Intanto è bene, fare chiarezza sul nome dell’animale: spesso ci si riferisce al polpo chiamandolo “polipo”. Sbagliato. In zoologia il termine corretto è polpo, i polipi sono invece animali acquatici (o una fase di vita di essi) appartenenti al phylum degli Cnidari, il gruppo delle meduse, per intenderci. A maggior ragione da non confondere i polpi con i polipi in medicina, che sono escrescenze anomale di tessuto, solitamente intestinali, uterini e via dicendo.

Premesso questo, può essere difficile credere che creature marine misteriose e totalmente diverse per struttura fisica e ambiente, condividano tratti funzionali con noi, ma è così. I ricercatori dello studio “Cell types and molecular architecture of the Octopus bimaculoides visual system” pubblicato sulla rivista Current Biology, hanno mappato minuziosamente il lobo ottico (porzione di tessuto cerebrale di alcuni invertebrati e vertebrati non mammiferi, che controlla gli organi della vista) del polpo, cellula per cellula, per capire come vedono questi animali.

I dati mostrano alcune notevoli somiglianze con l’uomo, oltre a importanti differenze. I polpi non assomigliano molto agli esseri umani ma i lobi ottici del loro cervello assomigliano parecchio ai nostri, secondo la nuova ricerca. Queste scoperte dimostrano quanto possano assomigliarsi animali molto diversi o parti dei loro corpi, attraverso il processo apparentemente casuale dell’evoluzione convergente. Per dare un’idea delle somiglianze descritte, gli esseri umani e i polpi provengono da lignaggi che si sono separati oltre 500 milioni di anni fa. Detto questo, la nostra vista e quella dei polpi si sono evolute per risolvere lo stesso problema in modi incredibilmente simili, nonostante i diversi ambienti, la struttura generale del corpo e lo stile di vita.

I cefalopodi dal corpo molle hanno il cervello più grande di qualsiasi altro invertebrato. Circa due terzi del volume della massa grigia è riservato all’elaborazione della visione. Ciò consente loro di avere una vista eccellente anche in condizioni di scarsa luminosità. I polpi usano persino la pelle per fornire dati ai loro lobi ottici: l’epidermide si compone delle stesse cellule pigmentate della retina. Queste cellule percepiscono l’ambiente circostante e aiutano l’animale a mimetizzarsi meglio. Il lavoro di ricerca è il primo a mappare in dettaglio il sistema visivo del polpo, attività non semplice visto che ha comportato l’analisi di oltre 26.000 cellule. I dati dello studio sono stati raccolti durante la dissezione di due giovani polpi californiani a due macchie (Octopus bimaculoides).

Sensibili come dei polpi

Gli scienziati hanno identificato quattro popolazioni principali di cellule nei cervelli sezionati, ciascuna delle quali produce e rilascia un segnale chimico sotto forma di: dopamina, acetilcolina, glutammina o una miscela di dopamina e glutammina. Come sappiamo, questi stessi neurotrasmettitori svolgono un ruolo importante anche nel cervello dei vertebrati.

È stato scoperto, inoltre, che esiste un raggruppamento di cellule (raggruppate a formare un anello) intorno al lobo ottico dei polpi che produce l’ octopamina. L’octopamina ha una struttura simile a quella della noradrenalina, ormone presente nel nostro corpo che viene rilasciato sia come ormone ma viene anche classificato come neurotrasmettitore. Ne avrete sentito parlare perchè  è conosciuto come ormone dello stress. Inoltre, insieme all’epinefrina, provoca la risposta attacco-fuga (The fight or flight response- reazione di attacco o fuga) e determina l’aumento del battito cardiaco, rilascio di energia sotto forma di glucosio e conseguente aumento del tono muscolare. Il sistema visivo del polpo è strutturato a strati, spiega il team. Anche il nostro è strutturato a strati, ma il sistema visivo dell’animale impiega un’architettura fondamentalmente diversa e una diversità di vari tipi di cellule. Sebbene i neuroni siano disposti in modo diverso e utilizzino neurotrasmettitori diversi dai nostri, è probabile che usino lo stesso modello di funzionamento dei neuroni del sistema visivo umano. Chi lo avrebbe mai pensato.