Forspoken, la recensione: una fiaba di nuova generazione

Nato dalle ceneri di alcune tech demo fin troppo interessanti e cresciuto sotto la spinta di presentazioni mozzafiato, Forspoken è il secondo gioco di Square Enix a fare uso del Luminous Engine, il motore grafico che aveva debuttato con Final Fantasy XV e che per anni ci è stato presentato come rivoluzionario.

Agni’s Philosophy, la tech demo presentata a E3 2012 che per prima aveva introdotto le potenzialità del nuovo engine, aveva sbalordito tutti e sembrava aprire a un futuro dove la nuova generazione avrebbe finalmente avuto la potenza di calcolo necessaria a riprodurre adeguatamente quel livello di qualità grafica in real-time, in-game. Dopo la prima prova pratica con Final Fantasy XV, uscito sei anni fa su console della generazione uscente, adesso è arrivato il momento per Forspoken di dimostrare come il tanto discusso Luminous Engine possa finalmente performare su PC e su una console di nuova generazione (ma già rodata) come PlayStation 5, sulla quale abbiamo concentrato la nostra prova.

Come nelle fiabe

Prima di fiondarci sull’analisi tecnica del gioco, imprescindibile per valutarlo adeguatamente, è doverosa qualche considerazione sull’aspetto narrativo che tanto sta a cuore sia a Square Enix che ai suoi fan.
Frey Holland, ragazza di strada dal passato difficile e la fedina penale un po’ grigia, ha praticamente toccato il fondo. Proprio quando sembrava fosse pronta a ricominciare una nuova vita lontana dalla crudele New York, tutto il suo mondo va (letteralmente) a fuoco e sprofonda in un baratro che sembra inesorabilmente destinato a concludersi con un gesto estremo: perchè soffrire così tanto e aggrapparsi con tutte le forze a questa società quando si può semplicemente farla finita?
Nel momento più buio, però, un barlume di luce la riporta su una via del tutto inattesa e in particolare ad Athia, mondo parallelo in cui la Corruzione sta sterminando tutte le forme di vita e Frey si riscopre in grado di usare poteri speciali.

Tra sorpresa, paura dell’ignoto, mostruosità e una distinta sfiducia nel prossimo, Frey cerca sin da subito di trovare un modo per tornare nel proprio mondo, incurante delle sofferenze del popolo di Athia che a quanto pare solo lei è in grado di salvare grazie ai propri poteri.
Come in tutte le fiabe, però, un’antagonista e un evento scatenatore rimetteranno piano piano in discussione le motivazioni della protagonista e la porteranno ad affrontare un viaggio di crescita capace di convertire il proprio egoismo in sacrificio per il prossimo.

A dir la verità, alcuni passaggi di questo percorso “breaking good” necessari a far avanzare la storia rimangono un po’ forzati, ma il modello, le espressioni e il doppiaggio inglese di Frey sono troppo accattivanti e insieme a una scrittura dei dialoghi a sprazzi davvero brillante riescono a far chiudere un occhio su queste forzature. Gran merito anche all’umorismo e alla sagacia di Cuff, il bracciale senziente intrecciato all’avambraccio della ragazza, che rappresenta il classico “assistente” proppiano ma anche quell’immancabile voce di supporto che funge da guida, tutorial e intrattenitore nei videogiochi di azione/esplorazione.

Athia in particolare è un mondo tanto vasto quanto deserto, abitato solo da mostri e da un esiguo gruppetto di umani arroccati a Cipal, ultima città sopravvissuta alla Corruzione, che funge da “hub” dove Frey può riposarsi e interagire con altre persone tra un parkour magico e l’altro. Tutto il resto del gameplay si basa sull’esplorazione di rovine e distese di rocce o prati alternati a punti di interesse come monumenti, forti, villaggi e fonti benedette, quest’ultime essenziali per apprendere nuove abilità uniche.

L’aspetto peculiare che rende Forspoken una “fiaba” più moderna rispetto a tante altre già viste nei videogiochi è sicuramente il personaggio di Frey, che riveste il ruolo di una non-protagonista dal tipico caratterino di chi è cresciuto nelle strade di una metropoli come New York e dal linguaggio con tanto di slang che non sempre rimane Pegi 3. Non sempre e non tutto funziona, ma se c’è un motivo per cui si può apprezzare il telaio narrativo di Forspoken quello è decisamente lo stile della sua protagonista, insieme al suo modo di interagire con Cuff.

Vado, spacco, torno

Gran parte del gioco si concentra sul trovare un presupposto per Frey di lasciare Cipal e viaggiare per Athia, lottare contro la Corruzione o contro un nemico in particolare e fare ritorno alla capitale per riposarsi e ripetere. Il viaggio dell’Eroe lascia subito spazio a una serie di spedizioni lampo che, senza alcuna necessità di doversi concentrare in attività secondarie, rende la main quest davvero troppo breve, non tanto per la quantità di ore di gioco (in questo caso circa 14), ma per la rapidità con cui Frey passa dall’essere un’emarginata vagabonda dallo spirito ribelle a maga superiore capace di sfidare i nemici più temibili della storia di Athia, con successo. Dal punto di vista narrativo forse il gioco concede a Frey la padronanza dei propri poteri troppo presto, ma da quello del gameplay il problema risiede nel level up mal bilanciato con l’esplorazione.

Per potenziare Frey e le sue magie occorre infatti il mana, ottenibile salendo di livello (in pratica sconfiggendo nemici e completando obiettivi) o molto più velocemente raccogliendo le fonti di mana sparse praticamente ovunque nel mondo di gioco in bella vista e alla mercè del giocatore, che non deve fare altro che spostarsi in parkour magico per qualche minuto per ritrovarsi più che pronto a battere il prossimo boss.

Un problema di bilanciamento non risolvibile aumentando la difficoltà, perchè si scontra presto con la ripetitività di combattimenti basati sullo sparare magie mentre si schivano gli attacchi nemici.
Considerata la varietà degli incantesimi di attacco e di supporto e il sistema di valutazione alla “Devil May Cry” degli scontri sarebbe stato lecito aspettarsi concantenazioni di magie e combo spettacolari, ma in realtà lo switch non proprio immediato tra i set di magie e un sistema di mira macchinoso rendono difficile la vita a chi vorrebbe giocare con stile e creatività. I combattimenti contro i boss, a parte rare eccezioni, si rivelano quindi inutilmente longevi e in pochissimi casi ci si riesce a godere le battaglie se non per la spettacolarità delle evoluzioni in aria di Frey.

Il combattimento lascia dunque spazio all’esplorazione e questo rappresenta un bene per Forspoken, perchè al di là di tutti questi dubbi sfrecciare tra le rovine e le ambientazioni di Athia riesce a essere piacevole, soprattutto per chi sta cercando un’esperienza “da completisti” in stile Assassin’s Creed Odyssey. Le attività, seppur poco varie, sono tante e per raggiungere il 100% si potrebbe superare anche il traguardo delle 30 ore di gioco, se non ci si stufa prima.
Tra fiabe, slang, distese e battute però non bisogna dimenticare che un aspetto essenziale, come sottolineato prima, rimane quello tecnico.

Ciò che andava fatto

L’obiettivo è chiaro: considerata la sua ispirazione ad Agni’s Philosophy e visto il ritardo che ha spostato la data di uscita di quasi un anno, per non parlare del percorso di evoluzione e marketing che si è concentrato moltissimo su questo aspetto, Forspoken può essere considerato un vero e proprio tech game, un titolo uscito per mostrare su larga scala la qualità che ragionevolmente dovremo aspettarci per il vero colpo dell’anno, ovvero l’imminente uscita di Final Fantasy XVI prevista a giugno 2023.

Con questo non si vuole sminuire il lavoro di Luminous Production, ma che lo si voglia o no gli occhi dell’utenza sono principalmente rivolti a capire qual è l’esperienza di gioco che sarà protagonista della next gen Square Enix, anche e soprattutto perchè è stata la stessa casa nipponica a presentare Forspoken sotto questa luce; la domanda è capire se il risultato è quello sperato o meno.

Partiamo innanzitutto dicendo che Forspoken è un action adventure open world con meccaniche gdr e una fortissima espansione sia in orizzontale che in verticale degli ambienti, rendendo l’area esplorabile vasta e articolata su più livelli. Il primo banco di prova è dunque quello dei caricamenti, che però si rivelano positivamente velocissimi e si affiancano a un rendering della mappa esteso e congruo, così che le montagne poste all’orizzonte non solo non avranno un effetto “pop up” mentre ci si avvicina ma sono a tutti gli effetti visibili e raggiungibili senza soluzione di continuità. Ogni interruzione si estende per istanti, a volte nemmeno secondi, per un risultato che sarebbe davvero apprezzabile se non fosse per la quantità di intermezzi, cambi di scena, dissolvenze in nero e messaggi di stato che continuano a spezzare il ritmo della propria avventura spesso senza alcun motivo.

Alcune cutscenes in particolare hanno alcuni passaggi e dissolvenze che non contribuiscono in alcun modo a migliorare lo story telling, per non parlare di altre che invece sono così brevi e prive di contesto che ci si chiede perchè siano state inserite. Gli estremi maggiori si raggiungono con alcune transizioni da stato di quiete a crisi a suon di filmati in-game ricchi di animazioni macchinose e cambi di palette e filtri da far storcere davvero il naso, quasi impossibili da tollerare.

Più o meno alle prime avvisaglie di questa “approssimazione” si inizia a percepire come in Forspoken ci sia qualcosa che non va a livello tecnico, ma nelle prime ore di gioco i dubbi vengono tenuti a bada da una Frey estremamente accattivante nello stile estetico e soprattutto nelle animazioni. Tutto ciò che manca ai personaggi secondari è stato fornito invece a Frey che sembra l’unico elemento davvero fedele allo scopo iniziale del Luminous Engine: espressioni facciali, resa dei capelli, movimenti del corpo, ogni singolo dettaglio relativo alla protagonista è curatissimo, ma lo stesso non si può dire di chi la circonda, a parte qualche eccezione.

Il problema principale, tuttavia, è senza ombra di dubbio la resa estetica degli ambienti e in particolare degli edifici, sia in termini di nitidezza e dettaglio grafico ma soprattutto per quel che riguarda la gestione dell’illuminazione. Pareti, tetti, pavimenti, scale, corridoi, archi, porte, intere case, ogni elemento di Forspoken sembra raccontare che il team di sviluppo abbia rivolto ogni sforzo ai grandi ambienti di Athia, ma che alla fine abbia piazzato in fretta e furia tutti gli edifici ed elementi decorativi senza fare troppa attenzione alla resa luminosa, probabilmente confidando troppo nel ray tracing.

Forspoken vanta tre modalità grafiche: Qualità, con l’obiettivo di restituire un frame rate stabile a definizione 4K; Ray Tracing, che abilita appunto la tecnica in questione per una maggiore fedeltà sul comportamento della luce; Prestazione, che ha il compito di regolare la risoluzione per mantenere il frame rate più alto possibile. Ciascuna di queste modalità può essere poi utilizzata a 120hz o meno, ma in tutte e sei le combinazioni il risultato rimane di gran lunga inferiore a quello di Final Fantasy XV, che ricordiamo ancora essere un gioco di sei anni fa uscito su una console di generazione precedente equipaggiato dello stesso motore grafico.

Questo fallimento grafico è a tratti davvero imbarazzante, soprattutto dentro Cipal dove persino corridoi al buio sembrano illuminati in maniera piatta (oltre che inspiegabile), senza nemmeno il minimo tentativo di occlusione ambientale. Giochi usciti su PS4 anni e anni fa con engine meno ambiziosi del Luminous riescono ad apparire più piacevoli e fedeli di quanto faccia Forspoken in gran parte della sua produzione e non riusciamo davvero a spiegarcelo, a maggior ragione considerando l’incipit che in questi mesi di attesa faceva presagire si sarebbe piuttosto verificato l’opposto, ovvero ottima grafica a scapito di un gameplay sacrificato. Adesso la speranza è che la stessa sorte non tocchi a Final Fantasy XVI, dotato dello stesso engine, per quanto i video in-game mostrati finora e la finestra di lancio più avanzata lasciano ben sperare.

70
Forspoken
Recensione di Filippo Consalvo

Forspoken ha tante, troppe cose che non vanno. Dalla debacle grafica a una storia non sfavillante, passando per un battle system farraginoso e ripetitivo, il titolo di Luminous Production punta tutto sull'incredibile resa estetica, stilistica e caratteriale della protagonista Frey e il suo "braccio destro" Cuff, unici punti positivi del gioco insieme ad animazioni spettacolari e fluide. I caricamenti ultra rapidi rendono l'esplorazione del mondo di gioco comunque piacevole, ma tirando le somme Forspoken pecca soprattutto nell'aver mancato il principale obiettivo con cui era nato, ovvero quello di mostrare a tutti la potenza del motore grafico Luminous sulle console di nuova generazione.

ME GUSTA
  • La realizzazione di Frey
  • I dialoghi tra Frey e Cuff
  • Caricamenti rapidissimi
  • Animazioni fluide e spettacolari
FAIL
  • Resa grafica a tratti imbarazzante
  • Combattimenti poco avvincenti
  • Trama non brillante
  • Leveling system concepito male
Nacon House a Milano è il nuovo ritrovo della Gen Z
Nacon House a Milano è il nuovo ritrovo della Gen Z
World of Warships dà il benvenuto a Marco Materazzi nelle vesti di Capitano
World of Warships dà il benvenuto a Marco Materazzi nelle vesti di Capitano
Magic: The Gathering – Fallout è un inno al franchise Bethesda
Magic: The Gathering – Fallout è un inno al franchise Bethesda
Alone in the Dark, la recensione del reboot del cult horror targato Infogrames
Alone in the Dark, la recensione del reboot del cult horror targato Infogrames
Helldivers 2: esportare la democrazia nello spazio non è mai stato così divertente
Helldivers 2: esportare la democrazia nello spazio non è mai stato così divertente
PlayStation Plus, aprile 2024: annunciati i giochi gratis del mese per PS4 e PS5
PlayStation Plus, aprile 2024: annunciati i giochi gratis del mese per PS4 e PS5
Rise of the Ronin, la recensione: una questione personale
Rise of the Ronin, la recensione: una questione personale