Il telescopio spaziale Ixpe, lanciato poco più di 10 mesi fa dalla Nasa e dall’Agenzia Spaziale Italiana (Asi) ha già portato i primi risultati: ha permesso di misurare e mappare per la prima volta la polarizzazione dei raggi X emessi da Cassiopea A, i resti di una stella esplosa circa 11’000 anni fa.
I risultati della ricerca, pubblicati sulla rivista The Astrophysical Journal e che vede Jacco Vink dell’Università di Amsterdam come primo autore dello studio, permetteranno di studiare il ruolo dei campi magnetici nella produzione di radiazione ad alta energia nei resti di Supernovae.
Allo studio hanno partecipato anche Asi, Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf), Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn) e delle Università di Pisa, Firenze, Torino, Roma Tre, Roma Tor Vergata e Padova. Lo scopo è quello di studiare l’universo attraverso la polarizzazione dei raggi X, ovvero come questi oscillano lungo un piano preciso durante la propagazione.
Il telescopio ha osservato per oltre un mese Cassiopea A per comprendere l’origine dei raggi X emessi dai vari filamenti della nebulosa attraverso gli urti del materiale espulso con il gas e le polveri che circondavano la stella progenitrice. Secondo le osservazioni i campi magnetici associati a questi raggi X mantengono, tendenzialmente, una disposizione radiale.
Questo studio incarna tutto ciò che Ixpe porta di nuovo all’astrofisica. Non solo per la prima volta otteniamo informazioni sulla polarizzazione dei raggi X, ma queste informazioni sono spazialmente risolte: conosciamo cioè come queste cambiano in varie regioni della supernova.
Ciò è reso possibile dalla combinazione tra le ottiche dei telescopi realizzate negli Stati Uniti e i rivelatori sensibili alla polarizzazione realizzati in Italia. Essendo stato il primo obiettivo della campagna osservativa di Ixpe, Cas A ha rappresentato il ‘banco di prova’ per tutte le tecniche e strumenti di analisi dati che il team ha sviluppato negli ultimi anni, e tutti gli occhi della collaborazione sono stati puntati su di noi.
Possiamo dire adesso di aver avuto successo. I dai raccolti da Ixpe in otto mesi dimostrano che nei sette anni precedenti i team hanno lavorato bene.
Riccardo Ferrazzoli, coautore dello studio e ricercatore presso l’Inaf a Roma