Meta sta affrontando un importante cambiamento, nel tentativo di spostare l’accento del suo business dai social e i servizi ad una nuova frontiera di prodotti. Non soltanto il metaverso, la scommessa a lungo termine di Zuckerberg, ma anche e soprattutto i prodotti hardware.
Meta sta lavorando da diverso tempo a degli occhiali per la realtà aumentata, mentre due anni fa ha presentato un paio di occhiali smart in collaborazione con Ray-Ban. Poi ci sono i visori VR della Oculus e, infine, sappiamo che l’azienda non ha rinunciato alle sue ambizioni di produrre uno smartwatch in grado di rubare terreno all’Apple Watch.
Meta vuole puntare molto di più sui prodotti tech, ma le sue ambizioni hanno incontrato un importante ostacolo: la Cina.
Fino a pochi anni fa non sarebbe stato un problema, ma ultimamente diverse grandi aziende tech statunitensi, tra cui la stessa Meta, hanno iniziato a prendere le distanze da Pechino, nel tentativo di ristrutturare le loro rispettive supply-chain riducendo la dipendenza dalla Cina.
La Cina ha manifestato posizioni sempre più aggressive nei confronti di Taiwan, una nazione formalmente non riconosciuta dai governi occidentali ma nei fatti alleata degli Stati Uniti e dei Paesi Nato. Un’aggressione militare di Taiwan ad opera della Cina aprirebbe nuovi scenari incerti con un effetto, se possibile, ancora più destabilizzante dell’invasione dell’Ucraina. I rapporti e le relazioni commerciali tra Cina e Stati Uniti stanno entrando in una fase di profonda tensione ed è opinione generale che oggi la Cina sia un partner troppo scomodo per poter continuare a farci affari come in passato.
I tentativi di Meta di spostare la sua supply chain fuori dalla Cina sono stati tutti infruttuosi
Meta pubblicamente ha iniziato ad attaccare la Cina, mettendo in guardia la politica dal suo ascendente sull’economia statunitense. Lo stesso Mark Zuckerberg ha pubblicamente dichiarato che la crescita economia della Cina poggia sul furto di tecnologia americana.
Come coniugare, dunque, queste forti posizioni contro la Cina con l’obiettivo di produrre volumi sempre più grandi di hardware tech? Secondo il Washington Post, Meta sperava di poter spostare il grosso della sua produzione dalla Cina a Taiwan e altre nazioni asiatiche. Tuttavia le premesse alla base di questo progetto si sono dimostrate fin da subito piuttosto ingenue.
Meta avrebbe ad esempio tentato di vendere i suoi futuri smartwatch come Made in Taiwan (e non in Cina), nel tentativo di evitare un’accusa di ipocrisia e ottenere tariffe doganali meno onerose. L’azienda non è comunque riuscita a trovare un numero sufficiente di fornitori per poter far risultare il device come prodotto e assemblato prevalentemente a Taiwan e quasi sicuramente quando uscirà risulterà come prodotto in Cina (come del resto tutti i visori della Oculus).
L’intera filiera dell’industria tech è ancora in Cina, che ha un vantaggio sul resto del mondo creato in diversi decenni. Le alternative scelte da colossi come Apple, tra cui l’India, sono ancora in una fase estremamente embrionale: ci vorranno moltissimi anni prima che gli altri Paesi – tra cui quelli del sudest asiatico – possano rubare fette di mercato consistenti alla Cina.
Qualche anno fa Meta aveva anche tentato di commercializzare gli occhiali realizzati assieme a Luxotica, i Ray-Ban Stories, come Made in Italy, ma anche in quell’occasione non era riuscita a trovare un modo per soddisfare i requisiti di legge per ottenere il marchio.
I tentativi di spostare la produzione dei visori della Oculus fuori dalla Cina si stanno dimostrando altrettanto infruttuosi. Meta, molto semplicemente, non sta riuscendo a trovare né fornitori di componenti né possibili siti di assemblaggio in grado di fornire una qualità del servizio e dei volumi di produzione paragonabili a quelli dei suoi attuali partner cinesi.
In un comunicato inviato al Washington Post, Meta ha confermato che attualmente i suoi prodotti vengono assemblati in Cina, aggiungendo che l’azienda è «continuamente alla ricerca di opportunità per diversificare la sua catena di approvvigionamento nel resto del mondo».
- Made-in-China labels become a problem for Meta’s anti-China stance (washingtonpost.com)