In meno di una settimana, nel 2023 ci sono stati aumenti di 18,3 centesimi per benzina e diesel e di 6,1 centesimi per il Gpl. L’allarme sul rincaro è stato dato, ma il governo Meloni non interverrà sul prezzo dei carburanti. Probabilmente si conterà sul fatto che le compagnie petrolifere assorbano subito le variazioni in diminuzione della materia prima. I rincari del nuovo anno dipendono dalla cancellazione del taglio delle accise. Il fatto è dimostrato dagli effetti economici su prezzi di benzina e diesel più o meno uguali agli aumenti alla pompa. Insomma, c’entrano le accise da pagare sul prezzo alla pompa per gli italiani.
Il governo Draghi ha potuto finanziare il taglio delle accise in gran parte grazie all’extra gettito proveniente dall’aumento del prezzo dei carburanti. Ora non si può più fare perché tale gettito extra è diventato incasso ordinario e non direzionabile a coprire gli sconti. Sul prezzo finale alla pompa influiscono i costi di estrazione, raffinazione, stoccaggio, trasporto e costo distribuzione finale. Sul costo finale in Italia vi incidono molto anche le accise e l’Iva. L’Italia resta nei primissimi posti in classifica per il peso fiscale a litro. Da ricordare, inoltre, che il guadagno dei gestori delle stazioni di rifornimento è di 3,5 centesimi lordi al litro. C’è da dire che Giorgia Meloni è passata dal richiedere l’abolizione delle accise sulla benzina all’aumento di circa 20 centesimi al litro. Un comportamento abbastanza volubile. Per adesso il prezzo di diesel e benzina è ancora inferiore di quasi 40 centesimi, ma il futuro preoccupa.