L’United State Fish and Wildlife Service, l’agenzia del Dipartimento degli Interni degli Stati Uniti ha inserito il pinguino imperatore nelle specie a rischio estinzione. Il governo dovrà prendere delle misure urgenti per tutelare questi esemplari.

La notizia del rischio di estinzione è basata su uno studio internazionale. La ricerca fornisce nuovi dati che sottolineano che il rischio di estinzione di questi volatili sia aumentato a causa dello scioglimento dei ghiacci. Un fenomeno che mette a rischio l’habitat di cui i pinguini imperatore hanno bisogno. In particolare, sta mettendo in pericolo il ciclo di riproduzione del pinguino, che si ripete nell’inverno antartico annualmente. Se il mare si scioglie presto o congela troppo tardi, la specie non riesce a completare la sua riproduzione.

 

Gli scienziati hanno la responsabilità di rendere le persone consapevoli della necessità di un cambiamento attraverso prove oggettive. Per questo, con l’aiuto di un team dedicato, abbiamo messo insieme questo documento per l’USFWS.

biologa Stephanie Jenouvrier della Woods Hole Oceanographic Institution

 

 

Bisogna ridurre notevolmente il numero di emissioni di gas serra per avere sotto controllo la situazione. Il cambiamento climatico infatti è la minaccia numero uno per la dipendenza che il pinguino ha per il ghiaccio marino utile alla sua riproduzione. Il ghiaccio marino lo è anche per la muta e l’alimentazione.

Sono state prese decisioni per limitare l’aumento della temperatura sotto i due gradi. Ciò consentirebbe luoghi sicuri per il pinguino imperatore arrestando il suo approssimarsi al rischio di estinzione. Al momento la popolazione di questa specie sembra stabile con un numero che oscilla tra 625mila e 650mila uccelli. Il futuro però che si prospetta per questi volatili è crudele.

 

L’azione più importante è ridurre le emissioni di gas serra per limitare un ulteriore riscaldamento. La nostra grande speranza è che i Governi del mondo ascoltino la scienza e affrontino subito la situazione, prima che la “sola” minaccia diventi realtà.

Phil Trathan, capo del Conservation Biology al British Antarctic che lavora sui pinguini antartici da oltre 30 anni ed è coautore dello studio