Precarietà: il 10% dei lavoratori è a rischio povertà

allarme precarietà

Dopo l’emergenza Covid-19 il mercato del lavoro è ancora nella precarietà. Sui contratti attivati nel 2021 sette su dieci sono a tempo determinato, il part time involontario coinvolge l’11,3% dei lavoratori. Poi solo il 35-40% dei lavoratori atipici passa nell’arco di tre anni a occupazioni stabili, mentre i lavoratori poveri sono il 10,8% del totale.

L’Italia è l’unico paese che ha un salario medio annuale diminuito negli ultimi 30 anni del -2,9%. Nello stesso periodo la produttività è cresciuta del 21,9%. Nell’ultimo decennio (2010-2020), in particolare, i salari sono diminuiti dell’8,3%. Inoltre nel nostro paese le politiche di sostenibilità sono state adottate appena dall’8,6% delle imprese.

Questi dati emergono dal “Rapporto Inapp 2022-Lavoro e formazione l’Italia di fronte alle sfide del futuro”. Il rapporto è stato presentato alla Camera dei Deputati da Sebastiano Fadda, presidente dell’INAPP (Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche pubbliche).

In Italia l’occupazione ha ripreso a crescere solo nel 2021 impiegando 18 mesi per tornare ai livelli di prima della crisi. Nel 2021 il 68,9% dei nuovi contratti sono a tempo determinato. Il lavoro atipico rappresenta l’83% delle nuove assunzioni con un aumento del 34% negli ultimi 12 anni. Il rapporto, in sintesi, rivela l’aumento dei contratti non standard che a seguito della prima crisi 2007-2008 è diventato strutturale dopo la ripresa post-covid. Da tutti questi periodi la “flessibilità buona” ha portato a un’occupazione stabile tra il 35% e il 40%. Poi a distanza di 3 anni, una parte ha proseguito a svolgere un lavoro precario, un’altra ha subito la perdita di lavoro. Poi un’altra ancora è diventata inattiva.

Nel 2021 il part-time involontario rappresenta l’11,3% del totale dei lavoratori. Poi c’è una fetta di lavoratori che pur essendo occupati sono a rischio di povertà. Nell’ultimo decennio il tasso di “lavoro povero” ha avuto un valore medio costante di 11,3% e una distanza rispetto all’Unione europea superiore mediamente del 2,1%.

Se il 40% dei lavoratori ha un reddito più basso, il 12% non è in grado di provvedere in modo indipendente a una spesa improvvisa. Poi il 20% riesce a far fronte a spese fino a 300 euro e il 28% a spese fino a 800 euro. Nel 2021 solo il 22,8% delle aziende italiane ha bisogno dell’adeguamento a conoscenze e competenze di specifiche figure professionali. Il 16,7% delle professioni tecniche hanno un fabbisogno professionale, dove sono stati avviati interventi mirati a competitività d’impresa.

 

 

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