La sindrome di Robinow è la più nota tra le malattie genetiche che influenzano la crescita e lo sviluppo del sistema scheletrico. I pazienti affetti da queste patologie presentano anomalie facciali, come la palatoschisi, e sviluppano un nanismo degli arti intorno ai 18 mesi. Ora, in uno studio pubblicato su Development, gli scienziati del Nationwide Children’s Hospital dell’Ohio (USA) e del Van Andel Research Institute del Michigan (USA) hanno dimostrato per la prima volta la correzione della lunghezza degli arti su topi da laboratorio affetti da una patologia molto simile, nota come sindrome di Robinow autosomica dominante associata a FZD2, fornendo una speranza per future terapie. Sebbene i disturbi della sindrome di Robinow autosomica dominante siano estremamente rari (colpiscono circa 50 famiglie in tutto il mondo), sono associati a variazioni genetiche (mutazioni) in un gruppo di geni che possono essere ereditati da un genitore o insorgere spontaneamente, il che significa che la diagnosi non è sempre banale. Il professor Rolf Stottmann, che ha guidato lo studio, ha dichiarato: “Abbiamo iniziato il progetto studiando i genomi di famiglie con diverse differenze strutturali del cervello e del viso alla nascita che non avevano ancora ricevuto una diagnosi genetica. Abbiamo identificato che una delle famiglie di questa coorte aveva una mutazione nel gene FZD2”.
La mutazione sui topi del gene responsabile della m alattia negli umani
FZD2 è ora noto come uno dei geni collegati alla sindrome di Robinow autosomica dominante. Come gli altri geni di questo gruppo, FZD2 produce una proteina coinvolta nell’invio di segnali che le cellule utilizzano per organizzarsi in tessuti. Nel loro studio, il professor Stottmann e i suoi colleghi hanno utilizzato la tecnologia di editing del genoma CRISPR/Cas9 per indurre mutazioni in una regione precisa di Fzd2, riproducendo i tipi specifici di mutazioni riscontrate nei pazienti umani. I ricercatori hanno scoperto che i topi con queste mutazioni presentavano malformazioni facciali e scheletriche simili a quelle riscontrate nei pazienti, tra cui palatoschisi e arti di dimensioni inferiori alla metà del normale.
I ricercatori avevano previsto che questo tipo di mutazioni di Fzd2 avrebbero interrotto la segnalazione e ostacolato la crescita dello scheletro. Per salvare i segnali mancanti, gli scienziati sono intervenuti trattando i topi gravidi con un farmaco che stimola la via di segnalazione. “Questo farmaco è un’opzione interessante perché pensiamo di conoscerne il funzionamento e un lavoro precedente aveva dimostrato che poteva salvare la palatoschisi in un modello murino”, ha spiegato il professor Stottmann. È sorprendente constatare che i cuccioli esposti al farmaco avevano arti significativamente più lunghi rispetto ai topi modello non trattati. Il successo di questi esperimenti sui topi, suggerisce che il farmaco potrebbe essere utilizzato anche come trattamento terapeutico nei pazienti umani. “L’idea di trattare le ossa degli arti per via medica anziché chirurgica è una prova di principio molto importante, che dimostriamo in questo studio”, ha dichiarato il professor Stottmann.