I conducenti neozelandesi del servizio di NCC Uber hanno ottenuto una storica vittoria. Un tribunale ha deciso che dovranno essere assunti come lavoratori dipendenti, nell’ennesimo duro colpo alla cosiddetta gig economy. La sentenza ha effetto immediato nei confronti dei quattro driver che avevano citato in giudizio Uber, ma lo stesso tribunale ammette che la portata della sentenza potrebbe essere più vasta.

Dai rider agli automobilisti. I giudici di tutto il mondo sono sempre più d’accordo nel ribadire che “l’economia dei lavoretti non esiste”. Chi opera in questi settori – talvolta beneficiando di grandi opportunità, ma troppo spesso soffrendo una grave condizione di precariato – deve essere considerato un lavoratore dipendente.

In Italia era successa una cosa molto simile con JustEat: la società è stata costretta ad assumere con contratto part-time molti dei suoi rider.

I quattro conducenti di Uber dovranno ottenere i benefit e i diritti – ferie e malattie su tutti – associati ai contratti di lavoro dipendente. Ma non è tutto oro quello che lucida. Tornando al caso italiano dei rider di Just Eat, sono molti i neoassunti che rimpiangono la flessibilità (e talvolta i guadagni migliori) della vecchia tipologia di collaborazione.

Il tribunale neozelandese si è limitato a constatare di non avere la giurisdizione per poter intervenire su tutti i contratti di lavoro dei driver di Uber. Pertanto per il momento l’obbligo di assunzione scatta esclusivamente per i quattro lavoratori che avevano portato in aula il colosso americano. Viene da sé che gli altri driver sono liberi di seguire l’esempio dei loro colleghi, passando a loro volta per le aule del tribunale.

La sentenza è stata applaudita dalle sigle sindacali First e E tū: “è una sentenza che farà storia, anche a livello internazionale”, commentano. “Finalmente i conducenti di Uber hanno ottenuto giustizia”.

Ma la partita non è ancora finita. Un portavoce di Uber ha manifestato lo scontento dell’azienda per la sentenza, annunciando che verrà presto presentato un ricorso.

Nel Regno Unito la corte suprema aveva sancito che i conducenti di Uber dovessero essere considerati dipendenti e non collaboratori autonomi. Nel 2021 le autorità italiane avevano sanzionato UberEats, Glovo, Just Eat e Deliveroo con una multa complessiva di 733 milioni di euro: avevano illecitamente inquadrato oltre 60.000 rider come collaboratori autonomi, ma il loro contratto mascherava un rapporto di lavoro dipendente.