Marcel The Shell, la recensione: la giusta prospettiva

Marcel the Shell with Shoes On

Cominciamo la recensione di Marcel The Shell, il film di apertura di Alice nella Città 2022, rassegna parallela la 17esima Festa del Cinema di Roma, tornando leggermente indietro nel tempo, diciamo al 2010, quando su YouTube fece la sua comparsa un video di circa 3 minuti caricato sul canale di Dean Fleischer-Camp.

Si trattava di un filmato piuttosto curioso che di fatto era una sorta di pillola di un’intervista all’apparenza più ampia con protagonista una conchiglia parlante con le scarpe alta come un pollice, la quale esprimeva, con la voce di Jenny Slate, la sua personalissima visione su di sé e sul mondo (qui il video).

All’epoca la coppia di autori era anche una coppia nella vita privata e fece del suo “Marcello” un fenomeno del web. Pensate che in soli tre video la creaturina ha superato, alla data attuale, le 45 milioni di visualizzazioni. Uno dei segreti del successo di questi filmati fu la decisione di fondere il linguaggio mockumentary con la tecnica in slow motion adoperata per animare nella maniera più credibile possibile il minuscolo protagonista mentre si muove all’interno di un ambiente totalmente reale.

Chiave per un connubio irresistibile nato dal fascino particolarissimo di Macel e dalla sua capacità di parlare di temi esistenziali riportandoli in una prospettiva che si perde facilmente una volta cresciuti.

Non è un caso che niente meno che la A24 si sia interessata alla produzione del progetto, che è anche il debutto alla regia di un lungometraggio per Fleischer-Camp (e probabilmente anche come attore) e un ritorno alle origini fondamentali per la Slate, che dal doppiaggio di Marcel è passata presto ad altri per nomi importantissimi, tra cui, possiamo banalmente citare Disney, Pixar e Netflix. Alla scrittura hanno partecipato anche Nick Paley ed Elisabeth Holm.

Nella trasposizione sul grande schermo la conchiglia porta con sé il suo apparato magnetico, riuscendo a raccontare una storia che molto ha a che fare con i suoi due reali genitori, concentrandosi su ciò che riguarda la costellazione emotiva che germoglia intorno ad un evento traumatico come quello della separazione.

Buongiorno, buongiorno, io sono Marcello

Dopo innumerevoli discussioni, rumorose e piuttosto violente, le strade di Mark (Thomas Mann) e di Larissa (Rosa Salazar) si separano, portando così entrambi ad abbandonare la casa in cui vivevano insieme. La loro decisione non determina però solamente l’abbandono dell’abitazione, ma anche la disgregazione forzata di un’altra famiglia, quella di Marcel, che rimane da solo insieme alla nonna, Nana Connie (eccezionalmente doppiata da Isabella Rossellini), mentre il resto dei suoi legami viene costretto ad allontanarsi da lui.

Fortunatamente la vita va avanti in ogni caso, provando ancora una volta la veridicità dell’adagio secondo cui la Natura odia il vuoto.

La casa diventa una di quelle villette riadattate per uso B&B e i suoi due unici coinquilini fissi riescono ad organizzarsi da soli, cercando di tenere sempre in mente come ci sia una sostanziale differenza tra sopravvivere e riuscire, un minimo per carità, a godersi la vita. Una volta stabilito un sistema quotidiano funzionale al loro sostentamento vengono raggiunti da un ospite diverso rispetto a tutti gli altri, tale Dean (interpretato da Dean, guarda un po’), che si interessa al curioso duo tanto da decidere di realizzare un documentario sulla vita di Marcel.

Marcel e Nan

Da qui parte una cronistoria, ricostruita con una sana dose di fiction, di quella che è stata la vicenda reale che ha portato alle fortune della conchiglia con le scarpe, dalla sua prima apparizione su YouTube (nel film sono presenti anche i frammenti reali tratti dai video caricati) fino alla sua ascesa nel cuore delle community (che però community non è mai, più audience che community diciamo) di tutto il web.

Il racconto della storia di Marcel si intreccia con quella di Dean, fino a trascinare anch’essa, gioco forza, nella costruzione del film.

Lo scopo diventa così quello di cercare di ricucire lo strappo causato dal famoso litigio avvenuto anni prima dalla coppia che abitava la casa e sfruttare la ormai più che raggiunta notorietà del minuscolo mollusco per trovare la sua famiglia, anche attraverso quella stessa trasmissione televisiva che ha amato per così tanto tempo.

I termini di una separazione

L’idea alla base del lungometraggio è quella della manipolazione del film sull’infanzia sfruttando la più classica delle trovate (ovvero il personaggio di fantasia) e tentando di andare oltre il semplice racconto con la morale scritto con un linguaggio per ragazzi per trovare una formula più universale e matura, in grado di sfruttare a pieno anche la forma del mockumentary, così da non perdere il fascino della tecnica di animazione.

Come da copione richiede, dunque, la struttura scelta è di quelle talmente usate da essere riconoscibile senza dover farsi notare, in modo che intorno ad essa si intreccino tutti i filmi emotivi delle storia del protagonista.

Dean Fleischer-Camp

La separazione è un cambiamento tanto traumatico quanto necessario per il proseguo della propria crescita, a patto che si accetti che essa può portare a qualcosa di buono per noi e per gli altri. Il modo migliore per farlo è accogliere l’idea di potersi sentire parte di una comunità, ovvero riconoscere se stessi negli occhi di chi ti è accanto. Un meccanismo classico che il film prova ad innescare mettendo in gioco la separazione stessa avvenuta tra i suoi due autori, tant’è che entrambi sono presenti, in qualche modo, sia davanti che dietro la camera. Questo regala un’ulteriore veridicità alla pellicola.

Una cosa che non guasta mai quando si balla sulla linea sottile dell’emotività.

Marcel The Shell diventa così un delizioso film a tecnica mista, visivamente accattivante, che riesce a parlare di come le cose ritenute più semplici e scontate siano invece quelle più importanti, riuscendo a sfuggire alla banalità grazie alla saggezza dei bambini, che usano parlare dalla prospettiva di chi scopre il modo per la prima volta, nonostante siano sempre sorprendentemente consapevoli. Un film per riflettere sui diversi modi guardare alla realtà e sulle difficoltà di dover crescere e trovare un posto nel mondo, che si illumina quando parla di elaborazione del lutto e di cosa vuol dire andare incontro all’ignoto, salvo poi perdersi un po’ nel momento in cui accetta la piega retorica che a volte questi argomenti attraggono. Il finale per esempio. Fortuna che Dean e Jenny hanno sempre un asso nella manica.

75
Marcel The Shell
Recensione di Jacopo Fioretti Raponi

Marcel The Shell è il mockumentary in stop motion prodotto dalla A24 tratto dai video omonimi divenuto famosi su YouTube incentrati sul personaggio creato da Dean Fleischer-Camp, qui al suo debutto alla regia di un lungometraggio, e Jenny Slate, che torna a prestare la sua voce al personaggio. Si tratta di un delizioso film di fantasia a tecnica mista che gioca sull'idea classica di un personaggio che riesce a parlare al mondo dell'infanzia che qui si occupa però di tematiche universali per coinvolgere la crescita anche nell'età adulta, potenziate dal gioco che si può fare con il documentario, in cui chi riprende e chi viene ripreso finiscono per interagire. La pellicola vive sul pericoloso filo sottile dell'emotività in cui facilmente si può scadere nella retorica, un rischio che ogni tanto si propone molto forte, ma che alla fine non sovrasta mai il tono della pellicola.

ME GUSTA
  • La splendida realizzazione dello stop motion e, in generale, la resa visiva, appagante e peculiare.
  • La trasposizione del tono del personaggio, fedelissimo alle sue origini.
  • Il doppiaggio è ottimo.
  • Il gioco che si fa il linguaggio documentaristico e la capacità di adoperare un personaggio appartenente al mondo dell'infanzia per parlare di tematiche universali.
FAIL
  • Ogni tanto il mockumentary tradisce se stesso, specialmente quando si decide per concedersi dei flashback.
  • Qualche puntina di retorica sparsa qua e là.
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