Abilità e consapevolezza: non sempre coincidono

abilità e consapevolezza

Un gruppo di studiosi dell’Ateneo di Bologna ha cercato risposte alla domanda: come mai abilità e consapevolezze umane non sempre corrispondono? Gli studiosi hanno usato un metodo come la neurostimolazione non invasiva. Nel cervello ci sono due network neutrali distinti. Uno è associato all’acquisizione di competenze e uno responsabile della consapevolezza delle abilità personali.

La ricerca ha dimostrato che è possibile migliorare in modo artificiale le nostre capacità cognitive. Ciò attraverso la stimolazione ripetuta della zona cerebrale responsabile della percezione del movimento e quella dell’input visivo. Ecco che questo è servito a capire se la consapevolezza delle nostre capacità sia legato a quale dei due network cerebrali. Un esperimento ha dato la risposta coinvolgendo 51 persone. Sono partite da alcuni punti in movimento su uno schermo chiedendo ai partecipanti se i punti si muovessero con coerenza verso destra o sinistra. Inoltre, verificando anche la sicurezza sulla loro risposta.

Sono state eseguite dai partecipanti tre condizioni di neurostimolazione non invasiva. Nella prima condizione si è avuto il test del network cerebrale che coinvolge la zona del cervello. Quella responsabile della percezione del movimento e l’area che riceve il primo input visivo. Nella seconda è stato invece il coinvolgimento di un altro network che lega il primo input visivo con l’area parietale. La terza condizione invece è di controllo. Alla fine i risultati hanno svelato che il primo network è responsabile delle nostre capacità oggettive. Il secondo invece è legato alla consapevolezza soggettiva di queste nostre capacità. Pensavamo per esperienza che fosse meccanismi integrati e invece sono generati da circuiti diversi scambiandosi continue informazioni.

La consapevolezza delle capacità personali è vantaggiosa nell’interazione con il mondo esterno. Questa rappresentazione interna delle nostre capacità non è creata per essere fedele alla realtà, ma per ottimizzare l’adattamento di un individuo. Per esempio se i genitori ci dicono che cantiamo benissimo, noi finiamo magari per crederci senza avere pareri altrui veramente professionali.

 

 

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