Sono decine di migliaia i bambini e gli adolescenti che sono costretti a migrare da Sud a Nord per farsi curare. Le cause sono disturbi mentali e neurologici, di nutrizione e metabolismo. La Riforma Sanitaria del 1978 e le successive modifiche non ce l’hanno ancora fatta a colmare la differenza di offerta assistenziale tra Sud e Centro-Nord. Di conseguenza è avvenuta la cronicizzazione della migrazione sanitaria interregionale.
La mobilità interregionale significa usufruire delle prestazioni oppure va a farsi curare in una regione diversa da quella di residenza. Un’alta emigrazione indica uno standard assistenziale insufficiente. Sta a significare che l’utente sceglie la struttura sanitaria più vicina, anche se fuori dalla regione di residenza. Un modo per avere prestazioni di complessità e specializzazione elevate erogate purtroppo da poche strutture qualificate.
Nel 2020 il totale dei ricoveri effettuati fuori regione è stato di 516.875. Il tasso di ospedalizzazione di 11,4 per 100 residenti e una mobilità nazionale passiva pari a 7,6%. Il totale dei ricoveri erogati prima del compimento della maggiore età è stato di 854.272, con tasso di ospedalizzazione pari a 9,1 per 100 residenti. L’indice di fuga è pari all’8,7% totale, ma interessa bambini e adolescenti residenti nelle regioni meridionali per 41mila ricoveri.
Un terzo dei bambini e degli adolescenti del Sud si reca in centri specialistici. Le maggiori destinazioni sono Roma, Genova, Firenze, per ricevere cure per disturbi mentali o neurologici, della nutrizione o del metabolismo. Un modo per limitare la migrazione sanitaria dei giovani pazienti e delle loro famiglie è il potenziamento della struttura e della qualità dei centri esistenti. Inoltre, servirebbero anche il rientro regionale di competenze migrate al Nord o all’estero e una maggior relazione/comunicazione tra operatori per percorsi di cura condivisi.
Curarsi al Sud si può, se l’organizzazione dei servizi orienta in modo corretto la domanda di salute costituendo una rete per una risposta appropriata. Purtroppo lo sbilanciamento a livello di distribuzione territoriale delle strutture costringerà ancora troppi minori e relative famiglie a migrare per curarsi.