Mentre il riscaldamento globale sta causando la perdita di barriere coralline in tutto il mondo, gli scienziati ritengono che alcuni coralli stiano aumentando la loro tolleranza al calore modificando le comunità di alghe simbiotiche che ospitano e che, attraverso la fotosintesi, forniscono loro l’energia necessaria per vivere. Gli scienziati della University of Miami Rosenstiel School of Marine, Atmospheric, and Earth Science hanno scoperto che alcune barriere coralline dell’Oceano Pacifico tropicale potrebbero mantenere un’elevata copertura di coralli nella seconda metà di questo secolo dando un po’ di speranza in un quadro spesso allarmante sul futuro delle barriere coralline in tutto il mondo. “I nostri risultati suggeriscono che alcune barriere coralline del Pacifico tropicale orientale, che comprende le coste del Pacifico di Panama, Costa Rica, Messico e Colombia, potrebbero essere in grado di mantenere un’elevata copertura corallina fino al 2060”, ha dichiarato la biologa dei coralli Ana Palacio-Castro, autrice principale dello studio. “Tuttavia, anche se questa può essere vista come una buona notizia la loro sopravvivenza potrebbe non continuare oltre questa data, a meno che non riduciamo le emissioni globali di gas serra e freniamo il riscaldamento globale su scala più ampia”. Le barriere coralline poco profonde dell’Oceano Pacifico tropicale orientale sono costituite prevalentemente da coralli ramificati del genere Pocillopora, che sono estremamente importanti per le barriere della regione. Le alghe microscopiche che ospitano nei loro tessuti raccolgono la luce per aiutare il corallo a produrre energia per crescere. La perdita di queste alghe simbiotiche fa diventare il corallo bianco e non piu’ capace di soddisfare il proprio fabbisogno energetico, cosa che spesso può risultare fatale.
Lo studio
Per capire meglio come i coralli abbiano migliorato la loro tolleranza allo stress termico, i ricercatori hanno esaminato oltre 40 anni di dati di monitoraggio della barriera corallina di Panama. Hanno analizzato i dati relativi alla temperatura, alla copertura dei coralli, allo sbiancamento e alla mortalità di tre ondate di calore oceanico – nel 1982-1983, nel 1997-1998 e nel 2015-2016 – insieme ai dati relativi alle comunità di alghe durante le ultime due ondate.
L’analisi ha mostrato che l’ondata di calore del 1982-83 ha ridotto significativamente la copertura dei coralli sulla barriera corallina, ma gli effetti di El Niño del 1997-98 e del 2015-16 sono stati più blandi, soprattutto per i coralli del genere Pocillopora – a volte noto come corallo a cavolfiore – il corallo predominante nella costruzione della barriera corallina nel Pacifico tropicale orientale. I ricercatori hanno anche confermato che durante le forti ondate di calore oceanico, l’alga Durusdinium glynnii, tollerante al calore, diventa sempre più comune in questo particolare lignaggio di coralli, consentendo loro di sopportare meglio i periodi di temperature elevate. In base alle proiezioni climatiche sui futuri stress da calore, le barriere coralline composte prevalentemente da coralli Pocillopora, e che ospitano Durusdinium glynnii, hanno portato srisultati che suggeriscono che sono molto ben equipaggiate per sopravvivere e mantenere alti livelli di copertura corallina, indicando che alcuni sistemi di barriera corallina potrebbero essere più resistenti al riscaldamento di quanto si pensasse in precedenza. “Anche se non pensiamo che la maggior parte delle barriere coralline sarà in grado di sopravvivere in questo modo, questo suggerisce che le vestigia delle nostre attuali barriere coralline potrebbero persistere più a lungo di quanto pensassimo, anche se potenzialmente con molte meno specie”, ha dichiarato Andrew Baker, professore di biologia marina ed ecologia presso la Rosenstiel School e autore dello studio.