Il ghiaccio marino ha una risposta molto rapida ai cambiamenti climatici: questo è quanto dimostrato da uno studio sull’evoluzione della copertura di ghiaccio marino della regione sub-polare situata tra il Mare del Labrador e la Baia di Baffin. Il processo è stato ricostruito ad alta risoluzione temporale esaminando le oscillazioni repentine del clima avvenute tra 36 mila e 44 mila anni fa.
Lo studio, condotto dall’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima (Isac) e dall’Istituto di scienze polari (Isp) del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR), in collaborazione con l’Università Ca’ Foscari Venezia, l’Università di Padova e diversi istituti internazionali (Awi, Cic, Csic, Psi), è stato pubblicato sulla rivista dell’Accademia americana delle scienze (Pnas).
Il lavoro combina due record di ghiaccio marino: il primo ottenuto tramite l’analisi dei sali marini (bromo e sodio) presenti in una carota glaciale estratta in Groenlandia nord-occidentale; il secondo basato sull’associazione di bio-marcatori presenti in una carota di sedimento marino prelevata nel Mare di Labrador.
I risultati mostrano come, fra le regioni sub-polari della Baia di Baffin e del Mare di Labrador, il tempo di reazione del ghiaccio marino, in seguito a un brusco aumento delle temperature in Groenlandia, sia quasi sincrono, istantaneo o avvenga nel giro di una decade, passando da una spessa copertura pluriennale persistente a condizioni di mare aperto e ghiaccio stagionale.
Federico Scoto del Cnr-Isac
Il ghiaccio marino si forma in inverno nelle regioni polari e rappresenta una variabile climatica fondamentale. Lo spessore può variare da poche decine di centimetri fino a 5 metri, in base all’età del ghiaccio.
I cicli climatici noti come eventi Dansgaard-Oeschger sono caratterizzati da un aumento fino a 15 gradi delle temperature atmosferiche in Groenlandia in poche decine di anni, seguito da un progressivo raffreddamento che può durare fino a 1-2 mila anni.
Negli ultimi decenni, a causa del riscaldamento antropico, in Artico si sono osservate una riduzione dell’estensione del ghiaccio marino del 13% ogni dieci anni, rispetto al periodo 1981-2010, e una perdita di volume di oltre il 60% rispetto al 1982, dovuta in gran parte alla progressiva scomparsa del ghiaccio pluriennale. Con questo ritmo, in base agli scenari climatici futuri, l’Oceano Artico sarà privo di ghiaccio in estate già dal 2050.
Carlo Barbante, direttore del Cnr-Isp, co-autore dello studio