Plastica: il suo impatto sulla salute si tramanda per generazioni

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Uno studio dell’Università della California, a Riverside, condotto sui topi dal laboratorio, riferisce che i padri esposti alle sostanze chimiche presenti nelle materie plastiche possono influenzare la salute metabolica della prole, per due generazioni. Le materie plastiche, ormai onnipresenti, contengono sostanze chimiche che alterano il sistema endocrino (sistema che comprende l’insieme di ghiandole endocrine che hanno la funzione di produrre e immettere nell’organismo gli ormoni). Queste sostanze, infatti, prendono il nome di interferenti endocrini (IE) e sono state collegate a un aumento del rischio di molte malattie croniche; l’esposizione dei genitori agli IE, ad esempio, ha dimostrato di causare disturbi metabolici, tra cui obesità e diabete, nella prole. La maggior parte degli studi si è concentrata sull’impatto dell’esposizione materna agli IE sulla salute della prole. Lo studio attuale, pubblicato sulla rivista Environment International, si è concentrato sugli effetti dell’esposizione paterna.

Il bioaccumulo degli ftalati

Guidati da Changcheng Zhou, professore di scienze biomediche presso la Facoltà di Medicina, i ricercatori hanno analizzato l’impatto dell’esposizione paterna a uno ftalato chiamato dicicloesilftalato, o DCHP, sulla salute metabolica della prole di prima generazione (F1) e di seconda generazione (F2), nei topi. Gli ftalati sono sostanze chimiche utilizzate per rendere più durevoli le materie plastiche. I ricercatori hanno scoperto che l’esposizione paterna al DCHP, per quattro settimane, ha portato a un’elevata resistenza all’insulina e a un’alterazione della segnalazione dell’insulina nella progenie F1. Lo stesso effetto, ma più debole, è stato riscontrato anche nella prole successiva, ovvero i figli dei soggetti F1, la prole F2.

“Abbiamo scoperto che l’esposizione paterna agli ftalati che alterano il sistema endocrino può avere effetti negativi intergenerazionali e transgenerazionali sulla salute metabolica della prole”, ha dichiarato Zhou.

Nel caso dell’esposizione paterna, gli effetti intergenerazionali sono cambiamenti che si verificano a causa dell’esposizione diretta a un fattore di stress, come l’esposizione al DCHP del padre (generazione F0) e del suo sperma in via di sviluppo (generazione F1). Gli effetti transgenerazionali sono cambiamenti trasmessi alla prole non direttamente esposta al fattore di stress (per esempio, la generazione F2).

L’équipe di Zhou si è concentrata sullo sperma, in particolare sulle sue molecole di piccoli RNA, responsabili del passaggio di informazioni nel corso delle generazioni. I ricercatori hanno utilizzato il “metodo PANDORA-seq”, un metodo innovativo che ha dimostrato che l’esposizione al DCHP può portare a cambiamenti di small-RNA nello sperma. Questi cambiamenti non vengono rilevati dai metodi tradizionali di sequenziamento dell’RNA, che non hanno la panoramica completa del profilo dell’RNA resa invece possibile da PANDORA-seq.

Il genere incide sulla trasmissione

Lo studio ha utilizzato solo maschi F1 fatti accoppiare con topi femmina non esposti per generare prole F2. Il team ha riscontrato che l’esposizione paterna al DCHP induceva disturbi metabolici, come una ridotta tolleranza al glucosio, sia nei maschi che nelle femmine della progenie F1, ma questi disturbi si manifestavano solo nelle femmine della progenie F2. Lo studio non ha ancora esaminato la prole F3. “Questo suggerisce che l’esposizione paterna al DCHP può portare a effetti transgenerazionali specifici per il sesso sulla salute metabolica della progenie”, ha detto Zhou. “Al momento non sappiamo perché i disturbi non si manifestino nei figli maschi F2”. Zhou ha sottolineato che il DCHP è ampiamente utilizzato in una varietà di prodotti in plastica ed è stato rilevato negli alimenti, nell’acqua e nel particolato (l’insieme delle sostanze solide o liquide sospese in aria). Il DCHP è stato trovato anche in campioni di sangue e di urina umana. La U.S. Environmental Protection Agency ha recentemente designato il DCHP come una delle 20 sostanze ad alta priorità per la valutazione dei rischi.

“È meglio ridurre al minimo l’uso di prodotti di plastica”, ha detto Zhou. “Questo può anche contribuire a ridurre l’inquinamento da plastica, uno dei problemi ambientali più urgenti”.  Zhou, è autore di un altro importante studio sull’effetto nocivo degli ftalati: il report, sempre condotti sui topi, dimostrava che l’esposizione al DCHP porta a un aumento dei livelli di colesterolo nel sangue (specificamente nel plasma)

 

 

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