Il compito di Polimeropolis è pulire l’Oceano Pacifico dalla Great Pacific Garbage Patch e dare vita a spazi abitabili. La Great Pacific Garbage Patch è un ammasso di rifiuti in plastica a livello continentale. Qui le correnti oceaniche trasportano rifiuti galleggianti derivanti dalla terraferma per l’80%. Negli anni con l’uso di droni sono stati scoperti isolotti di immondizia fino a 15 metri di lunghezza. 

Ad accentuare tutta questa spazzatura non biodegradabile o non riciclabile è il cambiamento climatico. Molte le soluzioni innalzando dighe o costruendo isole artificiali anti-inondazione. Un team di progettisti però ha tentato di risolvere il problema da un nuovo punto di vista: urbanizzare il Great Pacific Garbage Patch. Il progetto si chiama, appunto, Polimeropolis. In pratica, uno spazio alternativo di sperimentazione che mentre ospita vita umana, prova a ripulire l’oceano. 

La costruzione della città avviene recuperando la plastica nel Great Pacific Garbage Patch. La città urbana cresce, mentre l’isola di rifiuti diminuisce. Il sistema di raccolta delle microplastiche è aiutato da vegetazione fitodepurante, un purificatore dell’acqua che rende l’ambiente adatto a ospitare la vita. Ogni area urbana è abitata da circa 4mila persone, l’energia viene dal movimento delle maree, l’acqua potabile è prodotta grazie a osmosi inversa. Sono presenti fattorie idroponiche e verticali per produrre il cibo necessario alla cittadinanza. Insomma, il progetto è un gioco di immaginazione che vola alto. Una nuova proposta di urbanizzazione che cerca di conciliare umanità e rispetto dell’ambiente, creando un nuovo ecosistema e stile di vita.