Scoperta una fonte di luce nell’universo che ci dice di più sulla materia oscura

Quando la sonda New Horizons ha raggiunto l’oscurità esterna al Sistema solare, oltre Plutone, i suoi strumenti hanno rilevato qualcosa di strano. Molto, molto debolmente, lo spazio tra le stelle brillava di luce ottica. Questo non era inaspettato: questa luce è chiamata radiazione cosmica di fondo ottico (cosmic optical background, COB), una debole luminescenza di tutte le sorgenti luminose dell’Universo al di fuori della nostra galassia. La cosa strana è stata la quantità di luce, notevolmente superiore a quella che gli scienziati pensavano dovesse esserci: il doppio, in effetti.

Ora, in un nuovo lavoro, gli scienziati forniscono una possibile spiegazione per l’eccesso di luce ottica: un sottoprodotto di un’interazione altrimenti non rilevabile della materia oscura.

“I risultati di questo lavoro”, scrive il gruppo di ricercatori guidati dall’astrofisico José Luis Bernal della Johns Hopkins University, “forniscono una potenziale spiegazione per l’eccesso di radiazione cosmica di fondo ottico potrebbe rispondere a una delle più annose incognite della cosmologia: la natura della materia oscura“.

La materia oscura è il nome che diamo alla massa misteriosa nell’Universo, ancora imperscrutabile, che, diversamente dalla materia conosciuta, non emetterebbe radiazione elettromagnetica (propagazione dell’energia in un campo magnetico) e sarebbe attualmente rilevabile solo in modo indiretto, attraverso i suoi effetti gravitazionali. Le galassie, ad esempio, ruotano più velocemente di quanto dovrebbero sotto la gravità generata dalla massa di materia visibile. Ma qualunque cosa crei questo effetto, non possiamo rilevarlo direttamente. L’unico modo per sapere che c’è è proprio il fatto che non riusciamo a calcolare questa gravità extra. E ce n’è molta. Circa l‘80% della materia dell’Universo è materia oscura.

Una frazione di elettronvolt

Esistono alcune ipotesi su cosa potrebbe essere. Uno dei candidati è l’assione, che appartiene a un’ipotetica classe di particelle, concettualizzate negli anni ’70 per la prima volta. Come si è visto, anche gli assioni  in un determinato intervallo di massa dovrebbero comportarsi esattamente come ci aspettiamo che faccia la materia oscura. E potrebbe esserci un modo per rilevarli: in teoria, infatti, gli assioni dovrebbero decadere in coppie di fotoni in presenza di un forte campo magnetico. La difficoltà sta nel separarli da tutte le altre sorgenti di luce dell’Universo, ed è qui che entra in gioco la radiazione cosmica di fondo ottico.

La radiazione cosmica è di per sé molto difficile da rilevare perché è debole. Il Long Range Reconnaissance Imager (LORRI) a bordo di New Horizons è forse lo strumento migliore per questo lavoro. Gli scienziati hanno ipotizzato che l’eccesso di luce, rilevato da New Horizons, sia il prodotto attribuito a stelle e galassie che non riusciamo a vedere. E questa opzione è ancora molto probabile. Il lavoro di Bernal e del suo team è stato quello di valutare se la materia oscura di tipo assionico potesse essere responsabile della luce extra. Hanno condotto una modellazione matematica e determinato che gli assioni con masse comprese tra 8 e 20 elettronvolt potrebbero produrre il segnale osservato in determinate condizioni. Questo intervallo (tra 8 e 20 elettronvolt) è considerata una massa incredibilmente leggera per una particella che tende a essere misurata in megaelettronvolt. La risposta che si sono dati gli astrofisici è che l’ipotetico pezzo di materia rivelato è una frazione di un singolo elettronvolt.

È impossibile dire quale spiegazione sia corretta basandosi solo sui dati attuali. Tuttavia, restringendo le masse degli assioni che potrebbero essere responsabili dell’eccesso di luce, i ricercatori hanno gettato le basi per le future ricerche di queste particelle enigmatiche. “Se l’eccesso di luce deriva dal decadimento della materia oscura in una linea di fotoni, ci sarà un segnale significativo nelle prossime misure di mappatura dell’intensità della sorgente di luce”, scrivono i ricercatori.

 

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