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Le foglie secche per la salvaguardia degli ecosistemi

Un recente studio offre un metodo innovativo per usare collezioni vegetali antichissime come nuovo strumento di salvaguardia degli ecosistemi

Le foglie secche per la salvaguardia degli ecosistemi

Capire come le specie vegetali cambiano nel tempo aiuta a fornire indicazioni su come salvare gli ecosistemi in futuro, dichiara la professoressa di ecologia dell’Università del Minnesota, Jeannine Cavender-Bares, coautrice di un recente studio che offre un metodo innovativo per usare le collezioni degli erbari come nuovo strumento di salvaguardia degli ecosistemi, senza distruggere esemplari di piante conservati da anni.

Nel medioevo, gli erbari erano una particolare categoria di libri che raccoglievano brevi descrizioni delineanti le virtù delle piante sotto il profilo medico e officinale. Altre raccolte, simili per l’impostazione ma di diverso argomento, erano i lapidari (che raccoglievano le proprietà delle rocce e dei minerali) e i bestiari (che descrivevano gli animali, o lebestie).  Attualmente, il termine erbario indica sia una raccolta di piante essiccate (exiccata), sia una struttura museale dedicata alla raccolta completa e sistematica delle specie vegetali, opportunamente essiccate e ordinate in modo da poter essere conservate e consultate a scopo di ricerca. Tra gli erbari di tutto il mondo – che sono censiti nell’Index Herbariorum– si trovano quasi 400 milioni di esemplari di piante essiccate.

Queste collezioni rappresentano un documento fondamentale per conoscere le specie di piante esistenti sulla Terra e i luoghi in cui crescono. Ma tra le foglie, gli steli, i fiori e le radici secchi, si nascondono molte informazioni riguardo l’interazione delle piante con l’ambiente circostante quando queste erano ancora in vita. Conoscere e analizzare la struttura delle foglie, la composizione chimica e il contenuto d’acqua, aiuta i ricercatori a capire come le comunità vegetali si sono adattate ed evolute nel tempo, informazioni che offrono gli spunti per aiutare gli ecosistemi a prosperare in futuro. Tuttavia, l’unico modo per analizzare queste porzioni vegetali essiccate è quello di distruggere pezzi dei preziosi campioni che hanno decenni e, talvolta, secoli di età.

Le impronte digitali delle foglie

Ora, i ricercatori dell’Università di Montréal e dell’Università del Minnesota, hanno sviluppato una metodologia rapida e non distruttiva per stimare i cosiddetti “tratti funzionali” degli esemplari d’erbario. Come campioni dello studio sono stati utilizzati esemplari conservati presso l’erbario Marie-Victorin dell’UdeM, il quarto più grande del Canada. Nello studio pubblicato il 29 settembre, in Methods in Ecology and Evolution, il team descrive la tecnica chiamata spettroscopia di riflettanza, che misura la quantità di luce che un materiale riflette a diverse lunghezze d’onda per ottenere le “impronte digitali” spettroscopiche delle foglie, o altresì dette “spettri”. Il metodo (non distruttivo) testato, può informarci sulle passate condizioni ambientali a cui queste piante sono state esposte e può, quindi, fornire dei parametri di riferimento per valutare i cambiamenti ambientali, attuali e futuri.

Sono stati analizzati diversi tipi di campioni: gli spettri di foglie fresche, i campioni d’erbario e le foglie pressate. Con i dati risultanti, hanno sviluppato dei modelli che sono serviti per fare una stima dei tratti funzionali. In seguito, hanno valutato gli stessi modelli su nuovi campioni di piante per confrontarli. Gli esiti sono stati incoraggianti: gli spettri delle foglie fresche hanno fornito le migliori previsioni per i tratti relativi alla struttura della foglia e al contenuto d’acqua, gli spettri delle foglie d’erbario hanno funzionato meglio per lo studio dei tratti relativi alla chimica della foglia, il che ha permesso di ricevere informazioni precise sull’identità delle specie. Studiare questi tratti funzionali senza dover distruggere nessun “reperto storico”, non solo apre le porte all’utilizzo degli esemplari d’erbario di tutto il mondo per studiare l’evoluzione delle comunità vegetali (avendo così una quantità di dati numerosa), ma è un progresso entusiasmante in termini di integrazione di ecologia e filogenetica utilizzate, solitamente, per lo studio della conservazione degli ecosistemi.

La ricerca è consultabile qui

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