Le famiglie sono tartassate da aumenti di prezzi e dall’inflazione che ora hanno raggiunto livelli record. Il carrello della spesa diventa sempre più caro, in special modo sugli alimenti freschi. Il primo esempio è il pane che costa 5 euro al chilo, ma anche la frutta diventa più costosa. Un frutto tra tutti è la banana.
Il prezzo al dettaglio è cresciuto in media del 20-30%. Un dato che rischia di mettere a repentaglio le imprese europee dedite a coltivazione e raccolta, ma anche sul trasporto. Le spese dei produttori al rialzo è considerato nel generale aumento dei prezzi delle materie prime causato dalla guerra in Ucraina. A influire sono i costi di imballaggio ed energetici. La banana è la più energivora e quindi necessita di tempo e modalità di trasporto adatti. L’energia invece è utile per maturazione e conservazione in celle frigorifere.
Un’idea per aiutare gli imprenditori a sostenere i costi di produzione potrebbe essere razionalizzare imballaggi e diminuire il preconfezionato. Il settore ha bisogno di una collaborazione stretta tra operatori di filiera per una giusta remunerazione dei suoi partecipanti in tutte le sue fasi. Gli operatori richiedono una riduzione del prezzo energia per un input verso la transizione ecologica per una conservazione con meno energia. Così da confermare gli aiuti per gli investimenti di Industria 4.0 e l’apertura per le aziende ortofrutticole ai fondi del parco agrisolare.
Le banane sono tra le più consumate dagli italiani perché sono pratiche nella loro sbucciabilità. In Italia se ne consumano oltre 600mila tonnellate all’anno, con una quantità pro-capite di oltre 10 chili. Le aziende agricole sono costrette in gran parte a chiudere, visti gli aumenti del banco ortofrutta di circa il 62% rispetto al 2021. Arrivano al 78% se si includono orticoltura e florivivaismo. Il grano è il più colpito dagli aumenti, sono intorno all’80% rispetto al 2021. Anche il latte ha incrementi del 60% annuo. Dopo vengono olio e olive (+54%) e vino (+41%).