In due studi distinti, i ricercatori dimostrano come la biologia sintetica possa essere utilizzata per affrontare un problema difficile nell’immunoterapia del cancro: il modo in cui gli approcci immunoterapici incentrati sull’uccisione a breve termine delle cellule tumorali possono fallire nell’eradicazione dei tumori, perché la loro crescita avviene su tempi più lunghi. Nel nuovo studio, due gruppi di ricerca presentano strategie che permettono di controllare meglio i tempi dell’immunoterapia utilizzando circuiti genici sintetici che permettono di attivare le funzioni delle cellule antitumorali su richiesta, o solo quando le cellule CAR T (linfociti geneticamente modificati e utilizzati per la terapia dei tumori del sangue) sono in contatto diretto con le cellule tumorali. “Invece di essere limitati dall’immunologia ‘naturale’ (che utilizza leucociti, anticorpi e citochine), questi studi ampliano la portata delle risposte immunitarie suscitate dalle cellule CAR T contro i tessuti della malattia”, scrivono Emmanuel Salazar-Cavazos e Grégoire Altan-Bonnet in una pubblicazione correlata.Tra i trattamenti di immunoterapia del cancro, le terapie con recettori chimerici dell’antigene (CAR) prevedono l’ingegnerizzazione delle cellule T killer del cancro di un paziente per realizzare cellule CAR in grado di riconoscere molecole specifiche sulla superficie del tumore. Queste vengono poi iniettate nei pazienti per suscitare una risposta immunitaria contro le cellule tumorali. Tuttavia, le terapie con cellule T CAR sono tipicamente ottimizzate per ottenere risposte cellulari a breve termine (ad esempio, l’uccisione delle cellule tumorali) e potrebbero non raggiungere l’eradicazione sistemica del tumore a lungo termine. Per consentire un controllo preciso della funzione delle cellule CAR T nel tempo, Greg Allen e colleghi hanno sfruttato i recettori Notch sintetici, recentemente sviluppati, che sono serviti per progettare cellule CAR T potenziate con un secondo recettore. Il secondo recettore può: 1) riconoscere un antigene tumorale e 2) successivamente, indurre le cellule T a rilasciare la citochina interleuchina-2 (deputate a stimolare i globuli bianchi a riconoscere e a combattere alcuni tipi di cellule tumorali), ma solo quando le cellule CAR T sono in contatto diretto con le cellule neoplastiche.
Nelle sperimentazioni sui topi, l’approccio ha permesso l’infiltrazione delle CAR T in tumori del pancreas e del melanoma, con conseguente eradicazione sostanziale del tumore. Secondo gli autori, questi circuiti di somministrazione dell’Interleuchina-2 mirati al tumore offrono un modo potenziale per colpire i tumori localmente, riducendo al minimo i problemi di tossicità che l’interleuchina porta.
Nel loro studio, Hui-Shan Li e colleghi hanno sviluppato un kit di 11 fattori di trascrizione sintetici programmabili che possono essere attivati su richiesta con la somministrazione temporizzata di piccoli induttori molecolari approvati dalla Food and Drug Administration, l’ente governativo statunitense che si occupa della regolamentazione dei prodotti alimentari e farmaceutici. Utilizzando questi strumenti, gli autori hanno ingegnerizzato cellule immunitarie umane che attivano programmi cellulari specifici, come la proliferazione e l’attività antitumorale, su richiesta. Ciò consente di ottenere risposte terapeutiche graduali e controllate nel tempo. “La combinazione dei due progressi tecnologici presentati da Li et al. e Allen et al. consentirà una capacità senza precedenti di controllare con precisione lo stato delle popolazioni di cellule terapeutiche non solo al momento dell’iniezione”, scrivono Salazar-Cavazos e Altan-Bonnet, “ma anche mentre la risposta immunitaria si sta svolgendo all’interno del paziente”.