Riciclaggio enzimatico: scomporre il PET è possibile

riciclaggio enzimatico della plastica

Il riciclaggio enzimatico rappresenta una tecnica innovativa che consente di separare le plastiche più resistenti alla degradazione, come il polietilene tereftalato (PET), in modo più economico rispetto ai metodi tradizionali. Questo tipo di plastica è utilizzato in diversi prodotti, come tessuti e bottiglie, e potrebbe essere scomposto in base alle sue proprietà chimiche con l’aiuto di enzimi artificiali. L’utilizzo di questa tecnologia sarebbe un ottimo modo per ridurre la quantità di rifiuti nel mondo, aiutando così a preservare l’ambiente.

Nuove tecnologie di riciclaggio

Gli studi più recenti confermano che il riciclaggio enzimatico potrebbe essere una soluzione per smaltire le plastiche più resistenti, come il polietilene tereftalato (PET). Brevettato nel 1940, questo materiale ha riscosso un grande successo per la sua versatilità e durata, diventando così una delle plastiche più diffuse al mondo. Tuttavia, risulta essere anche la più complessa da smaltire: finora, le tecnologie di riciclaggio più avanzate, seppur promettenti, sono anche estremamente costose. Pertanto, l’utilizzo di queste tecniche di riciclaggio enzimatico potrebbe essere una soluzione più efficiente ed economica per smaltire il PET.

Secondo Gregg Beckham, ricercatore senior presso il National Renewable Energy Laboratory (NREL) e CEO del U.S. Department of Energy BOTTLE Consortium, la maggior parte dei prodotti in PET come l’abbigliamento e la moquette non vengono riciclati con tecnologie di riciclaggio convenzionali. La comunità di ricerca sta sviluppando alternative promettenti, come enzimi progettati per depolimerizzare il PET, ma queste opzioni spesso richiedono una preelaborazione ad alta intensità di energia e costosa per essere efficaci.

La maggior parte del PET (polietilene tereftalato) non può essere riciclata, e di conseguenza finisce in discarica o viene disperso nell’ambiente. Tuttavia, come ha spiegato Beckham, le cose stanno cambiando grazie all’utilizzo di metodi di apprendimento automatico e biologia sintetica, che hanno introdotto nella letteratura scientifica l’utilizzo di enzimi decostruenti. Nel suo articolo su Nature Communications, Beckham e il suo team del NREL (National Renewable Energy Laboratory) insieme ai laboratori della Portsmouth e della Montana State University, hanno riportato i risultati del loro studio che applicano questi nuovi metodi per indagare le varianti enzimatiche. Grazie a questa innovazione, è possibile riciclare con maggiore efficacia il PET e ridurre notevolmente l’impatto ambientale che questo materiale ha sull’ambiente.

Liberare discariche e il mare dalla plastica

Il risultato di questa ricerca è estremamente incoraggiante, poiché gli enzimi sono in grado di rompere il PET (polietilene tereftalato) più resistente senza ricorrere a tecniche costose. Ciò rappresenta una vera e propria svolta, poiché per la prima volta il riciclaggio del PET potrebbe essere più conveniente rispetto alla produzione di nuovo PET dalla raffinazione del petrolio. Questo risultato è un grande passo avanti nell’ambito dell’economia circolare, poiché significherebbe un minor impatto ambientale e una maggiore efficienza energetica.

Nel 2005 si sono svolti i primi studi scientifici sull’utilizzo della tecnologia del riciclaggio enzimatico del PET, con l’obiettivo di ridurre gli effetti dannosi dell’inquinamento plastico. La tecnica ha fatto un passo in avanti significativo nel 2016, quando un gruppo di scienziati giapponesi ha scoperto, all’interno di un impianto di riciclaggio, un batterio che produceva autonomamente enzimi che degradavano le bottiglie di plastica. Questa scoperta ha aperto la strada allo sviluppo di metodi più efficienti per riciclare la plastica e ridurre così la quantità di materiale plastico che finisce nell’ambiente.

Tra il 2018 e il 2021, Beckham, McGeehan e altri scienziati hanno contribuito alla letteratura scientifica sugli enzimi, migliorandone l’efficacia fino a sei volte. Nel 2022, un articolo ha esaminato gli impatti globali del riciclaggio enzimatico del PET. I risultati ottenuti sono stati sorprendenti: un bioreattore è in grado di scomporre il 98% della plastica PET in soli 48 ore, producendo nuove bottiglie o altri materiali plastici riciclabili. Questo sistema di riciclaggio enzimatico può avere un impatto positivo sull’ambiente, riducendo i rifiuti e la quantità di materiale che finisce nell’oceano.

Il riciclaggio enzimatico è economico?

Le fasi di preelaborazione sono una parte importante del riciclaggio enzimatico della plastica PET. Quando queste fasi sono ridotte al minimo, il costo del riciclaggio è più competitivo rispetto alla creazione di resina PET a partire dal petrolio. Secondo l’esperta Beckham, ottimizzare queste fasi è essenziale per garantire la sostenibilità del processo, poiché riduce i costi e contribuisce alla riduzione dell’impatto ambientale.

Il gruppo di ricerca ha esaminato le possibilità di riciclaggio del PET, osservando una gamma di enzimi in grado di degradare sia il PET amorfo che quello cristallino. Essi risultano così efficaci che non hanno bisogno delle operazioni di preprocessing normalmente impiegate per ammorbidire la plastica. Un’indagine condotta nel 2021 ha evidenziato i vantaggi economici e ambientali derivanti dal riciclaggio enzimatico senza preelaborazione. I risultati hanno mostrato come una fabbrica che usasse questa tecnologia sarebbe in grado di ridurre del 45% la domanda di energia delle catene di approvvigionamento e del 38% le emissioni di gas a effetto serra, rispetto ad un impianto che prevede trattamenti preliminari sulla plastica PET. 

Bioinformatica: utilità negli studi

La bioinformatica è stata una grande innovazione nello studio dei processi di scomposizione del PET cristallino. Utilizzando algoritmi di apprendimento automatico è stato possibile fornire una vasta gamma di sequenze enzimatiche in grado di smontare il PET.

Questa scoperta ha permesso di comprendere meglio il modo in cui le molecole si scompongono e come questa reazione può essere controllata. Inoltre, la bioinformatica ha anche aiutato a sviluppare nuove tecniche per la rimozione e il riciclo del PET cristallino, contribuendo così alla riduzione dell’inquinamento ambientale. 

 

 

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