Fall, la recensione del film adrenalinico da vedere al cinema: ecco perché

Fall

Allora, ogni tanto capita che escano dei film “minori” (fatemi passare l’espressione altrimenti comincia un dibattito che non finisce più) fortemente di genere, il che vuol dire dediti, quasi pedissequamente, al rispetto di schemi e ai meccanismi di un genere specifico, e che hanno la sola ambizione di riproporlo secondo una veste personale. Dritti, diretti, di solito molto poco commercializzati, con budget piuttosto esigui e con attori semi sconosciuti. Magari c’è un nome importante, ma solo nella misura in cui serve ad attirare audience. La cosa fondamentale è che non abbia un ruolo rivelante, di regola meno si vede e meglio è. Nel titolo di cui stiamo per parlare l’identikit è quello assegnato a Jeffrey Dean Morgan, mentre le due protagoniste sono due interpreti molto meno famose, come Grace Caroline Currey e Virginia Gardner. Ecco, chi scrive questo articolo adora questo tipo di film.

Nella recensione di Fall vi parliamo della pellicola diretta e scritta (co-scritta in realtà) da Scott Mann che rientra proprio nel tipologia sopracitata, con il merito in più di essere diventata popolarissima in America e aver spopolato su un certo social. Uno dei motivi (magari) per cui alla fine arriverà da noi, grazie (molte) a BiM Distribuzione, il 27 ottobre 2022.

Un survival horror classicismo, che fa tutto benissimo e nel minor tempo possibile per costruire quella componente tensiva necessaria per lasciare spazio a ciò che gli interessa di più: giocare con la paura di cadere.

Cadere letteralmente. Non cadere in disgrazia, cadere in depressione o cadere in errore. Proprio cadere, da 18000 piedi, anzi 20000, cadere dalla quarta struttura più alta degli Stati Uniti, in mezzo al nulla, cadere. Kaboom.

https://www.youtube.com/watch?v=aa5MXOMN1lM

Certo, qualcosa di metaforico deve essere presente per rafforzare il senso drammaturgico e contestualizzare al meglio, ma visto che il film è intelligente riesce a non cadere nella tentazione di puntare su questo, rendendo tutta la storia un accessorio a ciò che gli interessa sul serio. Tant’è che ha anche la freddezza di giocare con un ribaltamento visivo del concetto: a volte è più facile scalare una montagna che scendere, oppure, arrivare alla vetta può essere una figura terrorizzante, invece che liberatoria, basta modificare due o tre cose.

Le altre discussioni potevano effettivamente non esserci, ma possiamo perdonargliele, giusto perché non infastidiscono granché.

 

Il modo più stupido per risolvere i propri problemi

Becky (Currey) è felicemente sposata con Dan (Mason Gooding) e uno dei loro hobby preferiti è il climbing, ma non quello in palestra, bensì la sua forma più estrema e pericolosa, cioè quella sulle pareti rocciose delle montagne più alte che uomo abbia mai conosciuto. Più è pericoloso meglio è, ecco. Di solito usano divertirsi in tale attività con la loro migliore amica, Hunter (Gardner), una biondina tutto pepe piuttosto spericolata nonché nota influencer Instagram che al grido di “vivete al massimo perché la vita è breve” si diverte a fare vlog delle sue imprese più estreme.

Un motto originale, no?

Fall

Facciamo la loro conoscenza mentre sono intenti a scalare una montagna, ma stavolta finisce male, molto, molto male. Talmente male che Becky cade (appunto) in una spirale di depressione ed alcool, facendo preoccupare molto un padre (Dean Morgan) con cui ha un rapporto burrascoso e la sua amica di prima, sempre lei, che per farle superare la paura di riprendere in mano la sua vita decide di proporle di scalare qualcos’altro.

Ovvero una torre televisiva altissima in mezzo al deserto.

D’altronde cosa può andare storto? Una avrà il suo vlog, mentre l’altra riscoprirà la sua forza d’animo.

Ed infatti va tutto esattamente secondo i piani fino all’arrivo sulla cima, dove le due si ritroveranno intrappolate a causa di un cedimento della struttura, separate dal resto del mondo, senza campo per chiamare chicchessia e senza viveri. Preda di fantasmi che le legano in modi che ancora devono essere del tutto palesati dovranno trovare dentro di loro la forza per scendere, tutte intere.

Intrappolate al top

Mann costruisce le premesse tensive e i suoi personaggi in 20 minuti netti e riesce a trovare anche il modo per rendere logica una delle scelte più discutibili possibili per risolvere i propri problemi, riuscendo a rispettare i dettami del genere scelto, ivi compresa la presenza di ragazze in outfit provocanti.

Dare tutte le informazioni allo spettatore in modo corretto e coerente per renderlo libero di godersi lo show.

Virginia Gardner

In questo caso lo show altro non è che una pellicola completamente dedita a giocare con il più classico degli impianti survival horror nordamericani camera e cucina, questa volta incentrata sulle altezze, riuscendo ad un certo punto anche ad infilarci una sequenza (molto ben fatta anche questa) da ghost story.

Il regista è bravissimo a narrare la disperazione che monta nelle due protagoniste man mano che passano le ore imprigionate sulla torre, avendo grande cura della coerenza e della credibilità di tutte le trovate che escogitano per uscire da quella situazione e tornare a terra (è poco credibile solo che uno smartphone abbia una carica della batteria così longeva).

A livello registico il film è molto suggestivo e sfrutta molto bene il senso di vertigine e la pericolosità delle altezze.

Anche il ritmo tensivo è ottimo, costruito su un crescendo misurato in cui tutti i fili vengono pian piano al pettine in modo da tenere sempre in allerta lo spettatore su cosa gli viene mostrato, perché potrebbe essere utile in futuro. Anche la scelta del triangolo che coinvolge le ragazze è utile a questo aspetto, perché è dichiarato nel momento giusto, così da non distrarre, ma anzi rafforzare il senso di disagio. Ottimo per pellicole del genere.

La resa visiva è un mix tra l’uso del green screen (che è l’unica cosa che potrebbe tradire effettivamente il film, dato che la resa non è sempre perfetta) e la scelta di girare sul serio ad alta quota. Un aspetto non banale visto che un film del genere con i mezzi attuali può essere girare tutto dentro uno studio (esagero, ma è per rendere l’idea). Fall dopo tutto è un divertimento, per lo spettatore, ma anche per Scott, e dunque è corretto che l’unica cosa che prenda realmente sul serio sia la sua resa. Tutto il resto è di contorno, compresa la trama nella sua interezza. Troppo estremo? Mi spiego meglio: la storia ruota attorno al concetto di superare un blocco per un pericolo reale grazie al superamento di uno psicologico. Semplice, diretto, ma vuoi mettere se il pericolo reale è rimanere imprigionati in cima ad una torre? È ovvio che la cosa più interessante diventi quella!

Fall arriva nelle sale italiane il 27 ottobre 2022 con BiM Distribuzione.

70
Fall
Recensione di Jacopo Fioretti Raponi

Fall è uno carinissimo survival horror a tema altezza scritto e diretto Scott Mann, con protagoniste Grace Caroline Currey e Virginia Gardner e con la partecipazione di Jeffrey Dean Morgan. Una pellicola divertente, coerente, diretta e rispettosa del genere di appartenenza, semplice e chiara nelle sue ambizioni e nei suoi scopi. Tutto è costruito per concentrarsi sull'aspetto orrorifico originale ideato dal regista, ma allo stesso tempo la costruzione drammaturgica è molto credibile e la metafora scelta è altrettanto ben resa. Peccato per il green screen che ogni tanto tradisce delle encomiabili scelte registiche.

ME GUSTA
  • La coerenza in relazione al genere scelto.
  • La costruzione tensiva, il rimo del film, la scrittura dei personaggi, la pulizia nel contestualizzare il cuore pulsante della pellicola.
  • La resa visiva della pericolosità delle altezze.
  • La costruzione della trama in funzione allo scopo della pellicola.
  • La metafora è originale nella forma e assolutamente ben resa.
FAIL
  • Tutti i discorsi riguardo i social erano evitabili.
  • La fotografia ogni tanto tradisce un qualcosa di artificioso.
  • Il finale non ha il climax necessario.
  • Il green screen a volte non è all'altezza del compito.
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