In futuro, nel caso in cui la situazione non venga tenuta sotto controllo, si potrebbe andare incontro alla prima guerra mondiale per approvvigionarsi l’acqua. Questo tipo di conflitti sono già presenti in tutto il mondo, in alcune zone del Pianeta in cui ci sono scarse risorse idriche e le economie precipitano.
Secondo il rapporto “World Water Development Report 2019 – Leaving No One Behind” dell’Unesco, la situazione è diventata preoccupante poiché l’acqua provoca, ormai, più guerre del petrolio. Dal 2010 al 2018 sono nati 263 conflitti per l’acqua e India e Pakistan, due potenze nucleari, potrebbero essere i protagonisti di una futura corsa all’acqua.
Questo fenomeno è chiamato Water grabbing, in cui i governi o grandi enti privati prendono il controllo di enormi quantità di risorse idriche sottraendole alle comunità locali, fenomeno che ha portato nel tempo a far scoppiare diversi conflitti nel mondo e che stanno aumentando sempre di più di numero.
Uno studio pubblicato su Nature Sustainability da parte di un gruppo di ricercatori del Politecnico di Milano ha provato a dare delle risposte alla domanda su come prevenire questi conflitti. Ogni Paese ha una propria condizione socio-idrogeologica e cambia il loro approccio alle risorse idriche sulla base del valore socio-economico come forma di sostentamento per l’agricoltura e l’uso civile.
La ricerca usa metodi di analisi statistici e di modellazione idrologica a cui vengono aggiunte informazioni socio-ambientali, culturali e politiche. Per evitare che queste situazioni si verifichino di nuovo o, comunque, per diminuire il numero di questi eventi, c’è bisogno di creare misure di disponibilità idrica, considerando l’acqua come bene primario e non commerciale.
Secondo i ricercatori c’è bisogno di creare misure di disponibilità idrica che tengano conto dell’importanza dell’acqua per il sostentamento umano ed evitare le semplificazioni eccessive quando si considerano fattori ambientali in analisi sociali.