Con l’avanzare dell’età, le cellule tendono a invecchiare e, in alcuni casi, diventano cancerogene. In entrambi i casi, si verifica un progressivo deterioramento della struttura del nucleo cellulare, manifestandosi spesso con una dilatazione delle sue componenti. Ciò è caratteristico anche di alcune malattie legate al precoce decadimento del corpo, come avviene per la sindrome di Hutchinson-Gilford, quella di Werner e numerose altre. I sintomi di tali patologie includono maggiore fragilità delle ossa, problemi di memoria, perdita di massa muscolare e problemi metabolici.

La ricerca, pubblicata su Nature Aging, ha preso in esame i vermi Caenorhabditis elegans e i topi. I risultati hanno dimostrato che il nucleo svolge un ruolo chiave nell’invecchiamento delle cellule, in quanto regola il riciclo dei componenti cellulari danneggiati o difettosi. Se il nucleo funziona male, ciò può portare a invecchiamento precoce, malattie e tumori. Sorprendentemente, lo stesso meccanismo sembra essere essenziale anche per la fertilità. Ciò significa che le scoperte fatte in relazione all’invecchiamento delle cellule possono anche avere un impatto sulla fecondità. Questa scoperta potrebbe aprire nuove strade per trattamenti volti a migliorare anche la salute riproduttiva.

I ricercatori, guidati da Margarita-Elena Papandreou, hanno esaminato il verme C. elegans e il topo per determinare il meccanismo sottostante a questi processi. Hanno dunque scoperto che una proteina di ancoraggio per l’involucro del nucleo, presente in diverse versioni nei due organismi, svolge un ruolo importante. Questa proteina, che è anche contenuta nei sistemi umani, mantiene le strutture cellulari inalterate, protegge la fertilità delle cellule germinali e controlla la riparazione e lo smaltimento delle parti danneggiate. Inoltre, aiuta a preservare l’integrità cellulare per assicurare una generazione sana.