Eruzioni dei vulcani di Napoli: un modello statistico in grado di prevederle

Per quanto l’origine, i periodi di attività e la pericolosità delle loro eruzioni siano diversi, Vesuvio, isola di Ischia e Campi Flegrei si trovano tutti in prossimità della città di Napoli. Un modello statistico appena sviluppato dai ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv), dell’Università di Bari e del British Geological Survey di Edimburgo e pubblicato su Science Advances permette di stimare la pericolosità e le probabilità di eruzione dei tre vulcani.

I tre vulcani dell’area napoletana hanno origini e caratteristiche molto differenti. Il Vesuvio è uno stratovulcano, una delle tipologie più comuni, è uno dei due vulcani attivi del continente europeo ed è considerato estremamente pericoloso a causa della sua tendenza a emettere eruzioni esplosive e della densità abitativa delle zone circostanti.

L’Isola di Ischia è un edificio vulcanico che si solleva per oltre mille metri dal fondale oceanico originatosi dal processo di risorgenza vulcanica, ovvero quando il fondo di una caldera vulcanica viene sollevato a causa della spinta delle intrusioni di magma nella zona sottostante. Al contrario del Vesuvio, la cui ultima eruzione risale al 1944, l’Isola di Ischia non è particolarmente attivo e la sua ultima eruzione risale al 1302. I Campi Flegrei sono, invece, un antico supervulcano, formatosi in seguito ad almeno tre eruzioni. L’ultimo evento eruttivo si è verificato nel 1538.

Il nuovo modello di previsione dell’attività vulcanica è stato ottenuto dalli studio dei dati geologici e delle cronache storiche dei tre vulcani, considerando la frequenza delle eruzioni nei periodi di bassa attività e nei periodi di alta attività e il periodo temporale senza che si siano verificate eruzioni.

Nella maggior parte dei vulcani, per quanto diversi tra loro, esistono almeno due stati, da noi identificati come periodi di alta e di bassa attività, e con il nostro modello descriviamo quantitativamente l’alternanza tra questi due stati.

Studiando la storia eruttiva dei vulcani napoletani, che sono molto diversi tra loro, con il nostro modello abbiamo descritto in maniera omogenea le caratteristiche dei due differenti stati di attività per ciascuno di essi e la tempistica nella quale si registra nuovamente l’equilibrio del sistema vulcanico dopo una fase di alta attività eruttiva.

Queste analisi possono fornire dati importanti per comprendere a pieno le dinamiche che governano il verificarsi delle eruzioni, ma soprattutto permettono di stimare in modo omogeneo e confrontare tra loro la probabilità di eruzione dei diversi vulcani, e, di conseguenza, la loro pericolosità.

Roberto Sulpizio, dell’Università di Bari

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