Perché le persone cieche mostrano attività nelle aree cerebrali di elaborazione visiva?

Recentemente pubblicato sulla rivista scientifica Human Brain Mapping, uno studio brasiliano ha identificato per la prima volta la riorganizzazione delle strutture anatomiche nel cervello di persone affette da cecità congenita. La ricerca è stata condotta dall’Istituto di Ricerca e Istruzione D’Or (IDOR), dall’Università Federale di Rio de Janeiro (UFRJ) e dal Centro di Oftalmologia Specializzata del Brasile. Qualche decennio fa, alcuni studi scientifici hanno riportato la curiosa scoperta che le persone nate cieche potevano attivare la regione del cervello deputata all’elaborazione della visione, la corteccia occipitale, quando erano impegnate in un’attività non visiva, come la lettura del Braille (un sistema di linguaggio tattile). Questi studi sono stati un’ulteriore prova della cosiddetta plasticità cerebrale, ovvero la capacità del cervello di riorganizzare le proprie connessioni per far fronte alle avversità. Questo processo può comportare una serie di modifiche strutturali, come lo sviluppo di nuovi percorsi neurali o la riorganizzazione delle connessioni esistenti. “Subito dopo la nascita, siamo esposti a stimoli catturati dai nostri sensi, che sono fondamentali per determinare i circuiti cerebrali. È anche un momento in cui il nostro cervello è in grande trasformazione. Tecnicamente potremmo pensare che la corteccia occipitale sia priva di funzioni nelle persone nate cieche, ma sappiamo che non è così. È attivata. Quello che ci mancava da capire era il processo strutturale che ne è alla base”, spiega la dottoressa Fernanda Tovar-Moll, autore dell’attuale studio e presidente dell’IDOR. Nella ricerca sono state utilizzate tecniche di risonanza magnetica per analizzare la connettività strutturale del cervello umano e per studiare la possibilità di connessioni neurali alternative. Le immagini neurali di 10 individui con cecità congenita e lettori Braille sono state confrontate con un gruppo di controllo di 10 individui con vista intatta. Dopo un’analisi dettagliata, gli scienziati hanno osservato cambiamenti strutturali della connettività nel talamo, una struttura situata nel diencefalo, la regione centrale del cervello che riceve, elabora e distribuisce le informazioni catturate dai principali sensi umani – come la vista, l’udito e il tatto – alle diverse regioni del cervello.

La corteccia visiva oltre ad essere attivata, è invasa da connessioni che affinano altri sensi

La ricerca ha anche osservato che l’area del talamo, dedicata alle connessioni con la corteccia occipitale (visione), era più piccola e più debole negli individui ciechi, lasciando spazio alle connessioni con la corteccia temporale (udito), che si sono dimostrate rafforzate rispetto a quelle osservate negli individui senza deficit visivo. Ciò significa che la corteccia visiva, oltre a essere attivata, è invasa da connessioni che affinano altri sensi, come l’udito e il tatto. È la prima volta che uno studio descrive nell’uomo una mappatura alternativa nella connettività del talamo con le cortecce occipitale e temporale, e queste riorganizzazioni plastiche potrebbero essere un meccanismo in grado di spiegare come gli stimoli non visivi raggiungano e attivino la corteccia visiva nelle persone congenitamente cieche. “Gli studi di neuroimmagine ci permettono di navigare nella struttura del cervello e di comprendere meglio la diversità della plasticità cerebrale, il che può anche aprire la strada a scoperte come nuove iniziative di riabilitazione visiva”, aggiunge la dott.ssa Tovar-Moll, informando che il suo gruppo di ricerca è tuttora impegnato in altri studi con persone cieche congenite in cui si indagano, oltre alla struttura, gli adattamenti funzionali della plasticità cerebrale in questa popolazione.

 

 

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