnografici con nuove informazioni sul campo per dimostrare come l’agricoltura tradizionale su piccola scala, alimentata con la pioggia, fornisca informazioni preziose sulle pratiche agricole sostenibili. La ricerca offre una valutazione globale delle pratiche agricole tradizionali per tre delle specie considerate le più resistenti alla siccità del mondo: il miglio da dito, il miglio perlato e il sorgo. Queste colture sono i principali prodotti di base delle regioni aride e la loro produzione risale a più di 5.000 anni fa. Tuttavia, la loro produzione è diminuita progressivamente negli ultimi 50 anni. Nell’attuale contesto di cambiamento climatico e di aumento dei livelli di aridità in tutto il mondo, la ricerca sulle pratiche locali e sulle colture tradizionali è essenziale. Le conoscenze ecologiche tradizionali rappresentano una fonte vitale di informazioni, poiché includono lo sfruttamento delle risorse disponibili localmente e sono il risultato di processi di adattamento a lungo termine all’ambiente.
Gli autori dello studio osservano che le pratiche tradizionali per aumentare la resa delle colture si basano su risorse rinnovabili, contrariamente alle soluzioni a breve termine spesso utilizzate dalle istituzioni sovranazionali, che causano danni significativi alla biodiversità delle colture e alla conservazione del suolo. Queste pratiche tradizionali consentono di aumentare la produttività e ridurre al minimo le perdite di raccolto, senza sacrificare la sostenibilità e la resilienza a lungo termine. Lo studio offre una visione alternativa per integrare le conoscenze tradizionali nei programmi scientifici e politici, con l’obiettivo di fornire soluzioni per la sicurezza alimentare nelle aree aride a basso e medio reddito. Gli autori costruiscono e testano modelli per spiegare le pratiche agricole tradizionali e la variabilità dei sistemi esistenti in questo campo, oltre a mappare le possibili aree per la coltivazione di miglio e sorgo a livello globale.
Creare nuovi modelli per spiegare le pratiche agricole tradizionali
Nella loro ricerca, gli autori costruiscono e testano modelli che mostrano l’interazione di variabili ecologiche e geografiche, che servono a spiegare le pratiche agricole tradizionali e la variabilità dei sistemi esistenti in questo campo, oltre a mappare le possibili aree di coltivazione di miglio a dito, miglio perlato e sorgo. Hanno scelto di utilizzare un approccio globale comparativo, che consente di semplificare i complessi dati etnografici, poiché hanno ridotto la variabilità intraculturale attraverso generalizzazioni basate sulle pratiche più comuni. Per questo motivo, hanno utilizzato i dati etnografici disponibili nel database eHRAF World Cultures come fonte principale di informazioni. “Abbiamo scoperto che la relazione tra le precipitazioni totali annue e la vitalità e la variabilità dei sistemi agricoli nelle zone aride di tutto il mondo non è così forte come si pensava in precedenza”. Il database eHRAF World Cultures contiene un gran numero di documenti che descrivono attività derivate dalle conoscenze ecologiche tradizionali (TEK) di tutto il mondo, dati che provengono da studi etnografici condotti in modo disomogeneo negli ultimi due secoli. “Nonostante l’inevitabile distorsione generata dall’uso di dati raccolti secondo diverse prospettive teoriche e metodologiche nel corso di oltre 150 anni di ricerca etnografica, il database eHRAF continua a essere uno degli strumenti più efficaci per condurre ricerche comparative globali, grazie alla ricchezza di informazioni che fornisce”, afferma Abel Ruiz-Giralt.
I modelli presentati nello studio, che includono diversi predittori ambientali nel loro disegno, semplificano le relazioni e le interazioni tra l’uomo e l’ambiente e possono quindi essere utili per comprendere le dinamiche generali sottostanti allo studio e allo sviluppo dei sistemi agricoli tradizionali. “Riteniamo che il nostro lavoro sia un contributo tempestivo e prezioso a questo dibattito, in quanto fornisce nuovi dati sulle pratiche dei piccoli agricoltori all’intersezione tra le conoscenze ecologiche tradizionali e quelle accademiche“.