Proposta nel 2005 da un pioniere della ricerca genetica, il premio Nobel Francis Crick, la teoria suggeriva che la coscienza risiedesse in un’area del cervello nota come claustro (dal Latino claustrum: “luogo chiuso” o “recinzione). Negli anni ’50, il ricercatore inglese che contribuì a decifrare la struttura elicoidale del DNA, scoperta che valse il premio Nobel per la medicina e che aprì un nuovo mondo di conoscenze scientifiche, notò che l’area del cervello nota come claustrum sembrava essere il punto centrale tra le diverse aree della mente umana e propose che quest’area fosse probabilmente il luogo in cui esisteva la coscienza umana. Da allora sono state avanzate diverse teorie concorrenti sulla coscienza, mentre quella di Crick è rimasta popolare tra molti neuroscienziati.
Nella speranza di misurare la veridicità della teoria del famoso ricercatore del DNA, servendosi delle più moderne tecnologie che Crick no aveva di certo a disposizione nel ’62, un team della Scuola di Medicina dell’Università del Maryland ha deciso di metterla alla prova in laboratorio, dimostrando che invece di ospitare la coscienza, il claustrum funziona più come un router internet, trasmettendo segnali complessi tra le regioni cerebrali e che la coscienza non risiede in un singolo punto dal cervello, ma pare occupare un’area molto più vasta del claustro.
Il claustrum codifica i segnali provenienti da altre aree
Per verificare questa teoria rispetto a quella di Crick, i ricercatori dell’Università del Maryland hanno innanzitutto “spento” il claustrum in un gruppo di topi di laboratorio. Come sperato, i topi non hanno perso conoscenza, ma hanno continuato a correre normalmente. Questo risultato da solo sembrava sfidare direttamente la teoria di Crick.
Successivamente, a questi stessi topi è stata affidata una serie di compiti semplici e complessi mentre il claustrum era ancora silenziato. Come teorizzato dai ricercatori dell’Università del Maryland, i topi sono stati in grado di completare i compiti più semplici, ma sono stati ostacolati da quelli complessi. Questo risultato sembra avvalorare la loro teoria secondo cui il claustrum funziona più come un modem e meno come la sede della coscienza, dando un altro colpo alla teoria di Crick.
Per determinare se questi stessi risultati si manifestassero anche nei soggetti umani, l’autore principale dello studio, Brian Mathur, Professore Associato di Farmacologia, ha collaborato con altri due ricercatori, David Seminowicz, Professore di Scienze Neurali e del Dolore presso la Scuola di Odontoiatria dell’UM, e Fred Barrett, Professore Associato di Psichiatria e Scienze Comportamentali presso la Johns Hopkins University School of Medicine. Insieme, i tre ricercatori hanno analizzato le scansioni cerebrali con risonanza magnetica funzionale di pazienti sani mentre completavano una serie di compiti semplici e complessi, proprio come i topi dello studio originale. Come avevano teorizzato, i ricercatori hanno visto il claustrum “accendersi” solo quando i soggetti umani svolgevano i compiti complessi e non durante l’esecuzione dei compiti semplici. Come nei test precedenti, sembrava che la teoria di Crick fosse sbagliata e che la nuova teoria sul ruolo del claustrum fosse più accurata.
“Il claustro, quindi, riceve comandi esecutivi da aree “principali” della corteccia cerebrale (quelle che formano pensieri complessi) per generare “reti” nella corteccia”, spiegano i ricercatori in un comunicato stampa. “Come un router, il claustrum smista i segnali delle altre aree della corteccia e coordina le reti neuronali reti affinché lavorino insieme per svolgere i diversi compiti cognitivi che svolgiamo momento per momento nella vita di tutti i giorni”.
Notizie importanti per chi soffre di Alzheimer, dipendenza e schizofrenia
Pubblicata sulla rivista Trends in Cognitive Sciences, la ricerca non solo getta nuova luce su una precedente teoria della coscienza umana, ma può offrire speranza a chi soffre di Alzheimer, schizofrenia e dipendenza. Questo soprattutto perché la disfunzione del claustro è stata dimostrata come componente di base di questi disturbi. “Capire come il cervello forma e coordina in modo flessibile queste reti – attraverso il claustro – è essenziale per trattare il declino cognitivo, che si verifica nelle dipendenze, nel morbo di Alzheimer e nella schizofrenia”, ha dichiarato Mark T. Gladwin, dell’Università del Maryland, a Baltimora. I ricercatori riconoscono che sono necessari ulteriori studi per esplorare queste potenziali strategie terapeutiche. Tuttavia, alla luce dei risultati ottenuti dal team di ricerca, sembra che la teoria neurobiologica della coscienza di Crick sia quasi caduta in prescrizione anche se è stata fondamentale per arrivare a queste nuove consapevolezze.