Lo smart working viene considerato una modalità di lavoro all’esterno di locali aziendali. Esiste però una forma di lavoro che si può svolgere al proprio domicilio per uno o più committenti. Di solito viene usata per periodici lavori di assemblaggio e confezionamento, per lavori non stagionali e che richiedono rifiniture da mani esperte.
È lavoratore a domicilio chiunque, con vincolo di subordinazione, esegue nel proprio domicilio o in locale di cui abbia disponibilità, anche con l’aiuto accessorio di membri della sua famiglia conviventi e a carico, ma con esclusione di manodopera salariata e di apprendisti, lavoro retribuito per conto di uno o più imprenditori, utilizzando materie prime o accessorie e attrezzature proprie o dello stesso imprenditore, anche se fornite per il tramite di terzi.
art. 1 della L. 877/1973
Il committente che ha bisogno di esternalizzare alcune attività può usare contratti di lavoro subordinato a domicilio. I lavoratori dovranno rispettare le direttive previste per eseguire una parte o l’intera lavorazione di un prodotto. Il lavoro a domicilio può non richiedere un alto livello di specializzazione e l’uso di macchinari o attrezzature specializzate. Le attività che riguardano l’uso di sostanze o materiali pericolosi per la sicurezza del lavoratore non possono essere oggetto di lavoro a domicilio.
Non è ammesso il ricorso al lavoro a domicilio entro un anno dal licenziamento o sospensione attuati da società interessate a ristrutturazione e riconversione. I committenti sono impossibilitati di avvalersi di mediatori o intermediari. Il lavoro non deve essere svolto in luoghi di pertinenza del committente, anche nel caso che per l’uso del locale il lavoratore corrispondesse un compenso.
Per i lavoratori a domicilio è prevista l’iscrizione ai Centri per l’impiego in un apposito registro con relativa comunicazione d’obbligo al Ministero del Lavoro. Previsto anche l’inserimento nel Libro Unico del Lavoro con tutte le informazioni richieste per la generalità dei dipendenti e i dati relativi al lavoro svolto. Ecco gli elementi da rispettare per far in modo che il lavoro a domicilio non venga disconosciuto:
- la ditta che esegue i lavori è iscritta all’Albo provinciale delle imprese artigiane
- emissione fattura per il lavoro svolto
- non prevista una data definita per la consegna del prodotto
- esecuzione del lavoro con macchinari propri
- sussiste il c.d. rischio di impresa e il risultato è l’oggetto della prestazione
Il compenso si basa su tariffe di cottimo pieno determinate da contratti collettivi di categoria, in caso di mancanza sono fissate da una Commissione regionale. Sono previste quindi maggiorazioni sulla retribuzione relative a mensilità aggiuntiva, ferie, festività e TFR, nonché per lavoro notturno o rimborso spese. I contributi a carico del committente e del lavoratore vengono calcolati sull’intero compenso corrisposto. I lavori a domicilio sono validi per la pensione e hanno diritto alle prestazioni previdenziali come i lavoratori subordinati.
L’indennità di malattia, se l’evento accade nel corso di una commessa, viene pagata dal committente. Se accade fra data di riconsegna e data di nuova consegna, sarà l’Inps a erogare direttamente l’importo. In caso di maternità, l’indennità viene corrisposta per l’80% di salario medio contrattuale giornaliero. Sempre però se all’inizio del congedo il lavoratore riconsegni al committente il lavoro affidato, anche se non terminato. Il congedo matrimoniale è a carico dell’Istituto previdenziale per i primi sette giorni.
Dal primo gennaio 2022 i lavoratori a domicilio possono usufruire dei trattamenti di integrazione salariale ordinaria, straordinaria o assegno FIS. Questo in caso di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa. In caso di disoccupazione, la Naspi non è riconosciuta per il periodo di inattività fra una commessa e l’altra rispetto allo stesso committente.
- Non solo smart working: come funziona il lavoro a domicilio (quifinanza.it)