Ponti viventi: in India l’opera ingegneristica naturale che si adatta al contesto urbano

Le sponde di fiumi e dirupi nell’India nord-orientale, sono collegate dalla presenza di veri e propri ponti formati da radici aeree dell’albero della gomma, anche conosciuto come Ficus elastica. Nei territori del Meghalaya, alcuni corsi d’acqua diventano molto difficili da attraversare a piedi nella stagione dei monsoni. Così gli indigeni Khasi e Jaintia hanno sfruttato le radici di questa pianta tropicale per formare lo scheletro di un ponte allo scopo di attraversare i fiumi.

La costruzione inizia con il posizionamento di una piccola pianta su ogni sponda del fiume o lungo i bordi di un dirupo. Quando spuntano le prime radici, queste vengono avvolte attorno a una struttura di bambù o steli di palma, orientandole verso la sponda opposta e, quando la raggiungono, vengono impiantate nel terreno così che la pianta possa sviluppare nuove radici aeree che si sostengano a vicenda.

Dopo anni questa struttura diventa stabile e in grado di resistere al carico. La realizzazione di questi ponti può richiedere decenni, ma, alla fine, sono in grado di sopravvivere per centinaia di anni. Questi sono anche in grado di resistere a pioggia e venti di una certa portata, oltre a non deteriorarsi come i ponti in acciaio.

Alcuni ricercatori hanno mappato oltre 70 di questi ponti per studiare il meccanismo con cui si sono formati e come si mantengono nel tempo. Lo scopo è quello di utilizzare queste strutture anche in contesti urbani, per abbassare le temperature nei periodi più caldi e per rendere più verdi e ombreggiate le città.

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