Il 2030 è l’anno in cui dovrebbero essere raggiunti i 17 obiettivi per lo sviluppo sostenibile in ambito ambientale, economico, istituzionale e sociale. Il 2045, invece, sembra concedere meno sconti, almeno sulla base di quanto sostenuto dalla Verisk Maplecroft, società inglese di consulenza strategica e di rischio globale, che allerta sulla possibilità che entro quell’anno il 70% della produzione agricola mondiale possa essere minacciata dai cambiamenti climatici.
L’analisi è stata condotta misurando 51 rischi diversi in 80 settori per 198 paesi. Da questa emerge che l’agricoltura è il settore più a rischio a causa dell’aumento delle temperature e dell’umidità che, non solo ostacolano le colture, ma mette a rischio anche la salute dei lavoratori.
I principali rischi riguardano le principali economie, ovvero Brasile, India, Cina e Stati Uniti. In questi ultimi due, a causa della loro estensione territoriale, lo stress termico avrà un impatto diverso da regione a regione ma che avrà ripercussioni ovunque. Anche molti Paesi africani risentiranno di questo fenomeno: Ghana, Togo e Repubblica Centrafricana in primis.
L’Italia, uno dei principali paesi produttori di pomodori, molti dei quali devono essere coltivati all’aperto, passerà dal 143° posto attuale con un rischio medio all’82° con un rischio alto. Secondo uno studio pubblicato su Nature entro il 2050 si verificherà, rispetto al periodo 1980-2009, una diminuzione del 6% della produzione di pomodori da industria a causa dell’aumento delle temperature e delle risorse idriche scarse.