Cancro alla prostata, identificate cellule che possono contribuire alla resistenza ai trattamenti

Un mosaico di cellule colorate in base alla progressione del tumore alla prostata. Germanos et al. (CC BY 4.0)

I ricercatori hanno caratterizzato la dinamica delle cellule del cancro alla prostata con una risoluzione a livello di singola cellula per tutto l’arco temporale della malattia, dall’inizio fino al punto in cui il tumore non risponde più alla terapia di deprivazione ormonale. Il loro studio sui topi, pubblicato oggi su eLife, rivela un‘espansione di cellule intermedie che è correlata alla resistenza al trattamento e agli esiti clinici negativi nell’uomo. Queste cellule sono resistenti alla castrazione, cioè continuano a crescere in assenza di testosterone, e potrebbero spiegare come i tumori della prostata diventano resistenti ai trattamenti ormonali. L’epitelio della ghiandola prostatica – un tipo di tessuto corporeo che forma la superficie di ghiandole e organi – è tipicamente composto da due tipi di cellule epiteliali: le cellule basali e le cellule luminali altamente differenziate (cellule che hanno alterato la loro forma). Tuttavia, in precedenza è stato proposto un tipo intermedio di cellule luminali più simili a quelle staminali e resistenti alla castrazione.

“È stato ipotizzato che le normali cellule luminali siano in grado di trasformarsi in queste cellule progenitrici in condizioni di castrazione”, spiega l’autore principale Alexandre Germanos, dell l’Università di Washington (USA). “Ci sono prove che queste cellule contribuiscono allo sviluppo iniziale dei tumori nella prostata e alla resistenza al trattamento nei tumori avanzati”.

Per approfondire lo studio, Germanos e colleghi hanno utilizzato un modello di topi con cancro alla prostata per creare un “atlante della composizione ed evoluzione cellulare della prostata” nel corso della malattia. Un gene chiamato Pten, che codifica un enzima che sopprime il tumore, è inattivo nella maggior parte dei pazienti con cancro alla prostata avanzato. Il team ha utilizzato una tecnica chiamata sequenziamento dell’RNA a singola cellula per confrontare le popolazioni di cellule epiteliali e non epiteliali nei topi sani e in quelli privi di Pten. Nella prostata dei topi sani sono stati osservati più tipi di cellule epiteliali: basali, luminali e cellule progenitrici luminali. Nella prostata dei topi privi di Pten, hanno osservato un’espansione delle cellule luminali intermedie, probabilmente derivate da tre fonti cellulari: cellule basali, cellule progenitrici luminali e cellule luminali differenziate. Ciò suggerisce che le cellule basali possono trasformarsi in cellule intermedie in seguito alla delezione di Pten.

L’analisi ha anche rivelato che la prostata dei topi privi di Pten è altamente arricchita di cellule immunitarie che promuovono la produzione di tumori, creando un microambiente che aiuta i tumori a eludere la soppressione da parte del sistema immunitario. I macrofagi pro-tumorigenici, un tipo di cellula specializzata coinvolta nella distruzione di organismi nocivi, sono reclutati dalle cellule epiteliali e da un tipo di cellula che contribuisce alla formazione del tessuto connettivo, i fibroblasti. Ciò suggerisce che interrompere il reclutamento dei macrofagi associati al tumore potrebbe essere una valida strategia per superare la resistenza all’immunoterapia nel cancro alla prostata.

“Nel complesso, il nostro lavoro evidenzia molteplici tipi di cellule epiteliali e immunitarie che sono cruciali per l’iniziazione e la progressione del cancro alla prostata e fa luce sulle interazioni tra popolazioni cellulari specifiche che contribuiscono alla resistenza alla castrazione”, conclude l’autore senior Andrew Hsieh.

“Volevamo fornire una risorsa ampia e consultabile ai ricercatori sul cancro e incoraggiare ulteriori ricerche in quest’area. Abbiamo quindi sviluppato un sito web interattivo e pubblicamente accessibile che consente agli scienziati di eseguire interrogazioni specifiche per cellule e geni su tutte le 50.780 cellule analizzate nel nostro studio”.

 

 

 

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