I progetti di Ctizen science offrono al pubblico in generale o a segmenti di esso, come gli studenti delle scuole, l’opportunità di partecipare alla ricerca scientifica. Il Progetto Extreme Energy Events (EEE) in Italia è una collaborazione tra i fisici delle particelle che studiano i raggi cosmici e gli studenti delle scuole, e i loro insegnanti, in tutto il Paese. Il progetto ha il duplice obiettivo di portare la ricerca sui raggi cosmici nelle scuole e di creare un “laboratorio aperto” di rivelatori di particelle in tutto il Paese. Una delle principali ricercatrici del consorzio del Progetto EEE, Silvia Pisano del Centro Italiano Fermi e dei Laboratori Nazionali di Frascati dell’INFN di Roma, ha riassunto i risultati di circa 20 anni di questo progetto in un nuovo articolo pubblicato su EPJ Plus.
I raggi cosmici sono particelle ad alta energia che viaggiano nello spazio quasi alla velocità della luce; quando entrano in contatto con l’atmosfera terrestre producono una serie di particelle secondarie che possono essere rilevate quando raggiungono il livello del suolo. Un raggio cosmico primario può produrre una pioggia di particelle di questo tipo che ricopre completamente una città delle dimensioni, ad esempio, di Bologna. “Ci sono ancora molte domande aperte su queste particelle secondarie, come ad esempio i dettagli dei loro spettri energetici”, spiega Pisano. La rete EEE è costituita da circa 60 rivelatori o “telescopi EEE” situati in tutta Italia, per lo più nelle scuole superiori. Gli studenti e i loro insegnanti sono coinvolti in tutti gli aspetti del progetto: installazione e manutenzione delle apparecchiature, raccolta e analisi dei dati e divulgazione dei risultati. “La particolarità di un esperimento progettato in questo modo è che può cercare correlazioni tra eventi distanti centinaia di chilometri”, aggiunge Pisano. Pisano e i suoi collaboratori stanno ora pianificando di estendere la rete per includere altre scuole, comprese alcune al di fuori dell’Italia. “Questo esperimento offre un ambiente unico per educare le future generazioni alla pratica della scienza”, conclude la ricercatrice.